Il terremoto di San Luca

/ 18.10.2021
di Cesare Poppi

Potrà sembrare strano ma anche a Nord delle Alpi esistono i terremoti. Se la parte meridionale del continente europeo soffre delle conseguenze dovute alla faglia che sta allontando la Sicilia dal resto dell’Europa con lo spettacolare contorno degli unici vulcani attivi nel Continente – se si esclude l’Islanda, la massa continentale è al sicuro grazie alla sua grande e collaudata antichità geologica. Spente da tempo velleità eruttive di qualsiasi natura, restano dei furori adolescenziali di Pachamama solo le gentili SPA della Belle Epoque e qualche antico cono vulcanico a decorazione del paesaggio.

E dunque si faccia venia ai Confederati se non ricordano di aver avuto, nel loro passato, il più grande evento sismico dell’Europa a Nord delle Alpi. Erano circa le 19 del 18 ottobre 1356, giorno di San Luca. A Basilea la popolazione si preparava a cenare per poi estinguere i fuochi per la notte così come prescrivevano le misure di sicurezza. Si avvertì una prima scossa, relativamente leggera ma abbastanza forte da mettere la popolazione in allarme. La scossa più forte però seguì attorno alle 20, seguita da un’altra nel mezzo della nottata. Torce e candele cadute dai loro sostegni determinarono lo scoppio di incendi che distrussero praticamente l’intera città all’interno delle mura. Chiese e castelli – fra i trenta ed i quaranta – furono distrutti o danneggiati pesantemente in un’area che interessò anche Costanza, Zurigo e persino l’Île de France e Praga. La potenza del sisma, che si prolungò con scosse minori nell’arco di un intero anno, sembra essere stata di 7,1 gradi della scala Richter (ricordiamo che il devastante terremoto di Messina del 1908 raggiunse i 7,8 gradi). I morti furono 300, una cifra relativamente bassa, se pensiamo che l’analogo evento messinese causò da 90 a 120’000 vittime. La causa sembra sia stata la faglia che attraversa le antichissime montagne del Jura, la stessa forse responsabile di una serie di episodi sismici minori nel corso dei secoli. Sta di fatto – si tranquillizzino i lettori dell’Altropologo – che di circa diecimila episodi registrati in Svizzera negli ultimi 800 anni solo una dozzina hanno superato i sei gradi della Scala Richter.

Come abbiano spiegato, posto che si siano dati la pena di farlo, i buoni Bürger di Basilea l’evento funesto all’Altropologo non è dato sapere. Certo, la rarità dell’evento non avrà ispirato la varietà di eziologie che altrove nel mondo hanno spiegato nel tempo il fenomeno. I Greci ritenevano che si trattasse di Poseidon – signore di quel più instabile elemento del globo terracqueo e figlio scavezzacollo di Zeus – il quale, nei furori che lo colpivano più spesso che no, scagliava il suo tridente contro la Terra e la faceva ballare come il mare. Per i Lettoni, depositari di un corpus mitologico risalente ad epoca preindoeuropea, il dio dal nome di Drebkuhls trasporta la Terra fra le braccia nel suo viaggio attraverso il cosmo. Quando il Nostro si trova in una giornata no, diventa nervoso e maneggia la Terra senza cura – e allora sono guai sismici. La mitologia scandinava è un po’ più elaborata: il dio Loki viene punito per il fratricidio di Baldur. Legato ad una roccia in una caverna sotterranea, un serpente velenoso lascia cadere veleno sulla faccia di Loki. Ma la sorella di Loki lo raccoglie in una ciotola che però, di quando in quando, deve andare a svuotare. A quel punto il veleno gocciola sul volto di Loki che si agita per evitarlo e causa i terremoti. Forse più vicino alla nostra sensibilità, in Romania si ritiene che il mondo si fondi sui tre pilastri della Fede, della Speranza e della Carità: quando la pratica di una delle tre virtù teologali viene meno, ecco che si crea uno scompenso e la terra trema.

A chi si chieda come mai, in questa epoca men che teologale, il mondo non sia già ridotto il briciole va ricordato che le vie del Signore sono infinite. Se però qualcuno fra gli abitanti di Basilea ha sentito parlare di altre, meno fantasiose spiegazioni di un evento che tutti auguriamo irripetibile, è pregato di scrivere all’Altropologo. Lo attende un premio.