La civiltà del desiderio

/ 20.01.2020
di Franco Zambelloni

Tutti gli animali hanno bisogni; noi uomini, in più, abbiamo i desiderî. I bisogni primari sono radicati nella natura biologica: respirare, cibarsi, riprodursi e difendersi sono necessità che condividiamo con gli animali. Ma Maslow – che ha teorizzato una scala gerarchica dei bisogni – vi aggiunge il bisogno di amore e appartenenza, di autostima e di autoaffermazione, tipicamente umani.

Da sempre, nelle civiltà umane, questi bisogni hanno regolato (o sregolato) il comportamento degli individui. Ma è verosimile che il progredire della civiltà stia rafforzando sempre di più il desiderio, che diventa, più che il bisogno, il vero motore dell’azione.

Ovviamente ci sono cause facilmente intuibili di questo cambiamento. In primo luogo, la società dell’abbondanza rende assai più difficile che in passato avvertire con forza un bisogno: più che la fame, oggi si prova l’appetito; la sicurezza, per lo più, non costituisce un problema. Semmai, sono i bisogni affettivi che mostrano oggi molte carenze: la solitudine, la depressione, la tristezza sono piaghe che affliggono troppe persone in una società sempre più frantumata e individualistica.

Ma, soprattutto, ai bisogni si sostituiscono i desideri. E l’offerta pubblicitaria è ideata e perfezionata apposta per fare sorgere incessantemente desideri sempre nuovi. Non è certo un bisogno quello di sostituire al cellulare vecchio di due anni, che funziona ancora bene, il nuovo modello stracolmo di nuove «app»: un bisogno crea una necessità, il desiderio crea una dipendenza.

Non è peraltro un fenomeno nuovo ed esclusivamente nostro di oggi: Platone scriveva, più di duemila anni fa, che tentare di soddisfare un desiderio è come versare acqua in una brocca bucata: una volta che l’hai soddisfatto, il desiderio ricompare volgendosi, magari, verso un oggetto diverso. Fa dunque parte della natura umana questa attitudine al desiderare sempre di nuovo, ma è indubbio che questa tendenza si va attualmente rafforzando nella dimensione consumistica e nella sovrabbondanza degli oggetti disponibili.

C’è però un aspetto della capacità umana di desiderare che non va sottovalutato. Lo ha indicato, nel Settecento, Immanuel Kant: il desiderio è ciò che ci permette di introdurre nella realtà cose che non ci sono. Se, in tempi preistorici, in una notte gelida l’uomo non avesse desiderato di ristorarsi al caldo, forse non avrebbe scoperto come accendere il fuoco; se non avesse sognato di volare, non avrebbe inventato l’aerostato e poi l’aeroplano. Dal desiderio, dunque, nascono i sogni, e dai sogni non di rado si passa alla loro realizzazione. A questa capacità umana di desiderare e immaginare quel che non c’è si deve il progresso della civiltà. Come scriveva Max Weber, se gli uomini non tentassero continuamente l’impossibile, il possibile non verrebbe mai raggiunto.

Questa stessa tendenza a sognare realtà che ancora non ci sono è tipica dei giovani e – quando tutto va bene – è una formidabile spinta a rimboccarsi le maniche, a darsi da fare per realizzare la vita sognata. Ma, come insegnava Benedetto Croce, desiderare non è ancora volere: il desiderio è certo la spinta iniziale ad andare oltre, ma solo se il desiderio si traduce in volontà, solo allora si inizia il cammino.

Purtroppo, nella società odierna il desiderio è prevalentemente legato al consumo. Sono gli oggetti a dominare i nostri interessi, e molto spesso, anche quando il desiderio si riferisce ai sentimenti, è strumentalizzato in modo da riuscire a far vendere o comprare qualcosa: la pubblicità ne è la prova. Il desiderio più importante nella nostra società è la merce, e l’aumento continuo del prodotto interno lordo è la condizione necessaria al suo buon funzionamento. Ma ci può essere anche un effetto alla rovescia: la sovrabbondanza dei beni può condurre alla saturazione e allo spegnimento dei desideri. Mi diceva un amico: «Quando eravamo giovani avevamo molte voglie, ma pochi soldi in tasca. Ora i soldi ci sono, ma non sappiamo cosa volere».

Il desiderio, dunque, ha molti volti: alcuni mostrano un sorriso persistente, come in un sogno dolce; in altri il sorriso si spegne rapidamente, quando alla soddisfazione subentra la noia. L’attuale facilità di soddisfare il desiderio non giova: si sapeva bene, in passato, che una delle caratteristiche fondamentali per innalzare la soglia del piacere è differirlo. Ma il motto dei contestatori del ’68 – «Vogliamo tutto e subito» – ha finito per prevalere.