Il gas, la spada di Damocle russa

/ 25.07.2022
di Peter Schiesser

Mentre ancora ci preoccupiamo per la carenza di acqua in questa estate torrida e siccitosa, alle porte ci attende la prossima crisi: quella energetica. È da un anno che le autorità federali rendono attenti al rischio di blackout invernali, in ragione dell’accresciuta domanda mondiale e della progressiva rinuncia all’energia nucleare, cui si aggiungono le siccità che riducono la produzione di energia idrica e le bizze dei venti che l’anno scorso hanno fatto crollare in Germania la produzione di energia eolica. Ma oggi ci troviamo in uno scenario nuovo, in cui una sola persona, Putin, detiene il potere di brandire il gas come un’arma contro l’Occidente.

L’Unione europea ritiene molto probabile che in inverno la Russia interromperà del tutto le forniture di gas, già di molto diminuite: oggi diversi paesi non ricevono più gas russo (Paesi Baltici, Polonia, Bulgaria, Finlandia), altri molto meno (Germania, Francia, Italia). Putin aspetterà il momento giusto, quando farà più male e quando più potrà servire a creare divisioni nell’Unione. Non starà invece ad aspettare l’Ue: mercoledì scorso ha annunciato il suo piano d’emergenza per superare i prossimi due inverni senza gas russo. Da una parte bisognerà trovare forniture alternative (l’Italia ha da poco concluso accordi con l’Algeria, promettendo anche capitali per potenziare le infrastrutture locali), ma non basta, per cui Bruxelles invita tutti i paesi dell’Ue a tagliare da subito e volontariamente del 15 per cento il consumo di gas. Rispetto a un anno fa, è già diminuito del 5 per cento, anche a causa degli alti prezzi, ma non basta per evitare una crisi energetica. Entro settembre i paesi membri dovranno presentare i loro piani di risparmio. In caso di crisi acuta, la Commissione europea potrà, in consultazione con gli Stati membri dell’Ue, imporre l’obbligo di una riduzione del 15 per cento.

Che ripercussioni avrà tutto questo da noi in Svizzera? Come viene affrontata l’incipiente crisi? Dobbiamo temere di restare al freddo nel prossimo inverno? Lo stesso giorno in cui Bruxelles annunciava i suoi piani, a Berna si sono presentati i responsabili dell’Ufficio federale dell’energia (Ufe) e dei settori del gas e dell’elettricità per fare il punto della situazione: secondo il direttore della Federazione dei produttori di elettricità Michael Frank, il rischio di una carenza di energia è reale e grande, il direttore dell’Ufe Benoit Revaz è andato oltre, definendo quella attuale la prima crisi energetica globale. Molto dipenderà ovviamente da che cosa deciderà Putin, ma anche se la Francia spegnerà effettivamente la maggior parte delle sue centrali nucleari (dalle quali importiamo elettricità) come previsto nei piani di risanamento, e se il prossimo inverno sarà particolarmente freddo.

Il Consiglio federale sta negoziando con la Germania un «accordo di solidarietà», e intavola ora discussioni anche con la Francia e l’Italia, per poter importare gas da questi paesi. Ma è chiaro che un simile accordo potrà dare frutti soltanto se anche la Svizzera si impegnerà a ridurre i consumi – è poco probabile che la Germania, dovendo ridurre del 15 per cento il proprio consumo, ne esporti verso la Svizzera se questa non fa altrettanto. Per cui anche a Berna si stanno preparando dei piani d’emergenza. Come annunciato mercoledì, sono previsti diversi livelli d’intervento, a seconda della gravità della carenza di gas. La prima fase prevede l’appello alla popolazione a ridurre volontariamente i consumi (si calcola che con 1 grado in meno in casa un’economia domestica risparmierebbe già il 6 per cento), la seconda imporrebbe a determinate industrie di passare dal gas al gasolio, la terza prevede una riduzione obbligatoria della temperatura negli edifici pubblici e negli uffici, la quarta e più incisiva un razionamento delle forniture di gas al 70 per cento per determinate industrie. Questo per quanto riguarda la crisi del gas. Dovesse subentrare anche una mancanza di elettricità si comincerebbe con gli appelli alla popolazione a ridurre il consumo, fino a vietare l’uso di stufe mobili, saune, insegne pubblicitarie luminose, a imporre a circa 30mila aziende un risparmio dal 10 al 30 per cento, per infine arrivare a dei blackout controllati da 4 a 8 ore.

Scenari che non lasciano tranquilli, per cui è bene esserne consapevoli fin da ora.