Una persona vive 70, 80, 90 anni, su per giù, lo sappiamo fin dall’inizio che non siamo eterni. Anzi, uno viene al mondo senza essere consultato, se preferiva restare nel vuoto o venire al mondo. Nel vuoto non si deve star male, niente angosce né orari, nessuno ti scoccia, e soprattutto non si pensa, e quindi non si sa niente, non solo di storia, geografia, aritmetica, uno non sa neppure d’essere nel vuoto, o d’essere lui stesso un nulla. Mica male! Perché se ad esempio un funzionario addetto alle nascite ti chiedesse: «vuoi venire al mondo?», l’interrogato non solo si stupirebbe che ci sia un mondo, l’interrogato non capirebbe la frase, per quanto il funzionario, la dovesse ripetere: «vuoi venire o no?». Non ci sarebbe risposta, perché di fatto il funzionario non saprebbe a chi chiederlo, essendoci davanti a lui solo il vuoto indifferenziato, e anche il funzionario non so da dove l’ho tirato fuori, era solo un’ipotesi.
Quindi uno dal nulla cade in mezzo a uno spettacolo in corso, e non c’è modo di sottrarsi, perché anche il sonno fa parte dello spettacolo, e uno magari ne approfitta per dormire davvero, se no sarebbe difficile tirare avanti, e anche quando si sveglia e recita la colazione, uno il caffè lo beve davvero e ci mangia dietro una brioche o del pane imburrato.
Ma la cosa incredibile è che l’attore stesso deve procurarsi caffè e brioche, non c’è un impresario che li fornisca; una situazione indecorosa, ti hanno ingaggiato tirandoti fuori dal vuoto, ti hanno messo sul palcoscenico, ma per il resto ti devi arrangiare. «Ma alla fine pagano? C’è il successo? La fama?» No niente, si sa solo che a un certo punto finisce, uno recita una malattia o un incidente, e poi buio, niente applausi, niente fiori, non ci sono camerini dove struccarsi e fare autografi, niente, gli attori ogni tanto spariscono, e ne vengono dei nuovi, un cast colossale. «Ma chi paga?» mi chiedo «è un mecenate che vuole buttare via i soldi? Che ama l’arte?» anche se di arte non ne vedo tanta, sono più i cani che i bravi attori. «O c’è uno scopo educativo?» Recitiamo per le scuole, per qualche parrocchia, che però non si è mai vista; e quando me ne sto sdraiato sul divano a non fare niente, che spettacolo è? Non è certo educativo, né divertente. C’è qualcosa in questa faccenda che non mi convince. A meno che siano solo dei turni, ottant’anni di spettacolo e ottant’anni di riposo. Ma il riposo dove lo si va a fare? Perché se ad esempio lo si passa al mare, ottant’anni su una spiaggia al sole, a me, anche sotto l’ombrellone, non piacerebbe, e neanche l’aria condizionata dell’albergo, ottant’anni di aria condizionata! Con la cervicale, no, dico no, meglio il vuoto.
Quindi riassumo: tante cose di questo grande spettacolo vanno contro i diritti elementari della persona; l’ingaggio forzato è schiavismo. Poi il tempo determinato; nessuna garanzia sindacale; ad esempio non si può entrare di ruolo nella commedia e avere il posto fisso; no, niente, sempre nell’incertezza, nell’ansia: «per quanto mi tengono ancora?» Non ti riconoscono la professionalità maturata negli anni, anzi! Più conosci la parte che reciti più sei prossimo al licenziamento definitivo. Ed è tutto lavoro in nero, qualcuno ci guadagnerà.
«E se facessimo sciopero?» Difficile anche questo, perché ad esempio se uno sta fermo, catatonico, in un angolo buio, e non parla mai, beh, anche questa è una recita, nel grande copione la chiamano depressione grave, non si scappa. C’è chi dice che non si dovrebbero più fare figli; dopo cent’anni non ci sarebbe più nessuno, il teatro vuoto, vediamo un po’ come rimedierebbero. Ma è uno sciopero difficile da concordare, negli attori ci sono sostanze chimiche (secondo me illegali) come il testosterone, l’ossitocina, che rendono l’individuo insensibile ai programmi sindacali e a qualunque sciopero contro il sesso e la riproduzione. Con queste droghe uno ha sempre in mente di montare una femmina, e la femmina di farsi montare, con la conseguenza di produrre nuovi attori, cioè nuova manodopera a costo zero, e lo sciopero va subito in vacca.
A meno che sia tutto teatro d’avanguardia, quegli spettacoli incomprensibili che durano giorni e giorni, anche quando gli spettatori sono scappati, ma la recita continua. C’è chi dice non sia altro che il Vero Incessante Teatro Animato, in acronimo, la VITA.