La Basilissa

/ 19.04.2021
di Cesare Poppi

Il 19 aprile marca l’anniversario di uno degli eventi storici più crudeli e sconcertanti che ci sia dato conoscere.
Siamo nel 797, location del dramma che sta per consumarsi una località sconosciuta della costa asiatica del Bosforo, l’odierna Turchia. Un ragazzo poco più che adolescente di nome Costantino, figlio del defunto Basileus (Imperatore) del Sacro Romano Impero d’Oriente a Costantinopoli e di Irene Sarantapechaina, nobile ateniese, si rende conto di essere giunto alla fine. I pochi seguaci rimastigli fedeli nulla potranno contro le truppe che la stessa madre sua, Irene, gli ha sguinzagliato dietro per farlo arrestare. Gli eventi precipitano in fretta. Inchiodati fra il mare e la scogliera, Costantino ed i suoi seguaci sono sopraffatti e trascinati a Costantinopoli per lo show finale.

Una Madre può far perseguire ed arrestare il figlio per motivi nobili e forse anche per il suo bene – avrebbe commentato anni più tardi un cronachista anonimo al sicuro in un monastero. In quel caso si tratterebbe di una tragedia. Ma farlo per toglierli la corona d’Imperatore ed indossarla lei stessa – unica e sola Imperatrice del più grande impero sulla terra è semplicemente orrore.

Irene era nata nella famiglia patrizia ateniese dei Sarantapechos, dove zii e cugini presso i quali fu cresciuta detenevano importanti incarichi militari di strateghi e spatarii. Per ragioni che gli storici ancora fanno fatica a comprendere, Irene fu data sposa a Leone IV per volontà del padre di lui Costantino V: portata a Costantinopoli il 1. novembre 764 era già sposata il 19 dicembre dello stesso anno. Il perché sarebbe rimasto un mistero. Tanto più fitto per il fatto che, mentre Costantino V era un fervente iconoclasta, persecutore di monaci irriducibile nell’adorazione delle icone, Irene e la sua famiglia erano noti essere della fazione opposta. Iconoduli, ovvero, che mettevano l’adorazione delle icone al centro dell’esperienza religiosa. Erano gli anni nei quali le dottrine islamiche facevano breccia nella tradizione cristiana del culto delle immagini sacre secondo l’interpretazione radicale del Secondo Comandamento. E sulla disputa teologica che ne conseguiva sarebbero corsi fiumi di sangue.

Nel 771 Irene dette alla luce un figlio, che avrebbe regnato col nome di Costantino VI. Quattro anni dopo il marito Leone succedette al padre col nome di Leone IV. Anch’egli un iconoclasta, si rendeva conto tuttavia, che quella questione di lana caprina stava spaccando a metà la compattezza dell’impero. Adottò pertanto politiche di tolleranza, arrivando addirittura a nominare Patriarca di Costantinopoli l’iconodulo Pietro da Cipro. Poi ci ripensò: durante la Quaresima del 780 riprese la persecuzione degli iconoduli. Colpo di scena: due icone furono trovate sotto i cuscini del letto dell’Imperatrice Irene. I due non avrebbero mai più dormito nello stesso letto. In questo clima poco promettente Leone sarebbe morto il 28 settembre dello stesso anno. Cominciò così, quando Costantino VI aveva nove anni, un lungo periodo nel quale, in attesa che raggiungesse la maggiore età, Irene divenne la Reggente – ma di fatto cominciò ad atteggiarsi ad unica e vera Imperatrice. Parecchi conii successivi la ritraggono prima accanto al figlio, poi il figlio viene relegato al rovescio della moneta per poi figurare l’Imperatrice con in mano l’Orbe, la sfera terrestre simbolo dell’Imperium.

Irene finì per firmarsi col titolo ora di «Basileus» (maschile per Imperatore), ora invece preferendo «Basilissa» (ogni riferimento a dilemmi del presente essendo puramente casuale). Ma la sua asserzione di autorità imperiale ed imperiosa raggiunse l’apice quando, convocato a Nicea il Settimo Concilio Ecumenico, impose il ritorno alla venerazione delle icone ed alla comunione con Roma. Unico ostacolo alle sue ambizioni era il figlio Costantino VI. Ormai maggiorenne poco tollerava la posizione di secondo piano alla quale era relegato dalla madre. La corte si spaccò di nuovo a metà, col probabile aiuto degli iconoclasti che non digerivano Nicea. Rivolte e tradimenti – fino all’arresto di Costantino.
Pochi giorni dopo la sua detenzione, Irene ordinò che suo figlio fosse accecato. Morì dalle ferite riportate, due settimane più tardi. Sta scritto che la sua morte fu seguita da un’eclissi di sole e 17 giorni di oscurità.

Nell’802 Irene incontrò la sua nemesi: una congiura di palazzo la depose a favore del suo ministro delle finanze Nikephoros. Confinata nell’isola di Lesbos morì l’anno dopo – si dice dall’onta di doversi mantenere filando lana.

La vicenda della Basilissa si conclude con un’ennesimo colpo di scena. Dopo la morte, Irene cominciò ad essere venerata come colei che aveva riavviato il culto delle Icone. Fu fatta Santa. Le Chiese Orientali la celebrano il 7 agosto.