Se ne sentiva la mancanza. Da settimane se non da un paio di mesi. Tutti, da questa parte dell’Arco alpino, si chiedevano il perché. Intendo gli squali. I nostri cari, amati, terrificanti squali, quelli che ci fanno morire di fantasia e di paura, cifra di quest’epoca dove all’insicurezza reale si rimedia facendosi paura con la fantasia, come fanno i bambini che spengono apposta la luce per vedere quanto resistono. Ma per fortuna sono tornati, virali come un’influenza natalizia, rimbalzati in rete e sui cellulari come una rovesciata di Messi. «Squalo Elefante avvistato alle foci del Po» titolavano i quotidiani nazionali un mesetto fa. Con tanto di video da record di cliccate. Tutti gli otto metri del mostro che solo il nome mette i brividi: Cetorhinus Maximus. Una bocca che ci sta dentro un vitello, sempre spalancata, sempre pronta ad inghiottire, sempre affamata. Solo che il poveraccio non ha denti. Neanche uno. È costretto a nutrirsi di plancton, e per mantenere tutta quella ciccia di plancton ce ne vuole a vagonate. Ecco perché lo si vede aggirarsi piano piano a pelo d’acqua mentre cerca come può di fare il pieno. È lento come un treno merci – appunto: gli inglesi lo chiamano basking shark – «squalo che si crogiola al sole». Sta in superficie e le navi ci vanno a sbattere perché è troppo lento e pure un po’ tonto. Però è gigantesco e fa paura. In italiano lo chiamano anche Squalo Pellegrino per via del fatto che va in giro per i sette mari sempre con la fame addosso a cercare di riempirsi la pancia e allora te lo trovi anche alle foci del Po dove penseresti ci siano solo nutrie e pantegane.
Insomma l’opinione pubblica non era molto soddisfatta perché dopo il primo brivido ci si è resi conto di come non fosse proprio il caso ed è stata una delusione. Tranquilli: a rincarare la dose ci ha pensato il quotidiano nazionale più venduto qualche giorno dopo: «Squalo bianco di quattordici metri pescato a Taiwan» – e poi: «era femmina incinta di quattordici cuccioli». Allora uno dice: «Ohibò! In cosa consiste la notizia? Non si può più nemmeno essere incinte di quattordici cuccioli – posto tu sia uno squalo bianco femmina – senza finire sui giornali? In che mondo viviamo?!». In effetti deve esserselo chiesto anche il redattore, che ha provato di rimpolpare in qualche modo la notizia con un «venduto per duemila dollari» – che francamente non ha rimediato granché... Insomma, ce ne voleva ancora per sfamare un’opinione pubblica affamata di squali. E difatti, pochi giorni dopo, sul sito dello stesso quotidiano finalmente una notizia succosa: «Giappone: squalo bianco di due tonnellate soffocato da una testuggine marina in bocca» (perché, dove altro avrebbe potuto avere la testuggine marina?). Finalmente una notizia seria sugli squali. E poi quell’altra, di qualche giorno fa. Il titolo è – converranno i lettori dell’Altropologo – ghiotto: «Avvistato lo squalo bianco più grande del mondo». Come si faccia a dire che si tratti dello squalo più grande del mondo resta un mistero. A meno che qualcuno che non aveva nient’altro da fare se ne sia andato in giro a misurarli tutti. Ma mi sembrerebbe improbabile. Insomma, quando si parla di squali bisogna poter esagerare sennò che squali sono.
E dire che qui in Veneto il pesce che i pescatori chiamano «squao» – forma dialettale per squalo – altri non è che il prosaico cavedano, pesce d’acqua dolce neanche tanto grande carni poco pregiate e anche un po’ scemo. Nome latino? Squalius Cephalus, traducibile con l’italiano «squalo testagrossa» per via della notevole capoccia. Altro che Squalo Bianco: gli squali nostrani (e scommetto anche quelli del Lago di Lugano) sono pesciacci d’acqua dolce neanche tanto buoni da mettere arrosto. E così per soddisfare la nostra voglia di paura ci dobbiamo accontentare dello Squalo Pellegrino o delle notizie (improbabili?) che ci arrivano dalla Cina come i calzettini a buon mercato.
Certo fra i Confederati le cose vanno meglio – e ci auguriamo tutti che continui così – ma qui, da questa parte, il Ministero della Paura fa del suo meglio per alimentare ansia ed insicurezza: non solo il Signor Ministro della Fifa mette in rete i selfie con la divisa della Polizia (che se lo indossa un normale cittadino lo mettono in galera per sempre), ma si fa fotografare alla Sagra della Doppietta di Brescia o dove diavolo mentre punta un fucile – oppure mentre brandeggia un mitra con espressione fra il trucido e il tontolone. Voglia di paura nel Bel Paese innamorato dei pescicani: tanto che qui in riviera romagnola, da dove chiudo il pezzo odierno, i bagnini stanno pensando di montare un cannone sui pedalò. La legittima difesa è servita: gli squali sono avvertiti.