L’ultima vittima di questo male di stagione, che si chiama «Overtourism», ci concerne da vicino. Dopo Venezia, Barcellona, Amsterdam, è la volta di Lucerna, la prima città svizzera a denunciare, ufficialmente, i disagi provocati dai visitatori, diventati troppi. Secondo le statistiche, 9,4 milioni all’anno, numero ragguardevole che, tuttavia, non dovrebbe imbarazzare una delle più attrezzate località elvetiche, considerata addirittura l’antesignana del turismo di lago e anche di montagna, grazie al Rigi-Kulm, che attirò ospiti illustri e persino inventati: nel 1885 il Tartarin sur les Alpes di Daudet.
Si sta parlando di una lunga tradizione di alto profilo che, alle bellezze del paesaggio, ha saputo abbinare il valore aggiunto di una cultura ad ampio raggio: le mostre d’avanguardia, favorite dalla presenza di Hans Erni, il Museo dei trasporti, e soprattutto la musica. Nel 1938, Arturo Toscanini, in esilio dall’Italia fascista, inaugurò un festival di richiamo mondiale. Il prossimo 17 agosto, la stagione si riapre con Riccardo Chailly, nell’impareggiabile sede, firmata da Jean Nouvel.
Ed è, verosimilmente, questo passato di prestigio, culturale e mondano, ad accentuare il contrasto con il turismo attuale, ormai contagiato dal mordi e fuggi. Lucerna si trova alle prese con i visitatori di giornata, che arrivano in gruppi, scaricati da torpedoni per poi, tutti insieme, seguire itinerari prestabiliti, che sfociano nel piccolo centro storico, creando ressa e disordine: inconvenienti deplorati dai residenti. Le proteste di questi lucernesi, spaesati nella loro quotidianità, non sono rimaste lettera morta: hanno animato un movimento d’opinione che si è fatto sentire sul piano politico, al di là delle divergenze partitiche. Si delinea una vera e propria emergenza che allarma tutti, indistintamente. Secondo gli addetti ai lavori, gli ospiti di giornata, adesso 1,4 milioni, in gran parte cinesi, giapponesi, indiani, russi, si moltiplicheranno a vista d’occhio, nei prossimi anni. Sarà un’invasione pacifica, inarrestabile e non del tutto innocua.
A questo punto, anche a Lucerna, si torna a proporre un rimedio, risaputo e in pari tempo inapplicabile: puntare sul turismo di qualità e limitare quello di massa. Si tratta di una scelta che, in queste giornate di grande esodo, sembra scontata. Abbiamo sotto gli occhi le code in autostrada, le spiagge strapiene, per non parlare dei beceri che si tuffano nelle fontane di Roma o urinano nei canali di Venezia, o lasciano lattine e plastiche anche nei nostri parchi. Sono immagini che rispecchiano proprio l’uso distorto e gli eccessi di una libertà che, comunque, ci spetta di diritto. Appartiene alle conquiste di un’epoca che permette di muoverci, a nostro rischio e pericolo, mettendoci alla prova come viaggiatori e vacanzieri. È un esame che non tutti riescono a superare. Con ciò, non va precluso a nessuno. Anche in nome del turismo di qualità che, intanto, sta conquistando terreno, a suo modo, marginalmente, alla stregua di un hobby per spiriti intraprendenti. Sia chiaro, non è una questione di tipo finanziario, uno sfizio da ricconi. Piuttosto, un modo per distinguersi, appunto dalla massa, scegliendo itinerari insoliti.
«Deserto cercasi», s’intitolava, su «Vanity Fair», un commento dedicato al fenomeno delle vacanze «Senza nessuno attorno», in cui si elencavano luoghi ancora poco frequentati: la Moldavia, le isole Salomone, gli atolli di Kiribati e Tuvalu. Senza contare, ovviamente, mete sconsigliabili per motivi di sicurezza, dalla Somalia alla Repubblica Centrafricana, al Medio Oriente. In fin dei conti, la folla è un indizio di successo di luoghi gradevoli e accoglienti. Esposti, addirittura, al rischio dell’«Overtourism»: fenomeno che, stando agli ultimi dati statistici, ha risparmiato proprio il Ticino, in controtendenza rispetto alle città e alle montagne d’oltre Gottardo. Non è stata, però, una sorpresa. Anzi, conferma il pessimismo dei nostri albergatori e ristoratori che, già a Pasqua (una Pasqua bassa e tanta neve nelle località sportive), avevano presagito il malandazzo. Che, tuttavia, potrebbe avere risvolti positivi: turisti, meno numerosi, ma di qualità. Che cosa, poi, si debba intendere per qualità rimane una questione aperta.