Il diavolo, il santo e il somaro

/ 04.12.2017
di Cesare Poppi

San Nicola di Bari/è la festa dei somari. Così recitava – o cantava – un motivetto ormai sconosciuto ai più che gli scolari della pianura padana ripetevano ad libitum a partire dalla vigilia del 5 dicembre e per tutto il giorno successivo. Difficile stabilire per quale motivo il Santo forse più venerato della cristianità Orientale sia divenuto patrono degli scolari, altro che per il fatto di avere nel suo palmares resuscitato tre fanciulli (in età prescolare? Chi può dirlo?) macellati e messi in salamoia da un commerciante che intendeva venderne la carne. Il rapporto scolari/somari è ovvio peraltro oltre la rima, mentre non è affatto ovvio che il vostro Altropologo preferito riuscirà a procurarsi un somaro (vero) entro domani 5 dicembre.

In gergo antropologico la chiamano «osservazione partecipante». Si tratta della pratica per cui il ricercatore si immerge completamente nella comunità ospite e prende parte attiva agli usi e costumi della stessa. Il risultato è spesso molto imbarazzante – capirete – e più di un aspirante alla professione gliel’ha «data su» – al termine di performance partecipanti e disastrose che hanno aperto la via per altri mestieri. L’Altropologo invece no: la sera del 5 dicembre vestirà i paramenti vescovili del Santo anatolico e – sconosciuto ai bambini della comunità che lo ospita – distribuirà benedizioni, doni e qualche punizione tantoper, altrimenti che San Nicola è?! Accompagnato dall’Angelo, dal fedele servitore che quassù ha perso anche il nome che gli abitanti delle Terre Basse indicano in Knecht Ruprecht ma non dal peraltro canonico Diavolo e forse nemmeno dal somaro.

Partiamo dall’ultimo del quintetto. Un paio di anni fa il somaro c’era. Nel momento però in cui San Nicolò aveva steso la mano per prendere i doni dalla gerla del basto asinino, il somaro aveva tentato di azzannargli una mano, rimediando così un sacrosanto cazzotto a tutta forza sulla fronte da parte di un San Nicolò non proprio in linea con la sua leggendaria (e sacrosanta) mitezza e decisamente a rischio della disastrosa performance di cui sopra. «Così impara a comportarsi da cristiano», aveva glossato l’Altropologo, alias San Nicolò alias Osservatore Partecipante, alla notizia che il somaro in fabula era stato più tardi sbranato da uno dei primi lupi a farsi vivo da queste parti. Da queste parti gli asini/somari sono stati introdotti di recente da una popolazione montanara, in età crescente e non più in grado di falciare i prati, per tenerli un minimo puliti dal bosco sempre più invadente. Il problema è che lo «stracotto di somaro» è un piatto tipico della tradizione veneta di queste plaghe. I somari vengono importati dai paesi dell’Est col risultato che dopo un paio di stagioni passate a brucare erba buona sono grassi al punto da essere appetibili tanto dai ristoratori quanto – oggi – dai lupi. Da qui la suddetta incertezza riguardo alla partecipazione del quadrupede.

«No, il Diavolo no! Qui da noi non c’è mai stato e non ci sarà mai. Perché! Perché spaventa i bambini». Così decretava la insindacabile leader in materia rituale della comunità (donna) qualche anno fa quando il vostro Altropologo (alias Osservatore alias San Nicolò) faceva notare come – per par condicio, correttezza filologica e completezza antropologica – se c’è l’Angelo deve esserci ex officio pure il Diavolo. Strano destino quello che Diavolo nei rituali associati a San Nicola in tutto l’arco alpino. Il processo di «secolarizzazione/globalizzazione» che ha visto negli ultimi trent’anni la rivisitazione di una serie di pratiche rituali della tradizione popolare ha visto l’innescarsi a livello globale di dinamiche culturali che hanno prima stravolto il significato della ritualità tradizionale per poi re-iscriverle in nuovi contesti di segno diverso se non diametralmente opposto. La tradizione della mascherata di San Nicola ha il suo nucleo nelle aree di cultura tedesca non incluse nella Riforma. Qui il protocollo prevede che il 5 dicembre i krampus mascherati si scatenino per le strade del paese, liberi di provocare caos ed infliggere «punizioni» alla popolazione «sul filo del coltello fra la lettera e lo scherzo». Venuta la sera, con la comparsa del Santo e dell’Angelo, i diavoli venivano assoggettati e «addomesticati» da San Nicola: «il Bene vinse sul Male». 

Se questo è ancora il caso nei contesti rituali più conservatori, altrove ed in generale la tendenza è che i krampus si mettano in proprio, per così dire. Negli ultimi decenni, liberatisi dalla controparte vincente «buona», e resuscitati assieme a zombi, vampiri, streghe e quant’altro vomitato da un inferno al quale non crede più nessuno ma del quale una tarda modernità a dir poco confusa e regressiva sente tanta infantile nostalgia, i krampus invadono oggi – ormai egemoni e senza rivali – le notti di Halloween, che della tarda modernità sono l’espressione mimetica e globalizzata. Chissà se il Vostro San Nicola riuscirà più a trovare un diavolo – piccolo e scalcinato che pur sia – e un somarello, magro che pur sia, per ricomporre il quintetto-base del 5 dicembre almeno in una particola – seppur remota – dell’orbe globalizzante.