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Il padre che i figli desiderano

/ 19.12.2016
di Silvia Vegetti Finzi

Cara Silvia,
questa mattina sono andata a parlare con i professori di mio figlio, che frequenta il Liceo. Come sempre, eravamo tutte e solo mamme. Dove sono i padri? Psicologi ed educatori continuano a sostenere che i figli adolescenti, soprattutto i maschi, hanno bisogno di essere seguiti da una figura paterna, ma dove sono i padri? Fin che i bambini sono piccoli ci danno una mano a crescerli: hanno imparato a cambiare i pannolini, fare il bagnetto, dare il biberon, addormentarli la sera ma poi, man mano che diventano grandi, lasciano a noi l’incombenza di educarli.

Una delega che ci obbliga a fare contemporaneamente da padri e da madri, due ruoli complementari che entrano spesso in contraddizione tra di loro. Nel mio caso (ho tre maschi), ho ottenuto che si confidino con me, che mi dicano tutto, anche le cose più scabrose. Ma a quel punto è difficile cambiare atteggiamento e, dopo aver ascoltato con comprensione, giudicare e punire con severità. Perché, mi dica lei, gli uomini non sanno più fare i padri? / Clelia

Ha ragione, cara Clelia, il confessionale e il tribunale non hanno mai svolto la stessa funzione e, tradizionalmente, i due compiti erano affidati a luoghi, istituzioni e persone diverse. Solo ora, nella tarda modernità, l’educazione, delegata alle madri, le obbliga a sovrapporre due ruoli che dovrebbero restare distinti. Proprio ieri mi diceva una mamma: «che bei tempi quando si poteva dire ai ragazzi “questa sera lo dico a tuo padre!!!”».

Ora invece gli uomini non sono mai disponibili, il lavoro sembra inghiottire tutte le loro energie e, se rimane un residuo, lo spendono per una partita sportiva con i colleghi, una riunione supplementare, una relazione da ultimare. La figura del padre, dice Lacan, «è evaporata». Eppure Freud aveva sostenuto, a proposito del Disagio nella civiltà (1931): «Non saprei indicare un bisogno dell’infanzia forte quanto quello di avere la protezione del padre». E, per infanzia, Freud intende qui la minor età. Una constatazione che, nella pratica professionale, ho potuto confermare raccogliendo le confidenze dei figli di genitori separati, in gran parte caratterizzate dal desiderio inappagato del padre, dal rimpianto della sua presenza, dall’attesa del suo ritorno.

È vero che in questi anni il lavoro chiede troppo, anche a scapito della vita privata e dei rapporti affettivi. Ma il problema ha radici più profonde. Per secoli le famiglie patriarcali sono state organizzate secondo un modello piramidale ove il padre occupava il vertice, moglie e figli la base. Un modello che trova il suo paradigma nell’organigramma verticale dell’esercito, l’istituzione educativa più potente e diffusa che sia mai esistita, anche se oggigiorno non ha la stessa incidenza che in passato. Eppure, come una sorta di filigrana, la forma piramidale si sottende ancora a tutte le nostre istituzioni: la scuola, l’ospedale, la fabbrica, i giornali… Solo la famiglia ha assunto una configurazione piatta, orizzontale, paritetica, priva di ogni autorità precostituita.

Nella famiglia fondata sugli affetti, dove tutti vogliono essere amati, nessuno accetta di svolgere una funzione normativa e punitiva, che desta inesorabilmente nei ragazzi reazioni ostili ed emozioni negative. Il padre che, nella prima infanzia dei figli, ha imparato a «fare la mamma» senza esserlo, in seguito cerca di proseguire questo compito oppure si defila. Ma gli adolescenti non vogliono un «mammo», né un amico. Ho sentito molti padri dichiarare: «sono il miglior amico di mio figlio», ma non ho mai ascoltato un figlio dire: «sono il miglior amico di mio padre». E l’amicizia o è reciproca o non è.

Il padre che i figli desiderano, e di cui sentono la mancanza, è una figura, non autoritaria («si fa così perché lo dico io!!») ma autorevole, capace di indicare i valori cui attenersi e di testimoniarli nella vita pubblica e privata. Un padre che sa dire «sì» ma anche «no», e spesso «sì ma», mostrando in questo di comprendere i desideri dei figli ma anche di sottoporli al vaglio della responsabilità, ai limiti della morale, ai doveri della vita in comune.