Il tea-room Widmer di Burgdorf

/ 30.01.2023
di Oliver Scharpf

Negli itinerari elvetici di un cacciatore di tea-room antiquati non può mancare, credo, Burgdorf. Comune principale dell’Emmental, tredici minuti di treno da Berna, sedicimilaottocentosedici anime, un castello, sulla sponda sinistra dell’Emme, centro storico in cima a un promontorio dove all’inizio della via acciottolata che sale alla chiesa, sotto le arcate di molassa grigia-olivastra pallida, al primo piano, si trova una rimarchevolissima sala da tè desueta. Risalente al 1944, attraverso la sua combinazione di legno di ciliegio e pelle rosa antico, il tea-room Widmer di Burgdorf (569 m), colpisce all’istante.

La storia del luogo è legata ai Burgdorferli, pasticcini cilindrici inventati nel 1924 da Adolf Erhard Nadelhofer (1877-1945), pasticcere alsaziano fondatore di questa confiserie nel 1904. Ancora oggi sono messi in mostra, in vetrina, dentro scatole di carta giallo senape con sopra numerose medaglie delle esposizioni internazionali varie, intorno all’antico castello zähringhiano. Ne provo uno, in compagnia di un earl grey. A forma di mini japonais, si tratta di un pan di Spagna ricoperto di cioccolato. Non ne vado matto, va detto. Ottimo invece l’earl grey, miscela di un negozio locale che si chiama come i famosi fratelli tedeschi delle fiabe. Oltre all’essenza di bergamotto, stupisce e rallegra la presenza blu dei petali di fiordaliso. Deluso dai Burgdorfeli, cerco con lo sguardo le venature ben illuminate dei lambrì totali, a tutta parete, in magnifico legno lieto di ciliegio. La boiserie si completa con un amabile bancone circolare, al quale sono abbinati due tabouret da bar in tinta con tutto quanto.

Diciassette tavolini dello stesso legno, strutturati secondo uno schema di separé e panche imbottite di pelle rosa antico sopra una delle quali, un pomeriggio verso la fine di gennaio, mi lascio tentare dall’Apfelstrudel con la salsa alla vaniglia, come c’è scritto su una lavagnetta vicino alle finestre. Una costellazione di ventiquattro sedie modello Kronenhalle, ideate nel 1931 a Glarus per il famoso ristorante di Zurigo, qui in una rara variante sempre in legno chiaro di ciliegio e pelle rosa antico, aggraziano ulteriormente la sala e amplificano l’effetto boiserie. Sul vassoietto argentato, dove è appoggiata la tazza floreale di tè, trovo inciso, in maiuscolo, Confiserie Nadelhofer. Il nome Widmer è venuto solo nel 1985, con l’arrivo di Hanspeter Widmer e la moglie Jill. Da ventitré anni sono Karin e Jürg Rentsch a continuare la tradizione della confiserie-tea room al numero sette della Kirchbühl. Senza cambiare, grazie al cielo, neanche una virgola del décor, non hanno voluto neppure cambiarne il nome. Sono persino rimaste alcune curiose specialità, lasciate in eredità da Jill Widmer-MacLean (1937-2016), cresciuta a Edimburgo. Come la Sheperd’s pie, un pasticcio di carne di agnello ricoperto di puré o gli scones. Ideali con il tè, da spalmare con panna speciale e marmellata.

La cameriera di nome Sandra, con il taglio alla Erika Hess e il dono dell’ubiquità, mi porta l’Apfelstrudel che cospargo subito di salsa calda alla vaniglia. Adesso si ragiona, erano secoli, perdipiù ora nevica e si aggiunge così un ingrediente fatato. I fiocchi di neve che cadono riescono sempre a incantarmi. Entra in scena un signore anziano con un cappello di astrakan e un cappotto antico che sembra uscito da un racconto di Čhecov. Scendo a studiare il repertorio dei dolci. Degno di nota, il corrimano sinuoso in legno ancora di ciliegio che segue, con tonalità accese verso il rossiccio, tutta la scala a chiocciola che porta alla confiserie del pianterreno. I Luxemburgerli, come vengono chiamati a Zurigo i mini macarons colorati databili al 1957, qui a Burgdorf si chiamano Edinburgerli. La notiziona però, sempre per mantenere il tocco britannico portato dalla signora Jill, è la presenza invitante della Lemon pie. A onor del vero e visto che sono legato alla torta al limone a partire da quella indimenticabile sulle piste da sci di Vulpera una vita fa, devo provarla. E si rivela, per me, la vera specialità: crema giallognola leggerissima, ricoperta da una favolosa superficie di meringa. Anche se l’atmosfera fuori moda che ritorno a contemplare, vince su ogni golosità. Il legno di ciliegio, ormai leitmotiv ossessivo dal quale sono catturato, rallenta il battito cardiaco. La nevicata sembra seria.