Il potere della newsletter

/ 11.10.2021
di Natascha Fioretti

Cosa hanno in comune gli scrittori Chuck Palahniuk, Salman Rushdie, Etgar Keret, la cantautrice Patti Smith e il giornalista del magazine «Rolling Stone» Matt Taibbi? Sono tutti su Substack, una piattaforma online a pagamento che distribuisce contenuti in forma di newsletter. Avete presente le newsletter che ogni mattina vi mandano i giornali con i fatti e gli articoli del giorno? In questo caso nella newsletter trovate interi articoli di giornale oppure i capitoli di un libro. Per essere più precisi Chuck Palahniuk, l’autore di Fight Club, ha appena siglato un accordo per il suo sedicesimo romanzo Greener Pastures. Per leggerlo su Substack basta sottoscrivere un abbonamento di sei dollari al mese oppure quaranta dollari l’anno. Patti Smith approdata su Substack lo scorso anno ha esordito con The Melting, il suo diario personale sulla pandemia. Dieci contributi gratuiti e poi uno ogni martedì a pagamento. Non solo testi, Patti Smith posta e invia anche contenuti audio. È stato notevole scoprire il video che la cantautrice statunitense ha postato sul suo account Instagram per annunciare la sua nuova avventura (non è passato inosservato il gatto sulle sue gambe che di tanto in tanto guardava nella videocamera): «Domani alle 12.00 lancio questa nuova cosa che mi piace molto. Quello che dovete fare è digitare pattismith.substack.com».

Fondata quattro anni fa in California, Substack è una piattaforma sulla quale qualsiasi azienda, scrittore o giornalista può creare una newsletter e chiedere dei soldi ai lettori per finanziarla su base mensile o annuale. Il dieci per cento delle entrate totali di ogni newsletter va alla piattaforma. Non è l’unica, esistono altre realtà come Mailchimp ma nessuna ha il successo di Substack che piace per il suo sistema efficiente e intuitivo nel chiedere e ottenere soldi dai lettori. A darle incredibile slancio è stata la pandemia che nei primi tre mesi ha fatto lievitare le entrate del 60 per cento e al contempo ha raddoppiato gli autori e i lettori della piattaforma. Per il fondatore e CEO Chris Best è uno spazio pensato per rompere l’economia dell’attenzione promossa dai social media, un luogo dove pubblicare e diffondere contenuti più strutturati, riflessioni approfondite finanziate direttamente dai lettori. A settembre è salito a bordo anche Salman Rushdie, una mossa che molti hanno commentato come l’inizio della fine del libro stampato. In verità, ed è già stato il caso di David Mitchell e Neil Gaiman con un’esperienza simile su Twitter, il romanzo che Rushdie o Palahniuk pubblicano a puntate su Substack in un secondo momento potrà essere pubblicato da qualsiasi editore, i diritti infatti restano in mano all’autore. Tra l’altro, scrittori di questo calibro, vengono pagati da Substack con un sostanzioso anticipo per produrre contenuti, anticipo che l’azienda californiana recupera prendendo una percentuale più alta delle loro quote di abbonamento per il loro primo anno di scrittura. Le somme esatte pagate variano tra gli scrittori, ma la procedura non è molto diversa da un anticipo tradizionale sulle royalties. Questo, unito ad alcuni degli altri servizi resi disponibili agli scrittori con abbonamenti a pagamento – come un fondo legale e il supporto finanziario per l’editing, il design e la produzione di newsletter – fanno di Substack un’azienda che opera in una zona grigia tra editore e piattaforma.

Intanto da settembre Rushdie ha iniziato a pubblicare a puntate il suo breve romanzo inedito The seventh wave, pubblicazione alla quale i lettori possono partecipare attivamente commentando o proponendo variazioni al testo. Sarà un successo per Rushdie che – come scrive Maria Teresa Carbone sul «Manifesto» – da anni non suscita nei critici e nel pubblico l’entusiasmo iniziale? Prendendo in prestito le sue stesse parole «l’avventura su Substack potrà rivelarsi meravigliosa oppure no». Se per Rushdie la partita è ancora tutta da giocare per il giornalismo di qualità Substack si è già dimostrata essere uno spazio di condivisione libero e indipendente scelto da molti giornalisti di spessore che vengono da pubblicazioni quotate come «New York Times», «Vox», «BuzzFeed» e altre. Ma di questo parleremo nella prossima puntata, vi aspetto.