La bolla c’è ma non è detto che debba scoppiare

/ 20.09.2021
di Angelo Rossi

Al grotto, l’altro giorno, ho dovuto sorbirmi per quasi 20 minuti il discorso di un noto immobiliarista che voleva informare i miei compagni di tavola e il sottoscritto che, contro le aspettative di chi volentieri dipinge il diavolo sulle pareti, gli era riuscito di vendere e affittare quasi tutti i 300 e più appartamenti da lui realizzati recentemente nella capitale. Secondo lui, dunque, non è vero che l’immobiliare è in crisi! Vendere e affittare abitazioni dipenderebbe, oggi come sempre, dal rapporto qualità/prezzo dell’offerta e dalle capacità del venditore. Con buona pace della Banca nazionale che continua ad avvertire che l’immobiliare si trova ormai in una bolla e che le banche, per non parlare delle casse pensioni, dovrebbero fare molta attenzione a chi concedono prestiti ipotecari e a che condizioni.

La situazione del mercato immobiliare è, almeno in Ticino, nonostante le perorazioni degli addetti ai lavori di questo tipo, veramente preoccupante. Il numero delle abitazioni vuote è triplicato nel giro di 6 anni e , nel giugno del 2021, ha superato le 7000 unità, passando così oltre al limite del 2% del parco di abitazioni che gli specialisti del settore sostengono essere la quota di abitazioni vuote che può servire per far funzionare bene il mercato. Come è risaputo questa evoluzione è strettamente determinata dall’andamento negativo della domanda. La domanda di abitazioni in Ticino è costituita da un lato dall’aumento dell’effettivo delle economie domestiche e, dall’altro, dalla richiesta di residenze secondarie da parte di turisti domiciliati fuori Cantone. Ora, dal 2014 al 2018 (ultimo anno per il quale si dispone di indicazioni statistiche) la variazione annuale delle economie domestiche è diminuita, in Ticino, da quasi 4000 a meno di 1000.

Per quel che riguarda poi le residenze secondarie bisogna ricordare che la domanda è stata influenzata negativamente e in diversi modi dalla limitazione delle possibilità di costruzione che ha fatto seguito all’approvazione, nel 2012, dell’«iniziativa contro la costruzione sfrenata di abitazioni secondarie». Nonostante la flessione della domanda, però, l’offerta di abitazioni ha continuato a crescere, spronata soprattutto dalla possibilità di ottenere finanziamenti a buon mercato. Così l’investimento nella costruzione di abitazioni ha continuato ad aumentare da noi fino al 2015 e si è poi ridotto, ma in una misura percentuale molto inferiore a quella in cui è diminuita la domanda. La conseguenza di questa evoluzione è che il numero delle abitazioni vuote continua ad aumentare. Le fasi di una bolla immobiliare sono conosciute. Dapprima vi è l’arresto delle vendite e delle locazioni, con il conseguente aumento del numero delle abitazioni vuote. Questa situazione può durare anche diversi anni, in particolare quando, come è il caso attualmente, i costi del denaro investito nella costruzione sono bassissimi.

Per poter ristabilire l’equilibrio sul mercato delle abitazioni in una situazione del genere è necessario che i prezzi diminuiscano. Normalmente questo non succede subito. Nella seconda fase della bolla infatti le abitazioni vuote aumentano e contemporaneamente aumentano i prezzi. Questa evoluzione è quella che conduce alla terza fase della bolla, ossia allo scoppio della stessa, che è normalmente caratterizzato da un rapido aumento dei tassi di interesse e da una altrettanto rapida riduzione dei prezzi (dell’ordine del 15-20%). Queste due tendenze conducono, per finire, al fallimento di molte aziende del settore. Ora nel nostro caso è possibile che la bolla immobiliare non scoppi per due ragioni. In primo luogo, come si è già ricordato, perché il costo del denaro continua ad essere basso e, in secondo luogo, perché i prezzi si sono assestati. Per esempio l’affitto mensile in Ticino, relativo all’insieme del parco di abitazioni affittato, non è praticamente aumentato, nel corso degli ultimi anni. Quello delle abitazioni «nuove», ossia costruite dopo il 2001, è addirittura diminuito, dal 2011 al 2017, del 12%. Insomma invece di scoppiare la nostra bolla immobiliare pare stia sgonfiandosi adagio, adagio.