Prime ore del mattino, fuori è buio, non ancora sveglia ma pronta per esserlo con la tazza di caffè in mano, leggo un articolo dal titolo «I nerd salvano il mondo». L’autrice è una firma d’eccellenza del panorama editoriale svizzero, Sibylle Berg, la testata invece è la neonata «Republik». In realtà si tratta di un’intervista al professore Jürgen Schmidhuber che insegna Intelligenza artificiale all’USI ed è direttore scientifico dell’Istituto di ricerca svizzero sull’intelligenza artificiale. Insomma, per farvela breve, ho trascorso la prima mezz’ora della giornata, alla fine ero sveglissima, leggendo del nostro futuro con i robot e i droni, macchine intelligenti che ci solleveranno da moltissimi compiti. Contenti noi, Schmidhuber lo è senz’altro, devo dire che il suo entusiasmo e la sua fiducia nello sviluppo e nel progresso tecnologico, almeno per un attimo, mi hanno contagiata.
In particolare ho apprezzato la sua positività in fatto di giovani e nuove generazioni. Dice infatti di non credere che i giovani di oggi siano meno creativi dei loro nonni, semplicemente utilizzano la creatività in modo diverso perché il mondo è cambiato e molto di quello che un tempo richiedeva creatività oggi è triviale. Rimanda allora alla sua teoria del divertimento e della creatività (formal theory of fun) che permette di somministrare vaccini per la curiosità e l’ingegnosità, non solo ai giovani in carne ed ossa ma anche alle intelligenze artificiali.
Ora non voglio raccontarvi tutto l’articolo, piuttosto voglio rendervi partecipi di una giornata, che sin dalle prime ore del mattino, mi ha contagiata con pillole di visioni apocalittiche future e intense percezioni tecnologiche presenti.
Qualche ora dopo, infatti, mi sono ritrovata in una sala del Cinestar di Lugano ad ascoltare Stefano Zanero, classe 1979, professore associato del Politecnico di Milano, mente geniale, un curriculum da far impallidire chiunque. Parlava di sicurezza informatica e del pensiero Black hat, termine, così ho imparato, che ci riporta indietro ai film western degli anni 20 e 40, in cui i cattivi indossavano i cappelli neri e i buoni quelli bianchi. In fondo sappiamo che la tecnologia di per se è neutrale, non ha una caratterizzazione etica, tutto dipende dall’uso che se ne fa e lo stesso vale per la protezione dei dati. Non a caso, il tema dell’incontro al quale il professore prendeva parte, organizzato da Ated ICT Ticino, il Servizio di informatica forense SUPSI e Clusis e l’Associazione svizzera per la sicurezza delle informazioni, era quello della cybersicurezza, in particolare rivolto alle aziende, tra sfide, rischi e opportunità.
Va da sé che uno dei grandi temi era quello delle criptovalute e vedere l’approccio disinvolto e chiaro di Zanero nel raccontarne pregi e difetti mi ha aperto un mondo stimolando la mia curiosità a saperne di più (prima che sia troppo tardi). «È vero che ci sono una serie di potenziali abusi delle criptovalute che però sono le stesse potenzialità di abuso che crea il denaro contante. Dunque non è che l’inserimento della matematica e della crittografia all’interno del mondo della valuta ne abbia cambiato in qualche misura lo statuto etico. Ha semplicemente reintrodotto un’alternativa che ha gli stessi limiti e gli stessi vantaggi. Nel caso specifico della criptovaluta è vero che Bitcoin introduce un metodo di pagamento anonimo, o meglio, pseudonimo, però è anche vero che al contrario del denaro contante, nella blockchain, uno strumento tecnologico alla base di Bitcoin, c’è la traccia di tutti i movimenti di denaro dall’inizio, dal blocco genesi in avanti». Non solo il pensiero ma anche il linguaggio di Stefano Zanero è profondamente nerd, per raccontare la folta affluenza di conferenze hacking come Black hat dice «ha cubato 25’000 persone».
Ma la giornata non finisce qui, tornando a casa leggo sul telefono di un gioiello tecnologico, il primo supermercato senza cassieri; non senza qualche brivido ripenso ai robot di Schmidhuber e ad un futuro che sembra essere già qui.