Due volte all’anno, per un paio di giorni, il sole passa attraverso un buco nella montagna e illumina il campanile di Elm. È il Martinsloch: diciassette metri di altezza e diciannove di larghezza appena sotto la catena rocciosa di pizzi acuminati chiamati Tschingelhörner, al confine tra Glarona e Grigioni.
Secondo la leggenda, un giovane pastore di nome Martino pascolava tranquillo le sue pecore da quelle parti quando spunta un gigante famelico venuto da Flims. Martino gli scaglia addosso il bastone appuntito ma lo manca, centrando così la roccia più in alto e scatenando un finimondo. Tornata la quiete c’era un gran bel foro da vedere. Geologicamente il Martinsloch – traducibile con il buco di Martino ma mantenuto di preferenza in lingua originale – si è formato con lo sovrascorrimento tettonico una trentina di milioni di anni fa.
Appuntamento a Elm dunque, quasi in primavera o inizio autunno, poco prima che sorga il sole: alle 8.53 il dodici e tredici marzo, 9.32 il trenta settembre e il primo ottobre. Certo, un po’ un rito-lotteria, se piove o anche se è solo leggermente nuvoloso, ciao spettacolo. Molto più facile però che azzeccare un numero alla roulette. Pessimista convinto, al contempo io ci credo anche molto nelle cose, perciò già in agosto avevo riservato una camera a Elm. Ultimo villaggio rurale della Sernftal, il cui nome, forse più che per il Martinsloch, è noto per la storica limonata risalente al 1927: l’Elmer citro. Talmente legata a questo luogo che l’etichetta – oltre allo stemma cantonale modificato e diventato logo con su San Fridolino senza bastone né Bibbia che si abbevera a una fonte giallo limone – mostra proprio sette raggi solari provocati dal Martinsloch.
Mi sveglio all’alba, buio limpido, se non passa la fantozziana nuvola dell’impiegato, è fatta. Sono curioso, da secoli. Già ieri, allo stammtisch con ripiano d’ardesia della Gasthaus Sonne, si diceva che le previsioni erano ottime, ma sono scettico fino all’ultimo. Anzi, il nome della locanda poteva persino rivelarsi beffardo. Ad ogni modo, facendo un sopralluogo sempre ieri sera poco prima delle sette, anche solo così, senza il fenomeno mattutino del sole, con il sole al tramonto che baciava quelle creste tormentate sopra il Martinsloch, era qualcosa. Non per niente quell’angolo di mondo, nato da uno scontro continentale, dal 2008 fa parte del patrimonio dell’Unesco con il nome di arena tettonica Sardona. Mentre la consacrazione del Martinsloch e il campanile è avvenuta nel 2012 attraverso un trittico di francobolli da un franco.
Caffè e via. Alle nove, sulla strada davanti alla chiesetta bianca costruita lì non a caso nel 1493, c’è già parecchia gente con il naso all’insù. Diversi gli obiettivi professionali puntati verso il Martinsloch (2600 m) che già ora qui da Elm (977 m) ha una certa aura con quei fasci di luce nel cielo, alle spalle dei Tschingelhörner. Si trova sotto una delicata linea che demarca la roccia verrucana vecchia di trecento milioni di anni scivolata sopra il flysch molto più giovane – trentacinque milioni di anni – e più chiaro. È all’inizio della serie di pizzi, ai piedi del Grande Tschingelhorn che ricorda molto una pinna di squalo a pelo d’acqua. Davanti alla semplice chiesa riformata, le lapidi ben allineate del camposanto. Il campanile campestre, con tetto a capanna, guarda sul prato vuoto a fianco. Tre mucche noncuranti. Un foglio segna il punto dove il fenomeno dovrebbe risultare più intenso e c’è scritto 9.33 al posto delle 9.32 previste.
In prima fila, a ridosso della staccionata, c’è anche una troupe della tele. Intervistano uno di qui e dice fiero che non poteva esserci giorno migliore. L’attesa cresce tra il pubblico, ben oltre un centinaio di spettatori. Dal motociclista solitario alle giovani coppiette, dai vecchietti alle scolaresche, passando per una biondo cenere con occhiali da sole, tacchi a spillo, e sanbernardo. E così venerdì trenta settembre, lo straordinario cono di luce lassù taglia la vallata. Il campanile è ancora in ombra. Tra natel in aria e raffiche di clic sembra importi più immortalare che non ammirare. Le lancette dorate ora riluccicano, quadrante beccato in pieno, in anticipo: sono le 9.29.
Se avete tempo, andate tutto dritto per un centinaio di metri, sulla destra c’è l’Elmer citro. Qui subito a sinistra invece, svoltando accanto al prato, arrivate all’ex manifattura di ardesia (1898-1983) che sfornava lavagne per le scuole e per i punti dello jass. C’è poi il Vreni Schneider Sport: negozio dell’ex pluricampionessa di sci nativa di Elm. Le hanno anche dedicato una via, vicino ai campi dove nel settembre 1881, a causa dell’eccessivo sfruttamento d’ardesia, frana un fianco della montagna; più di cento morti. È perpendicolare alla strada dove adesso sfila il corteo di mucche discese dall’alpe. Le pecore niente, le caricano su un tir e basta. Guardano fuori spaventate. A quanto pare, mi dice un pastore, nel Martinsloch si può vedere anche la luna piena, ogni diciannove anni.