Internet, un sogno realizzato?

/ 23.08.2021
di Aldo Grasso

Internet, la «rete» che prodigiosamente avvolge il mondo intero creando un’unica connessione, è il sogno realizzato del famoso «villaggio globale» di McLuhan? Quella del «villaggio globale» è una metafora adottata da McLuhan per indicare come, con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, il mondo sia diventato «piccolo» e abbia assunto di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio. Le distanze siderali che in passato separavano le varie parti del mondo si sono ridotte e il mondo stesso ha smarrito il suo carattere di infinita grandezza per assumere quello di un villaggio. Internet ha ancora di più accorciato le distanze. Più passa il tempo e più le teorie di McLuhan si rafforzano, la sua forza visionaria non ha eguali nel campo degli studi sui media. Rileggere oggi McLuhan è una vera scoperta.

Il sociologo canadese (Edmonton 1911 - Toronto 1980) ha studiato a lungo il ruolo dei mezzi di comunicazione nella società contemporanea attribuendo il loro influsso sui modelli di pensiero e di comportamento alle peculiarità strutturali dei mezzi stessi più che al contenuto dei messaggi comunicati. Si deve a McLuhan l’introduzione del metodo di analisi dei mass media che si riassume nel principio «il mezzo è il messaggio»: gli strumenti di comunicazione di massa (tra i quali egli annovera anche l’elettricità, i mezzi di trasporto, il denaro, l’abbigliamento ecc., che trasmettono informazioni anche se questa non è la loro finalità elettiva) non vanno definiti e studiati a partire dal contenuto del messaggio che trasmettono, ma in base ai criteri strutturali specifici attraverso i quali essi organizzano la comunicazione, poiché questa si identifica con il mezzo che la veicola (si veda in particolare Gli strumenti del comunicare, 1964).

Una simile opzione metodologica si giustifica con l’assunto che i mezzi di comunicazione determinano le condizioni dell’informazione e della percezione del mondo da parte del soggetto, invece di trasmettere informazioni e percezioni già acquisite. Ne deriva che il controllo e l’azione umana sul mezzo di comunicazione intervengono solo al livello dell’invenzione del mezzo stesso, ma non influiscono sulla sua gestione, che sfugge a ogni controllo ed è subordinata esclusivamente alle caratteristiche tecnologiche di ogni medium particolare.

Di conseguenza, è possibile fondare un’antropologia culturale che si basi esclusivamente sullo studio dei mezzi di comunicazione di massa e sulla loro incidenza nella storia umana. A questo riguardo, l’analisi di McLuhan distingue due epoche principali: la modernità, che va dall’invenzione della stampa sino alla metà dell’800; e la contemporaneità, inaugurata dall’uso dell’energia elettrica. Caratteristica della modernità (La galassia Gutenberg: nascita dell’uomo tipografico, 1962) è la frammentazione dell’«esperienza», dovuta ai caratteri specifici della trasmissione di dati mediante la stampa (per cui l’«apprendimento» avviene in assenza di interlocutori, l’atto conoscitivo si trasforma in un fatto individuale, ossia la lettura).

Viceversa, la contemporaneità costituisce un ritorno a condizioni premoderne: la restaurazione della voce e della presenza del soggetto parlante (in un processo che va, con progressivo affinamento, dal telegrafo al telefono, e da questo alla televisione) restituisce una modalità di esperienza più continua e immediata, per cui il mondo viene a essere un «villaggio planetario» ove l’uomo esercita funzioni (come la forte mobilità, la pluralità delle prestazioni richieste ecc.) più simili a quelle dell’uomo antico che a quelle dell’uomo moderno. 

McLuhan diventa anche uno dei primi, e più travolgenti, intellettuali mediatici della neonata società dello spettacolo. Viene baciato da una impressionante celebrità, al punto da interpretare sé stesso in una notissima scena del film di Woody Allen Io e Annie (1977), in cui, in coda al botteghino di un cinema, rimbrotta un ragazzo che cerca di impressionare la sua accompagnatrice citandolo, e gli fa osservare, senza tanti complimenti, di non aver capito nulla delle sue teorie. O, ancora, tanto da ispirare il personaggio del professore Brian O’Blivion di Videodrome, l’allucinato film di David Cronenberg (che frequentò i suoi corsi all’università di Toronto), e da meritare nel 1969 una gigantesca intervista sulla rivista «per soli uomini» «Playboy».

In quella famosa intervista spicca in modo particolare l’idea chiave di McLuhan, secondo la quale i media non possono essere considerati come dei semplici strumenti che, mediante le rappresentazioni che producono, aiutano le persone a mettersi in contatto con la realtà sociale. Si tratta invece di mezzi che sono in grado di creare dei mondi all’interno dei quali è possibile entrare, cioè dei veri e propri ambienti culturali nei quali le persone possono dare vita alle loro relazioni sociali. Da qui la nascita di Internet…