Il martello delle streghe

/ 05.12.2016
di Cesare Poppi

Il 5 dicembre 1484 segna una svolta importante per le dinamiche della cultura popolare di tutt’Europa – e oltre. Papa Innocenzo VIII rendeva pubblica, infatti, una bolla pontificia dal titolo Summis Desiderantes Affectibus («Desiderando con ardore supremo»). Qui si affermava la necessità di estirpare dalla regione che corrisponde alla Valle del Reno l’eresia e la stregoneria, assurta, quest’ultima ormai da tempo agli occhi di molti al rango di eresia suprema, in quanto implicava l’adorazione del Nemico Supremo – ovvero di Satana. Come misura pratica si insignivano Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger dell’autorità di Inquisitori per estirpare la stregoneria dalla regione in questione. 

La Bolla intendeva anzitutto sedare questioni di competenze interne all’amministrazione ecclesiastica. Kramer e Sprenger erano infatti frati domenicani, ordine che fungeva allora da zelante esercito d’assalto contro tutto ciò che non si conformava all’ortodossia romana. Erano entrambi membri dell’Ufficio dell’Inquisizione, e come tali dipendevano direttamente dal Pontefice e non dalle autorità locali. I vescovi delle diocesi di Magonza, Colonia, Treviri, Salisburgo e Brema avevano già avuto modo di scontrarsi con lo zelo dei due che ritenevano infondato ed eccessivo. Sarebbe infatti sbagliato ritenere che – anche in quei tempi, quando certamente la cultura popolare europea sottoscriveva l’esistenza della stregoneria come causa di afflizioni le più disparate, le opinioni fossero unanimi tanto per ciò che riguardava il suo status teologico (era veramente una forma d’eresia, anzi la forma suprema d’eresia?) quanto la sua reale esistenza.

Da secoli, infatti, un’abbondante letteratura sottoscritta da importanti «firme» del canone cristiano – da Padri della Chiesa come Sant’Agostino al Canon Episcopi del IX secolo – consegnava le credenze relative alla stregoneria al rango di superstitiones. Il termine significa etimologicamente «ciò che persiste dell’antico sistema di credenze», intendendo con ciò le credenze del passato pagano che sarebbero state superate e vinte dal cristianesimo. In particolare, tanto Sant’Agostino quanto il Canon sulla scorta dell’autorità dell’Ipponate consideravano le credenze nelle e delle «streghe» frutto di sogni e fantasie senza realtà effettiva nelle quali i demoni entravano al massimo come fraudolenti istigatori. In questa scia le autorità civili non erano da meno. Il codice della Lex Longobardorum noto ai più come Editto di Rotari reso pubblico nel 643, al Capitolo 376 condannava chiunque avesse ucciso una donna «in quanto strega». La motivazione? «In quanto è ripugnante per una mente cristiana credere che una donna possa con mezzi magici causare l’impotenza negli uomini». 

Questa presa di posizione, che oggi chiameremmo «razionalista» fece scuola, tanto che, nei secoli successivi ed in parecchie simili istanze, leggi durissime che arrivavano fino alla sanzione capitale vennero promulgate in molte regioni d’Europa contro coloro che solo si azzardassero a sollevare accuse di stregoneria contro chicchessia, così causando – questa era la motivazione – tumulti di popolo contro vittime innocenti. Tale era – in sostanza – la posizione dei vescovi renani che vedevano nello zelo di Kramer e Sprenger non solo una minaccia alla pace sociale, ma anche un’interferenza indebita nelle loro prerogative di pastori responsabili. Fu così allora che i due si rivolsero direttamente al Papa. Ma furono men che fortunati nelle conseguenze delle loro richieste: nonostante la Bolla prevedesse la scomunica contro chiunque avesse ostacolato l’opera degli Inquisitori, questa rimase per un certo tempo lettera (quasi) morta. Frustrato allora per non poter operare con quella libertà garantitagli dalla Bolla, Heinrich Kramer se ne andò in pensione. Qui scrisse, assieme al suo socio in affari, il Malleus Maleficarum («Il Martello delle Streghe»), una sorta di Manuale dell’Inquisitore – peraltro nient’affatto originale in quanto fondamentalmente regesto di lavori precedenti – destinato a divenire per almeno tre secoli, con le sue trentaquattro edizioni e oltre trentacinquemila copie (ivi compresi «i tascabili»), il testo di riferimento in materia di stregoneria. 

Dall’anno della sua pubblicazione (1487) al suo svanire dalla scena nel XVII secolo (capitale nel dichiararne la totale infondatezza teologica, criminologica e giuridica l’opera del, guarda caso, gesuita Friedrich Spee: Cautio Criminalis: de processibus contra sagas, Cautela in materia criminale: sui processi contro le streghe), pur non essendo mai stato adottato dalla Chiesa romana come testo ufficiale, il volume fece ahinoi testo. Il Malleus recava in apertura il testo della bolla papale, ed è introdotto da una Approbatio («Approvazione») di una commissione di teologi dell’Università di Colonia, necessaria al tempo per ottenere l’Imprimatur («Si stampi») delle autorità. Il problema è che l’Approbatio è un falso ottenuto con la complicità di un notaio poco scrupoloso, come si è di recente (2010) accertato. Dunque, per riassumere: un’Atto dell’Autorità Suprema destinato a legittimare l’azione delle truppe sotto il diretto comando della suddetta in conflitto con le autonomie locali fedeli alla tradizione – e al proprio potere. Un libro bestseller che dice di avere l’autorità che non ha e – non avendola – se la fabbrica col fai-da-te. Un’episodio che della Storia – quella con la S maiuscola dove la gente soffre per poco o per nulla – ha gli attributi che distillò ai tempi Karl Marx. Parafrasando: in prima battuta tragedia, in seconda battuta farsa.