Tutti conoscono la storia del pastorello che gridava sempre al lupo, al lupo, per divertirsi a vedere le reazioni di spavento dei suoi vicini. Finché il giorno in cui il lupo venne davvero nessuno reagì all’avvertimento. Il pastorello aveva perso la sua credibilità. Oggi, una parte dei commentatori economici si trovano in una situazione un po’ simile. Sono quelli che ci parlano dei problemi dell’economia mondiale. Il debito pubblico di molti Stati sta crescendo rapidamente e, in qualche caso, ha già oltrepassato i livelli d’allarme. Le banche comunque continuano a concedere crediti a tassi di interesse bassissimi e a imporre tassi di interesse negativi ai risparmiatori. Con tassi di interesse inferiori al rincaro il risparmio va a farsi benedire. All’orizzonte si annuncia, in diversi paesi, il pericolo dell’inflazione. La stessa viene attribuita ai disagi che la pandemia ha provocato soprattutto in materia di approvvigionamento delle aziende con materie prime.
C’è quindi già chi ricorda quanto ampia fu la recessione che, a metà degli anni Settanta dello scorso secolo, fece seguito allo shock petrolifero. Infine c’è anche chi prevede che dietro l’angolo potrebbero esserci perdite rilevanti dei valori borsistici. Ma poi le cifre della congiuntura, di trimestre in trimestre, non confermano questo allarmismo. Il Pil cresce anche se, nel caso di diversi paesi, a fine 2021 non avrà ancora ritrovato il livello di prima della pandemia. Le esportazioni stanno anche sviluppandosi in modo positivo. I consumi sono in ripresa dopo la forte diminuzione, dovuta ai diversi periodi di lockdown dello scorso anno e di quest’anno. Anche gli investimenti stanno conoscendo una ripresa sostenuta. Infine, almeno per quel che riguarda la Svizzera, il tasso di disoccupazione è sceso a livelli minimi e il tasso di inflazione continua a restare sotto l’1%. Insomma vi è una forte divergenza tra i pareri pessimisti di chi sta gridando al lupo, al lupo, e i commenti sull’andamento effettivo della congiuntura. Il fatto è che i primi stanno cercando di guardare oltre la siepe che, per dirla con Leopardi, «da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude».
Chi commenta la congiuntura, invece, si accontenta di riferire che cosa sta succedendo in questi mesi. Di conseguenza ambedue i gruppi di commentatori possono aver ragione. Questo perché si riferiscono a due orizzonti temporali diversi. Il primo considera che cosa potrebbe succedere nel medio termine, mentre il secondo si accontenta di fare il bilancio dell’evoluzione in corso. Purtroppo la probabilità di sbagliare nelle previsioni aumenta con la lunghezza del periodo per il quale si effettuano. Per questa ragione si considerano, di solito, maggiormente affidabili le previsioni di corto termine rispetto a quelle di medio o di lungo termine. E così, proprio come nella favola del pastore e del lupo chi continua a lanciare allarmi rischia di non essere più creduto. Per altre due ragioni sostanzialmente. La prima perché tutti noi tendiamo spontaneamente a dar maggior valore al presente che al futuro e la seconda perché, di solito, gli ottimisti godono di maggiore fiducia dei pessimisti. L’allarmismo, soprattutto in materia di previsioni economiche, non ha mai una buona congiuntura. Comunque, i buoni pastori cercheranno di fare rientrare il gregge e di chiudere la stalla.
Il pericolo dei falsi allarmi
/ 18.10.2021
di Angelo Rossi
di Angelo Rossi