Intelligenza artificiale e stupidità naturale

/ 01.08.2022
di Alessandro Zanoli

Il concetto di «intelligenza artificiale» (ne parlano tutti di questi tempi, e quindi ne parliamo anche noi) colpisce la fantasia e, probabilmente, per molti, non nel modo migliore. Qualcuno ricorderà le concitate, drammatiche scene finali di 2001 Odissea nello spazio, quando l’astronauta prigioniero della stazione orbitale è costretto a disinserire l’ossessivo computer HAL 9000 che gli impedisce di portare a termine la sua missione. È un bellissimo esempio di conflitto tra logica cibernetica e necessità pragmatica umana.

Certo, l’idea che un calcolatore elettronico possa manifestare una propria autonomia di pensiero e di giudizio, svincolandosi dalle direttive impartite dai suoi programmatori, è altamente preoccupante. Inquieto è, ad esempio, Blake Lemoine, ingegnere informatico fino a poco tempo fa incaricato da Google di tenere sotto osservazione il sistema di comprensione del linguaggio LaMDa, un progetto che l’azienda sta sostenendo. Lemoine ha espresso pubblicamente i suoi dubbi sull’eticità del progetto, in quanto si è reso conto che il sofisticatissimo software ha candidamente affermato di considerarsi un essere vivente, una persona senziente e autonoma.

I responsabili dell’azienda hanno tenuto a far sapere che i timori di Lemoine sono esagerati. Altri undici esperti si sono chinati sull’argomento e hanno smentito il loro collega. Non so se le ragioni ufficiali bastino a rassicurare tutti. Ma al di là di questo, di nuovo, ogni notizia che riguardi aspetti preoccupanti dell’uso di tecnologia è superata dai fatti. L’implementazione dell’intelligenza artificiale nella nostra quotidianità è già avanzata e i suoi risultati si possono vedere già oggi in molti settori. Altri seguiranno. Uno di quelli forse più accettato, e anche auspicato, è quello connesso alla guida autonoma degli autoveicoli, anche se in tale contesto molti dubbi e disfunzioni devono ancora essere presi in considerazione.

Insomma, a motivare la ritrosia di molte persone è proprio il timore (non ingiustificato) che l’intelligenza artificiale possa eventualmente prendere il sopravvento sulla nostra stupidità naturale. Il dubbio si fonda, occorre riconoscerlo, su una scarsa conoscenza dell’oggetto stesso e della sua diffusione. Come detto, l’AI è già al lavoro oggi, in molti ambiti scientifici, ludici o mediatici, senza suscitare particolari proteste. L’agenzia informativa Keystone-ATS, ad esempio, utilizza un programma di nome Lena, che è in grado, partendo da una serie di dati statistici, di realizzare brevi testi di commento (come ci ha confermato un collaboratore, è stato utilizzato in occasione di alcune tornate elettorali).

È proprio in ambito mediatico e redazionale che si discute e si discuterà. La capacità performativa dimostrata dall’intelligenza artificiale nella redazione di testi è ormai assodata. Chi sostiene la validità di tale uso della tecnologia afferma però che il «redattore artificiale» non potrà mai fare a meno di un «caporedattore analogico». Il giornalista del futuro, in altre parole, non dovrà redigere testi, ma controllare con attenzione che i processi di produzione automatica corrispondano sempre agli standard qualitativi previsti per un’informazione affidabile e corretta.

Il dibattito è aperto da tempo e, come sempre, ormai ampiamente di retroguardia.

Per chiudere, essendo impossibile suggellare queste righe con una conclusione qualsiasi, mi limiterei a segnalare un ultimo uso forse poco conosciuto dell’intelligenza artificiale. Un’azienda attiva nella Silicon Valley propone a chi è interessato un motore di intelligenza artificiale personalizzato, in grado di replicare il funzionamento mentale di ogni persona. L’obiettivo è, al momento della morte dell’io biologico, di accendere questo io virtuale, lasciandolo attivo per l’eternità. Ma anche questo annuncio è ormai superato dalla normalità dell’uso: l’implementazione di un sistema simile è già prevista a medio termine anche per l’assistente vocale Alexa, di Amazon. Basteranno pochi minuti di file audio per insegnarle a replicarne il tono di voce e poi si potrà simulare il dialogo con un nostro conoscente passato tra i più. Insomma, l’obiettivo dell’intelligenza artificiale sarà forse quello di sopravvivere agli esseri umani. Non ci sarà bisogno di staccare la spina, allora: alla fine, annoiata di sé stessa, forse l’AI se la staccherà da sola.