Il declino non è inevitabile

/ 21.06.2021
di Orazio Martinetti

I dati indicano che la lunga marcia attraverso il deserto pandemico volge al termine, almeno nell’Europa occidentale. Nel giro di pochi mesi i ricercatori sono riusciti ad approntare una batteria efficace di vaccini. Anche se la curva dei contagi dovesse risalire con l’arrivo della stagione fredda, è poco probabile che raggiungerà i picchi che abbiamo conosciuto finora. Cento anni or sono, l’influenza nota sotto il nome di «spagnola» fece in Svizzera circa 25mila vittime, su una popolazione totale di 3 milioni e 800mila anime (0,65%); dal marzo dell’anno scorso il Covid-19 ha stroncato meno di 11mila vite, su una popolazione di oltre 8 milioni e 600mila (0,12%). Il sistema medico-sanitario ha dunque retto, dopo un primo, comprensibile smarrimento, dovuto all’alta letalità del virus, le cui origini non sono state ancora chiarite. Certo, è difficile confrontare le due epoche, sia sul piano del contesto generale, sia sul piano del progresso medico. Nel 1918 la «spagnola» si diffuse in un paese rimasto integro ma prostrato dall’incertezza sull’esito della guerra e da opprimenti ristrettezze economiche: situazione che acuì i contrasti sociali, poi sfociati nello sciopero generale del novembre. Niente di tutto questo si è registrato nel biennio 2020-2021: nessun blocco delle importazioni e nessun sogno rivoluzionario alle viste; solo un’inquietudine su un modello di sviluppo che sembra distruggere le basi su cui ha prosperato.

L’inquietudine circola soprattutto tra i giovani che manifestano per la salvezza del pianeta; ma come definire questo stato d’animo, come circoscriverlo? Una risposta la fornì, proprio un secolo fa, un saggista tedesco, Oswald Spengler, il quale – tra il 1918 e il 1922 – diede alle stampe un grosso volume intitolato Il tramonto dell’Occidente. In quest’opera enciclopedica, che all’epoca conobbe un enorme successo, l’autore tracciava una parabola che avrebbe condotto i paesi occidentali al crepuscolo. Tra le cause della decadenza Spengler annoverava il progressivo regresso delle nascite, un fenomeno che si era inserito come una tara nella vita di coppia. La principale causa era da ricercarsi nell’emancipazione femminile avvenuta nel passaggio dalla comunità rurale alla società industriale: «La donna originaria, la donna del contadino, è madre. Tutta la sua vocazione bramata fin dalla fanciullezza è chiusa in questa parola. Ma ora appare la donna di Ibsen [Henrik Johan, drammaturgo norvegese, famoso per Casa di bambola], la compagna, l’eroina di una tipica letteratura da grande città che va dal dramma nordico al romanzo parigino. Queste donne invece di figli hanno conflitti psichici, il matrimonio per esse è un problema d’arti applicate, l’essenziale è la “reciproca comprensione”».
La diagnosi di Spengler non rimase lettera morta. La prospettiva che la «razza ariana» fosse in procinto di scomparire, incalzata da «razze» più giovani, vigorose e soprattutto più prolifiche, ispirò una serie di misure volte ad incrementare la natalità. Penalizzato era chi non poteva procreare (tassa sul celibato); veniva invece premiato chi era in grado di mettere al mondo una prole numerosa. La minaccia da contrastare, come recitava un significativo volumetto pubblicato nel 1928 con prefazione dello stesso Spengler e di Mussolini, era «regresso delle nascite: morte dei popoli». Solo un organismo demograficamente vitale avrebbe potuto affrontare con successo la lotta per la sopravvivenza.

Oggi ragionamenti simili su base razziale non hanno più cittadinanza, almeno nelle politiche per la famiglia. E tuttavia non manca mai chi mette sotto accusa la donna-lavoratrice, la donna-emancipata, colpevole di anteporre la carriera al suo destino «naturale» di moglie e madre. Segnali in questo senso sono emersi anche nel nostro piccolo Ticino, dopo che le statistiche hanno rilevato tendenze demograficamente preoccupanti per i prossimi anni. Urge quindi intervenire, ma non nel senso auspicato da Spengler e dai suoi discepoli in camicia nera. Infatti non in tutte le aree dell’Occidente industrializzato il rapporto nascite-decessi ha assunto la traiettoria osservabile nel nostro cantone o nella vicina Italia. Chi nel tempo ha saputo sviluppare un «welfare» modulare, con strutture adeguate ai bisogni delle famiglie (asili non intesi come semplici parcheggi, aiuti finanziari mirati, sgravi fiscali) guarda ora al futuro con maggiore serenità.