Federica Marescalchi in Beccuti, le mani ingombre di sacchetti della spesa, non è ancora entrata in casa che suo figlio Alex, nove anni, le corre incontro eccitatissimo: «Mamma! Mamma! Sapessi chi abbiamo incontrato io e nonno Learco oggi tornando a casa!» La mamma si fa attenta e lancia uno sguardo indagatore al nonno che minimizza: «Abbiamo incontrato per caso un mio vecchio collega e ci siamo fermati a scambiare quattro chiacchiere, a rievocare i vecchi tempi. Tutto qui».
«Ma mamma! – Alex quasi grida – quel tale non era suo amico! Non l’aveva mai visto prima! È il nonno che gliel’ha fatto credere!» «Io non gli ho fatto credere un bel niente, è lui che ha cominciato per primo. Io mi sono limitato ad andargli dietro». «Cos’è questa storia? Raccontatemi tutto per filo e per segno se volete che ci capisca qualcosa. Allora?». «Allora c’è questo tizio – riprende il nonno – che avrà più o meno la mia età». «Un vecchio», puntualizza Alex. «Grazie. Non so chi fosse, non l’avevo mai visto prima. Mi ha salutato con grandi effusioni come se fossimo due vecchi amici, due colleghi che hanno lavorato insieme per trent’anni. Deve avermi scambiato per qualcun altro». «E tu gli hai fatto credere di essere quell’altro». «La gente, quando scopre di aver preso un granchio, ci sta male, si vergogna».
«Mamma, dovevi sentirlo il nonno mentre rievocava con il suo vecchio amico gli anni trascorsi insieme nell’ufficio. Ricordava i nomi, le storie, gli scherzi...» «In quale ufficio avete lavorato?» domanda Federica. «Lui. In quale ufficio ha lavorato lui. Da quello che ho capito dovrebbe trattarsi di un impiegato delle dogane». «Se tu non ci sei mai stato come facevi a rievocare quell’ambiente?» «Oh, la vita degli impiegati nelle aziende è dappertutto eguale e per i nomi ho usato quelli dei miei ex colleghi, quelli veri. Lo sconosciuto avrà pensato che non ricordavo più tanto bene. Come non manca mai di ricordarmi tuo figlio, sono vecchio. E i vecchi perdono la memoria». «Il momento più bello – rincara la dose Alex – è stato quando avete rievocato la gita a Venezia. Li avessi sentiti, mamma, facevano a gara nel tirare fuori storie divertenti». «Oh – minimizza il nonno – nelle aziende c’è sempre una gita a Venezia organizzata per i dipendenti. E le gite a Venezia sono tutte uguali». «Ma tu – gli ricorda sua nuora – non eri quello che si era sempre rifiutato di andare in gita con i colleghi?» «Sì, ma al ritorno mi riempivano la testa con i loro racconti. Era come esserci stato».
Alex non ha perso una parola del dialogo fra i due amici: «Però lui era ancora un poco offeso, ha detto che durante quella gita gli hai soffiato Arianna, la sua fidanzata». «È vero?» domanda la mamma di Alex. «Beh, che male c’è? Da quello che ho capito, Arianna lavorava all’ufficio del personale. Non mi sono stupito, è un classico, durante le gite a Venezia non manca mai l’impiegata che cambia fidanzato». Federica incalza suo suocero: «Quanto è durata questa tresca? E tua moglie?» «Intanto lei non l’ha mai saputo. E poi scusami, io questa Arianna non l’ho mai conosciuta, non ero a Venezia, ma visto com’è conciato il mio amico non mi stupisce che l’abbia mollato per me». Alex, a sua madre: «Alla fine si sono salutati con la promessa di rivedersi». «Non mi dire». «È difficile che succeda. Non deve essere di queste parti. Non l’avevo mai visto prima». «Speriamo che vi ritroviate. Non mi sono mai divertito così tanto».
La mamma di Alex non può rinunciare al ruolo di maestrina: «Ti rendi conto del pessimo esempio che hai dato a tuo nipote?» «Pessimo esempio? Far felice una persona è un pessimo esempio?» «E lasciarlo invece nell’errore e nell’illusione?» «Che male c’è? Una storia è bella a prescindere dal fatto che sia vera o inventata». «Un bambino deve essere educato a lottare per la verità, sempre e ovunque. Tu, Alex, se vi capitasse di incontrare ancora quel signore, devi dirgli che a tuo nonno piace scherzare e che loro due non sono mai stati colleghi». Il nonno non è d’accordo ma non può contestare sua nuora: «Peccato, mi sarebbe piaciuto passare per quello che soffia la ragazza al collega».
Trascorrono un paio di settimane quando rieccolo, allo svoltare di un angolo di strada, a pochi passi dal nonno e dal nipote. Il finto collega però non li nota, è impegnato in una animata conversazione con un signore anziano che gli sta dicendo: «Adesso che me lo dici mi pare proprio di ricordarmelo. Devi scusarmi se non ti ho riconosciuto subito, ma a volte a noi anziani la memoria fa dei brutti scherzi...» «Non puoi esserti scordato di Arianna, era bellissima...».