Il trionfo di Peter Pan

/ 24.06.2019
di Franco Zambelloni

«L’infantilizzazione della società»: questa espressione è entrata nell’uso dopo che molti esperti ne hanno parlato (ormai, in un mondo sempre più complesso, dipendiamo costantemente dagli «esperti» – che siano di finanza, di pedagogia, di dietetica ecc.). La società attuale mostrerebbe caratteristiche sempre più infantili proprio perché la crescita individuale si fa lenta e i giovani tendono ostinatamente ad arrestarsi prima del passaggio alla condizione adulta.Questo mi richiama alla mente la favola di Peter Pan – il romanzo di James M. Barrie che un tempo è stato una delle letture più avvincenti e amate dai ragazzi. In un passaggio del libro, Wendy chiede a Peter Pan perché sia scappato di casa: e lui risponde d’essere fuggito perché aveva sentito suo padre e sua madre parlare del suo futuro, di quel che avrebbe fatto quando fosse diventato adulto. «Non voglio crescere, mai e poi mai», proclama Peter Pan con foga. «Voglio rimanere per sempre un bambino e divertirmi.»

Direi che Peter Pan ha fatto scuola: non nel senso letterale, perché nel romanzo non l’ha mai frequentata, ma perché ha tracciato una rotta che sarebbe stata seguita da imitatori sempre più numerosi. Del resto, dal tempo in cui il romanzo fu pubblicato (nei primi anni del 1900) il mondo è cambiato così radicalmente che è quasi ovvio che la voglia di crescere e di diventare adulto sia andata scemando: agli inizi del Novecento un bambino veniva abituato a lavorare, nell’orto o nei campi, o dando una mano in casa. Anche a scuola bisognava lavorare, studiare, faticare; e il tempo libero era per lo più limitato alla domenica e alle altre feste comandate. Quanto al divertimento, consisteva quasi soltanto nel correre per i prati, rotolarsi nell’erba, giocare a nascondino o alla tombola.

Ma poi è venuto il cinema, poi la televisione, poi il computer e internet, lo smartphone con tutte le sue «app»: da un lato, con la società dell’abbondanza, diminuiva l’obbligo dell’impegno; dall’altro, l’offerta del divertimento cresceva a dismisura. Dunque, divenire adulto può ormai sembrare superfluo – o comunque è sempre più difficile: ciò che fa crescere e divenire adulto è la realtà, con le difficoltà, le frustrazioni, l’impegno che comporta; ma perché affrontarla, se è il divertimento che vuoi e lo trovi in sovrabbondanza nei videogiochi, che ormai sono diventati non solo una moda, ma soprattutto un affare da milioni di dollari?

Sappiamo che molti, troppi giovani sono sempre più dipendenti dal mondo virtuale, dove possono assumere anche identità immaginarie, vantarsi di doti che non hanno affatto, conversare con amici altrettanto immaginari e fasulli. Il narcisismo è un altro fenomeno in espansione, e di certo la finzione virtuale e la fuga dalla realtà sono una componente importante per questa crescita.

Non c’è da stupirsi, poi, se nel mondo reale molti giovani si danno ad atti di vandalismo, bullismo, forme variate di trasgressioni più o meno gravi: danneggiare beni pubblici, umiliare o malmenare un debole indifeso sono atti con i quali il narcisista s’illude d’essere forte, coraggioso, superiore; in realtà, sono tutte manifestazioni di una debolezza infantile.Così, narcisismo, immaturità emotiva e relazionale, mancanza di senso di responsabilità, sembrano caratterizzare sempre di più un’adolescenza che si prolunga oltre i tempi consueti e che rende sempre più infantile una larga massa sociale.

Dati recenti dicono che il 12% dei ragazzi, al termine della scuola dell’obbligo, non prosegue gli studi in una scuola superiore, non inizia un apprendistato: si fermano, ritrovano la sconsiderata libertà dell’infanzia e, non di rado, ricorrono all’assistenza pubblica. Proprio per questo il Dipartimento dell’educazione sta meditando di seguire l’esempio di Ginevra, prolungando di tre anni la durata dell’obbligo scolastico.Può essere un buon rimedio? Ne dubito.

Per chi non ha voglia di darsi da fare, il fatto di trascorrere altri tre anni in un’aula scolastica non comporta necessariamente che si rimbocchi le maniche o si metta a studiare. Semmai, il prolungamento dell’età dell’obbligo scolastico sarebbe una sorta di riconoscimento ufficiale e istituzionale di un’adolescenza protratta. Così Peter Pan aumenta progressivamente i suoi seguaci – anche se, probabilmente, il suo romanzo è ormai letto da ben pochi. Però, magari nella forma del cartone animato, dei fumetti o dei videogiochi, può ancora affascinare e legittimare un folto pubblico abbarbicato al culto dell’età infantile.