Il salotto cyber di John Brockman

/ 19.02.2018
di Natascha Fioretti

C’erano una volta i salotti letterari e i caffè filosofici, oggi c’é Starbucks, scrissi qualche tempo fa su queste pagine. Ma non mi ero ancora accorta, allora, che da qualche parte nel mondo si stava riunendo un salotto cyber di menti geniali della nostra epoca. Dal 1981, infatti, a New York c’é un club di moderni intellettuali, acrobati del pensiero, avventurieri in bilico tra il mondo delle scienze umane e delle scienze naturali che si riuniscono per condividere idee, progetti, domande volti a poter meglio comprendere l’evoluzione e la trasformazione che stiamo vivendo. A riunire, a far incontrare scienziati, ingegneri, liberi pensatori in questi ultimi vent’anni ci ha pensato John Brockman, agente letterario e autore di testi letterari scientifici che una mattina si è alzato e ha deciso di dare concretezza e visione al suo motto «Per compiere lo straordinario devi cercare persone straordinarie». Detto, fatto: grazie al suo impulso, menti geniali hanno iniziato a riunirsi in loft di artisti, musei, ristoranti cinesi, uffici di società bancarie, salotti privati, per condividere il proprio sapere e arrivare al limite della conoscenza del mondo.

Questa community cresciuta nel tempo oggi si chiama The Reality Club ed è accessibile a tutti sul sito www.edge.org. All’età di 76 anni e dopo vent’anni al timone, il fondatore John Brockman ha deciso di prendersi una pausa ma non senza prima rivolgere la solita domanda annuale a tutti i membri del suo salotto cyber. Se l’anno scorso chiedeva «Qual è il termine scientifico o il concetto che dovrebbe essere più largamente conosciuto?», quest’anno ha semplificato in «Qual è la vostra ultima domanda?». Come ha riportato la «Neue Zürcher Zeitung» qualche tempo fa, César Hidalgo, del Media Lab del Massachusetts Institute of Technology, si chiede quando i governi saranno sostituiti dagli algoritmi, J. Craig Venter, studioso di genomi, si domanda se la creazione di una classe di super uomini, grazie alla manipolazione genetica, porterà al crollo della civilizzazione, mentre Martin Rees, professore emerito di cosmologia e astrofisica a Cambridge si chiede se le forme di esistenza post umane saranno organiche o elettroniche. Jennifer Jacquet, ricercatrice ambientale alla New York University si interroga sui fattori che porteranno al collasso della civiltà occidentale, mentre Lisa Randall, fisica alla Harvard University, vuole sapere quanto ancora possiamo spingerci oltre i limiti umani per meglio comprendere l’essenza del mondo. Chi ha una risposta batta un colpo.

Intanto proseguo nel raccontarvi l’idea alla base di tutto che ci rimanda al concetto di third culture e all’omonimo libro pubblicato da Brockman nel 1995, uscito in italiano per Garzanti, dal titolo La terza cultura. Per chi fosse interessato c’è anche una più recente pubblicazione uscita per Il Saggiatore, Terza cultura di Vittorio Lingiardi e Nicla Vassallo. Di cosa si tratta? In primo luogo, in parte si è già detto, la «terza cultura» è una comunità internazionale di artisti, filosofi, scienziati e scrittori impegnati in un dialogo creativo costruttivo, che mira a promuovere nuove teorie e pratiche umane. Promozione che passa dal riconoscimento dei valori della ricerca in ogni ambito, quali risorse essenziali della società democratica moderna. In particolare però travalica quel confine netto che Kant nella sua Critica della ragion pura aveva tracciato tra sapere e speculazione, confine oggi messo in discussione dalle bioscienze, dalle teorie dell’informazione, dalla genetica, dalla neurofisiologia, dalla tecnologia digitale ecc. Dunque il salotto cyber di Brockman mira al superamento della tradizionale contrapposizione tra cultura umanistica e cultura scientifica, definendo una nuova sintesi, la terza cultura in grado di indagare i significati più profondi delle nostre vite ridefinendo chi e che cosa siamo. E per farlo, alla luce delle nuove evoluzioni e di quelle che verranno, dobbiamo trovare un nuovo modo di porre le domande, intendere la cultura e vedere il mondo.