Edward Gibbon, autore di quel monumentale Declino e Caduta dell’Impero Romano che gli ha meritato a sua volta la fama di più grande storico dell’Impero dell’Urbe, lo definì il più grande generale della Roma antica. Flavius Stilicho (noto anche come Stilicone) non era propriamente un romano de Trastevere. Suo padre era infatti un Vandalo e sua madre una signora romana di provincia. Nacque attorno al 359, al tempo in cui sentirsi e potersi dichiarare «civis Romanus» era la profonda ispirazione di ogni guerriero germanico con un minimo di autostima ed ambizione. Stilicho era fiero di dichiararsi romano. Al contrario della maggioranza dei Vandali che erano di persuasione religiosa Ariana, quasi una confessione «etnica», Stilicho seguiva il Cattolicesimo Niceno romano nel quale si riconosceva l’élite aristocratica dell’Impero. Vedeva se stesso come l’ultimo difensore di quella virtus romana che aveva fatto grande l’Impero del quale si erse a strenuo difensore.
Durante la sua ascesa nei ranghi della cavalleria si guadagnò il soprannome di Ultimo dei Romani, tanto da attirare l’attenzione dell’Imperatore Teodosio, colpito dalla sua dedizione e competenza militare. Nel 383 Teodosio lo mandò a Ctesifonte per negoziare un trattato di pace con il re persiano Shapur III. Volendo assicurarsi la lealtà di chi era e restava comunque «un barbaro» (stigma latente che sarebbe costata la vita al Nostro), Teodosio pensò bene di stabilire un patto di sangue more barbarico facendo sposare a Stilicho Serena, una sua nipote adottiva. Al rientro a Costantinopoli gli fu conferito il titolo di Magister Militum – ovvero Generale Comandante in Capo dell’esercito: presto divenne uno delle persone più influenti alla corte di Costantinopoli. Con la morte dell’Imperatore d’Occidente Valentiniano II (392), Teodosio divenne per breve tempo l’ultimo Imperatore di un Impero riunificato. Nel 392 Stilicho fu l’artefice della vittoria di Teodosio contro i Visigoti. Esaurito nel fisico e nel morale dalla campagna militare, prima di morire nel 395 Teodosio lo nominò tutore del figlio ancora adolescente Onorio, destinato a diventare Imperatore Romano d’Occidente. Divenuto di fatto Reggente, Stilicho sosteneva di aver ricevuto da Teodosio morente anche la tutela dell’altro suo giovane figlio Arcadio al quale era stata assegnata la metà orientale dell’Impero. Non sapremo mai se questa rivendicazione fosse dettata dalla preoccupazione (il sogno?) di ricomporre l’Impero di Roma in un’unica compagine o se fosse invece – come verrà accusato di tramare – un tentativo per elevare se stesso al rango di Imperatore.
Sta di fatto che proprio all’inizio della sua reggenza Stilicho si trovò a dover sconfinare nella metà orientale dell’impero per reprimere una rivolta di Alarico, re dei Visigoti, che lo stesso Stilicho aveva tre anni prima persuaso a sottoscrivere un patto di pace con Teodosio. Seguì un decennio di confuse vicende politiche a militari che videro il Nostro cercare sempre più disperatamente e con successo decrescente di mantenere unito un’Impero che si andava sgretolando fra trame di corte interne tanto assassine quanto incompetenti e la spinta non più contenibile di Alani, Svevi, Goti e Visigoti che attraversavano il Reno impaccandosi gli uni sugli altri, sognando tutti un giorno di saccheggiare Roma. Stilicho fu accusato di tramare per divenire Imperatore unico – lui o suo figlio Eucherio – e dovette riparare a Ravenna dove assistette impotente al dilagare in Italia di quelli che erano – in fondo – i suoi antenati. In un estremo tentativo di riguadagnare il controllo di un esercito che gli avrebbe permesso di riportare ordine nel caos dilagante accettò un’offerta di negoziato da parte dei suoi nemici. Questi invece lo arrestarono senza che Stilicho opponesse resistenza. Fu giustiziato il 22 agosto del 408. Età 49 anni.
Qualche settimana prima del dilagare del contagio il vostro Altropologo di riferimento passeggiava nei campi di Pollenzo, antica città romana in provincia di Cuneo dove ha sede l’Università di Scienze Enogastronomiche presso la quale insegna. In questa oggi pacifica, fertile e solitaria piana, ai piedi delle Langhe (tartufi e Barolo), nel giorno di Pasqua che cadeva il 6 aprile 402 l’esercito del Magister Militum Stilicho sconfisse ancora una volta un’ostinato Alarico in uno scontro feroce. Di nuovo lo umiliò un anno dopo quando questi ci riprovò a Verona. Alarico si dedicò allora ad altre, meno rischiose imprese. Cinque anni dopo Stilicho era stato in sostanza assassinato. La via era libera. Poche settimane dopo l’annuncio della morte del suo eterno rivale, Alarico e i suoi 30’000 Visigoti erano alle porte di Roma. L’Ultimo dei Romani impossibilitato a contrastarli per cause di Storia Maggiore.