Cara Silvia,
siamo entrati in un momento della storia dell’umanità del quale è difficile vedere gli esatti contorni e le innumerevoli ripercussioni, negative ma spero anche positive, che ne scaturiranno. Come dice poeticamente Mariangela Gualtieri («Azione 13») dovevamo fermarci ma non sapevamo farlo. All’immenso dolore per tutte le persone che stanno soffrendo e all’amore e gratitudine per i tanti combattenti che operano senza sosta, si è unita nella mia mente l’incessante ricerca di come trarre elementi positivi dalla tragedia. Credo che bisognerebbe soprattutto cominciare a pensare a cosa vogliamo cambiare del mondo precedente (dopo nulla sarà più come prima) e penso che sono veramente tante le cose da fare: troppa ingiustizia, troppo divario, troppa «ignoranza», troppa sottomissione, troppa avidità, troppo narcisismo e poca istruzione vera, poca dignità, poca consapevolezza, poco amore per gli altri e per la terra.
Credo fermamente che ora, oltre la tragedia, abbiamo anche un’occasione unica e irripetibile per fare questa scelta tutti insieme, come è giusto che sia. Abbiamo il tempo di questa reclusione, la nostra esperienza, e il mezzo: internet. Per la prima volta nella storia dell’umanità, in un evento tragico mondiale, abbiamo la possibilità di comunicare fra noi in tempo reale. Vorrei invitarvi a usarla, questa possibilità, per salvare e riscrivere il nostro futuro e quello dei nostri figli. Facciamo l’elenco, tutt’insieme, di quello che non accetteremo più e l’elenco di come cambiare. Settore per settore, argomento per argomento. Non dobbiamo permettere, in modo assoluto, che si possa ricominciare come prima. Non dobbiamo permettere più di sottomettere ancora le nostre vite alla finanza, alla speculazione, alle criminalità di ogni genere e alla stupidità. Ora è il momento irripetibile perché siamo fermi e ogni potere è indebolito. Quando ripartiremo vogliamo farlo con le nostre regole, quelle della gente comune di tutto il mondo. / Ida Korch
Cara Ida,
mi sembra giusto pubblicare per intero la sua lettera perché credo esprima efficacemente le riflessioni di molti, se non di tutti, i lettori che si ritrovano nella «Stanza del dialogo». Un luogo dove abbiamo imparato a dire «noi» uscendo dallo spazio angusto dell’Io e del Mio.La possibilità di narrare e condividere i fatti della vita ci fornisce un «occhio in più» su noi stessi e sul mondo, proprio lo sguardo che lei utilizza per lanciare un appello alla responsabilità collettiva. È giusto e opportuno ascoltare gli esperti, i politici, gli amministratori… gli artisti che, come dice Freud , «sulla via delle verità ci precedono sempre», ma ci siamo anche noi, semplici cittadini, tra le persone da interrogare e ascoltare.La responsabilità che ci compete non ha a che fare soltanto con la professionalità, col fatto di essere insegnanti, giornalisti, medici o operai ma anche e soprattutto sulla comune appartenenza all’umanità. Di Ida non sappiamo nulla, la sua lettera non ci dice chi è, che lavoro fa, se è giovane o vecchia, ricca o povera, più o meno acculturata e noi non abbiamo bisogno di saperlo. Parlano per lei le sue parole.
È significativo che le prime siano dolore, amore e gratitudine, tre termini che in sintesi descrivono l’epoca che stiamo vivendo, l’ombra e le luci che l’attraversano. E Ida suggerisce subito di accentuarne gli aspetti positivi perché il «dopo» è alle porte e non abbiamo tempo da perdere. Approfittiamo di questa pausa della storia, ci esorta, per volgere lo sguardo al passato prossimo trasformando critiche e malcontento in proposte e progetti. Non si tratta di un rimuginare da soli, nel chiuso delle nostre stanze, ma di approfittare delle Rete, che tutti collega, per elaborare un pensiero collettivo, volto al bene comune. Da parte mia suggerisco di coinvolgere anche ragazzi e ragazze perché la giovinezza è l’età dell’irrequietezza, del pensiero creativo, della visione utopica. Purché, è sempre Ida ad avvertirci, sappiano procedere, facendo tesoro dell’esperienza, «settore per settore, argomento per argomento», evitando proclami generici e astratti.Interrogare il passato per delineare il futuro è il compito da sempre affidato alla storia ma sappiamo che il passato può essere manipolato per cui occorre innanzitutto scegliere gli ideali ai quali riferirci senza lasciarci travolgere dalla paura e dalla fretta.
L’emergenza ha portato alla luce potenzialità sconosciute, come la solidarietà, la cura, l’attenzione all’altro, il sacrificio di sé. Ma, come ho già avuto modo di scrivere, credo non si cambi definitivamente per necessità ma per intima convinzione.