Uno degli argomenti che, da sempre, vengono proposti dai sostenitori del federalismo, per dimostrare quali siano i suoi vantaggi, è che una larga autonomia dei cantoni consente di meglio adattare la legislazione e l’offerta di servizi del settore pubblico alle caratteristiche della domanda. Così, per esempio, un cantone alpino non sarà obbligato ad offrire ai suoi abitanti i medesimi servizi di un cantone urbano. Come conseguenza di questo frazionamento della potestà di decidere, però, possono emergere col tempo differenze anche sensibili tra un cantone e l’altro che possono anche creare tensioni tra i confederati. Il federalismo svizzero cerca di contenere le stesse insistendo sul principio della solidarietà tra i cantoni. Così i governi ai vari livelli del sistema sono sempre alla ricerca della via di mezzo che, da una parte, consenta loro di evidenziare certe differenze e, dall’altra, impedisca che le disparità esistenti vengano considerate come vere e proprie ingiustizie.
A queste riflessioni sono stato spinto dalla lettura di un interessante articolo di Mauro Stanga, dal titolo Il cantone Ticino nel contesto svizzero, pubblicato nel numero più recente della rivista «Dati» del nostro Ufficio cantonale di statistica. Non si tratta di un inventario esaustivo delle differenze tra il Ticino e gli altri cantoni, ma di un primo approccio al problema delle differenze intercantonali e dei contrasti tra i diversi livelli del federalismo. Secondo l’autore lo stesso dovrebbe consentire di «mettere in luce il contesto generale in cui queste differenze riescono a convivere in un unico sistema federalista». Un contributo statistico, quindi, alla ricerca dell’aurea via di mezzo del federalismo elvetico.
Nel suo contributo Stanga si sofferma in particolare su differenze che discendono dalla posizione geografica e dalla cultura particolari del canton Ticino. Già per essere isolato dalla barriera alpina dal resto della Svizzera, nonché per il fatto di parlare una lingua diversa, il Ticino ha le sue specificità statistiche come, per esempio, quella di non ospitare praticamente lavoratori pendolari da altri cantoni. Quasi a compensare questa insufficienza il Ticino è un cantone nel quale la quota di popolazione con passato migratorio è nettamente superiore alla media nazionale e nel quale la quota di lavoratori svizzeri è altrettanto nettamente inferiore alla medesima. Non solo, ma in Ticino la quota di persone che dichiara di sentirsi minacciata dagli stranieri sul mercato del lavoro è largamente superiore alla media svizzera. La cultura ha poi anche la sua parte nel determinare queste differenze. Stanga lo dimostra riferendosi a statistiche che riguardano aspetti della salute e dell’alimentazione. Dalle stesse emerge la figura di un ticinese più pigro dello svizzero medio e meno attento ad alimentarsi in modo sano.
In conclusione, tra il Ticino e il resto della Svizzera esistono differenze anche sensibili. Le stesse, come si è già ricordato, possono essere fatte risalire o alla situazione geografica particolare del cantone o ad aspetti culturali, per non parlare dell’influsso della storia. Si tratta sempre e comunque di specificità che depongono in favore di un sistema federalista che assicuri larghe autonomie ai cantoni. Se questo postulato è chiaro e comprensibile, la sua applicazione non è sempre delle più facili. Ce lo ricorda Stanga evocando, nella parte conclusiva del suo articolo, il caso della recente pandemia di Coronavirus. Nei primi mesi di diffusione del virus il Ticino, che col Grigioni era stato tra i primi cantoni ad essere colpiti, aveva più volte insistito presso il governo federale perché, tenuto conto della gravità della situazione nella quale il cantone si trovava, si adottassero misure più severe. Stanga ricorda che «sono in effetti state adottate soluzioni diverse a livello cantonale ticinese, inizialmente senza l’assenso di Berna, in un crescendo rapidissimo che ha esasperato gli animi ma ha anche creato un rinnovato e diffuso senso di appartenenza e di unità proprio sul piano cantonale». Le frizioni con l’autorità federale sono poi rientrate con il generalizzarsi della pandemia e l’adozione di misure severe da parte bernese. Osserviamo che l’avvio della campagna di lotta contro il Coronavirus ha sollevato problemi del medesimo tipo anche in Germania, in Austria e in Spagna, ossia in tutti i paesi in cui la politica sanitaria è affidata, in via di principio, ai livelli di potere regionali mentre gli interventi in casi straordinari – come una pandemia o una catastrofe – sono di competenza centrale. In una struttura federalista, quindi, trovare la via di mezzo non è sempre facile.