Il massacro della Zong

/ 02.12.2019
di Cesare Poppi

Il 27 o 28 novembre 1781, dopo più di quattro mesi di navigazione attraverso l’Atlantico, l’equipaggio della nave Zong avvistava quella che fu creduta essere l’isola di Santo Domingo a 27 miglia marine – ovvero non più di 50 chilometri – a dritta. Si trattava di un errore: l’isola era invece Giamaica, destinazione ultima della nave e del suo carico di 442 schiavi africani. La Zong proseguì la navigazione verso Ovest. L’errore sarebbe stato scoperto solo dopo che la nave si trovava a 480 chilometri oltre il suo approdo, quando ovvero la malnutrizione, le malattie e gli incidenti avevano ucciso un numero imprecisato dei 16 uomini di equipaggio e circa 62 africani. Qui, a questo micidiale nodo di incompetenza marinara, sfortuna e nuda crudeltà umana, cominciava una delle più impressionanti vicende del Passaggio di Mezzo, come si chiamava al tempo il viaggio che portava gli schiavi dall’Africa alle Indie Occidentali.

Il viaggio della Zong era cominciato male. Comprata da una società di mercanti di Liverpool dopo che era stata catturata dalla marina di Sua Maestà in quanto battente bandiera olandese durante un viaggio di trasporto di schiavi. Le era stato cambiato il nome dall’ironico Zorg, che significa «cura, attenzione, preoccupazione per qualcuno o per qualcosa», al meno compromesso Zong. E questo fu il primo errore: alle navi non si cambia nome, quale che sia. Il secondo errore fu nella scelta del comandante. Luke Collingwood era infatti un medico al suo primo comando navale. Aveva molta esperienza come «valutatore» della «qualità commerciale» degli schiavi prima che fossero comprati dai proprietari africani. Coloro che venivano dichiarati privi di valore commerciale venivano spesso uccisi sul posto dai loro proprietari e sotto gli occhi del medico valutatore. Come suggerito da uno storico questo avrebbe reso Collingwood se non altro indifferente ai fatti che andremo a raccontare. Il primo ufficiale della Zong era James Kelsall, che già aveva navigato con Collingwood su altre navi schiaviste. Forse il più esperto marinaio a bordo era quel Robert Stubbs che si imbarcò stavolta come passeggero. Peccato che Stubbs fosse stato cacciato dalla posizione di governatore del forte Anomabu per la sua incompetenza di alcolista cronico. Pensava forse Collingwood che l’esperienza di Stubbs avrebbe supplito alla mancanza della sua oppure… non lo sapremo mai. Ma il terzo e più grave errore fu di imbarcare un numero di schiavi più che doppio rispetto ai circa 190 che una nave di quel tonnellaggio poteva trasportare. Almeno 442 schiavi affollavano le stive quando il 18 agosto 1781 la Zong salpò per la Giamaica.

Sappiamo che il 6 settembre la nave si lanciò sull’oceano dopo essersi rifornita d’acqua a Sao Tome, ma quando arrivò a Tobago, nei Caraibi, il 18 o 19 novembre non si fermò per fare altrettanto. Chi comandava la nave a questo punto? Il Comandante Collingwood giaceva gravemente malato, non prima di aver esautorato dal comando il Primo Ufficiale a causa di una lite. Sembra che a questo punto Stubbs abbia preso il comando, ma non essendo un membro registrato dell’equipaggio non aveva de jure alcuna autorità sull’equipaggio che – invece – de facto lo odiava per il suo passato e la sua reputazione.

Quando fu scoperto che la Zong si trovava a 13 giorni dalla Giamaica ed era seriamente a corto di acqua, tutti i nodi vennero al pettine. I termini dell’assicurazione del «cargo» della nave erano chiari: se gli schiavi fossero morti a terra, i proprietari della nave non avrebbero ricevuto indennizzo. Lo stesso dicasi se gli schiavi fossero morti a bordo «per cause naturali». Ma se gli stessi fossero stati «sacrificati» per salvare la nave e parte del cargo, vi sarebbe stato un parziale indennizzo. L’alternativa era chiara: o rischiare che gli schiavi morissero di sete – e non vi fosse indennizzo – o «sacrificarne» una parte per salvare il salvabile. Sulla nave senza comando – ironia della sorte – le decisioni vengono prese democraticamente: il 29 novembre l’equipaggio decise a maggioranza che parte degli schiavi fossero gettati in mare. In quello stesso giorno 54 fra donne e bambini furono buttati fuoribordo. L’offerta disperata da parte degli schiavi di vedersi ridotte le razioni pur di non essere gettati in mare non fu accolta. Il 1 dicembre fu la volta di 42 uomini ed altri 36 seguirono nei giorni successivi. Dieci si buttarono a mare volontariamente come estremo atto di sfida ai loro carnefici. Il 22 dicembre Zong arrivò in Giamaica con 208 schiavi a bordo, meno della metà di quanti aveva imbarcato. Furono venduti per 36 sterline ciascuno. Seguì un lungo processo fra armatori ed assicuratori per determinare se o meno i primi dovessero essere «indennizzati» per la perdita di parte del «cargo». Ve ne risparmio i grotteschi dettagli.