In nome del vino

/ 04.11.2019
di Bruno Gambarotta

Esce la versione 2020 di «Slow Wine» (Slow Food Editore) la bibbia dedicata agli amanti del vino: È al suo decimo anno di vita e i suoi curatori, Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni, nell’Introduzione registrano lo spostamento del suo baricentro. In principio al centro della guida c’erano il vino e la cantina, gli enologi erano le star. Ora, grazie alla mutata sensibilità sulla salute della Terra, vengono prima la vigna e «il valore salvifico del vignaiolo custode della fertilità del suolo, poi magari anche il sentore di ciliegia e fragola dentro il bicchiere». Le sue 1120 pagine contengono i resoconti delle visite e le recensioni dei vini delle 1967 cantine censite ad opera di una folta schiera di collaboratori, ordinate su 20 regioni, dalla Valle d’Aosta alla Sardegna.

Ogni pagina è suddivisa in due colonne e ogni colonna è dedicata a una cantina, con tutti i dati per poterla reperire, più l’estensione in ettari vitati e il numero di bottiglie prodotte. Il testo è diviso in tre parti: Vita, Vigne, Vini. La «Vita» contiene in sintesi la storia dell’azienda e più sovente della famiglia che conduce la cantina. Da queste righe sale un delicato profumo di realismo socialista, sembra di leggere «Terra dissodata» di Sciolókhov. È inevitabile trattandosi di narrare storie vincenti. Esempio: «Quella dei fratelli Marco e Vittorio Adriano è la storia di una famiglia contadina che ha rifiutato di abbandonare la terra quando valeva poco o niente e tutti scappavano verso la città e le campagne». Uno schema che ritorna sovente è il ritorno alla terra dei nonni dopo una parentesi di insulsa vita cittadina.

La seconda parte, «Vigne», descrive in poche righe e in una prosa limpida il teatro naturale dove maturano le uve. Citiamo le vigne di Carema, già cantate da Mario Soldati: «Il vigneto di Carema è un capolavoro di architettura rurale, un mosaico di piccole terrazze scavate nella roccia, dotate di pilastri in pietra che sorreggono le pergole di nebbiolo». La terza parte è dedicata ai «Vini», descritti per ogni singola etichetta, con il numero di bottiglie prodotte e il prezzo alla fonte. I caratteri azzurri segnalano la presenza di un Vino Quotidiano, quelli rossi segnalano la presenza di un Grande Vino. Quest’ultimo si guadagna una descrizione più distesa. Il Valle Isarco Sylvaner 2018 è «caratterizzato da una sapidità incisiva, che rende il palato terso e lungamente saporito; il naso è fine e profuma di frutta tropicale. Beverino e succoso, ma senza cedere in mollezze superflue».

Per quanta scienza si applichi alla cantina, c’è sempre, per fortuna, una componente alchemica nella trasformazione dell’uva in vino, che ne spiega il fascino e la variabilità di stagione in stagione. Prendiamo l’esempio dei tannini, composti vegetali, solubili, amari, astringenti, fondamentali soprattutto nei rossi. Qui, nelle schede di ciascun vino, di volta in volta i tannini sono vibranti, vivaci, levigati, cesellati, eleganti, ancora rigidi, da limare, spigolosi, riottosi, ruvidi ma scalpitanti. Quanto alle etichette, la fantasia non ha freni: a Lucera abbiamo un «Mordi il politico», in Toscana uno ««Scapigliato», in Emilia un «Dosaggio Zero La Prima Volta», in Calabria «Spiriti Ebbri», in Sicilia «Firri Firri», in Piemonte «Ovada Tre Passi Avanti» e «Ovada Tre Passi Indietro», il timorasso «Ti Voglio Bene 2018», a Gavi un «Carica l’Asino» che è un bianco «per un sorso non impegnativo». Uno dei tanti pregi di «Slow Wine» risiede nella segnalazione di nicchie di pregio, come quella del «Torchiato di Fregona», in Veneto, dove sette vignaioli realizzano questo vino con i vitigni glera, boschera e verdiso.

I grappoli selezionati e staccati dalle piante, vengono fatti appassire su tralicci e poi pigiati in torchi manuali nella settimana di Pasqua. Il mosto è affinato per 24 mesi e poi in bottiglia per almeno 5 mesi. Leggi e hai la tentazione di correre a provarlo. Questa guida contiene tanti libri in un solo volume. Uno di questi libri è composto dalle introduzioni ai venti capitoli, dove, regione per regione, si fa il punto sullo stato dell’arte, in un comparto dove l’Italia è seconda nel mondo dopo la Francia. Senza tacere sulle criticità, come l’invasione della glera in Veneto destinata a diventare prosecco, l’abbandono dei vigneti nelle Cinque Terre, il Piemonte che non può vivere di sola Langa, l’inaffidabilità del Lazio.

Nella classifica delle regioni viene primo il Piemonte con 41 cantine, seconda la Toscana con 27, terzo il Veneto con 18 e il primato nella produzione. Marcel Proust aveva le madelaines per richiamare la memoria; noi, grazie a Slow Wine, ne abbiamo a disposizione qualche centinaio. Basta evocare il nome: Amarone, Primitivo, Cannonau, Barolo, Timorasso... per ricordare quando e dove li abbiamo provati per la prima volta e ritrovare quelle emozioni. Con l’intenso desiderio di sperimentarne di nuove, per esempio assaggiando il Capichera 2017 che «profuma di elicriso e di ginestra». Se solo sapessi cos’è l’elicriso...