Il ritornello riecheggia quotidianamente. Il Ticino si trova in fondo a molte classifiche. Ci sono, per fortuna, dei bastioni di resistenza che fanno del nostro cantone, un’isola quasi felice. Un luogo in cui la creatività e l’intraprendenza dei singoli, sopperiscono al comprensibile vittimismo della collettività. Penso alla cultura. Penso allo sport. Non mi occupo qui della prima. Basta però ricordare fenomeni consolidati come Il Festival del Film di Locarno, e tutto il resto che tra cinema, teatro, musica classica, jazz, danza, arti figurative, poesia e narrativa ci pone ogni giorno nelle condizioni di poter scegliere fra più opzioni.
Lo sport non è da meno. Non sto a rivangare il fatto che in Ticino, nelle varie discipline abbiamo una decina di squadre d’élite. Fanno oramai parte di un inventario della resistenza. Penso piuttosto a quelle manifestazioni estemporanee, che stanno piano piano mettendo radici nel tessuto connettivo del paese. L’ultima ad andare in scena in ordine di tempo è il Gala dei Castelli di Bellinzona. All’interno di uno stadio messo in discussione per la disputa di partite di calcio di Lega Nazionale, un gruppo di entusiasti è riuscito ad allestire un meeting di atletica leggera che ha poco da invidiare al prestigioso circuito mondiale della Diamond League. Quanti campioni mondiali e olimpici hanno calcato le pedane e le piste del Comunale negli ultimi anni? C’è da perdersi nel contarli. Credo che l’organizzazione bellinzonese sia uno degli elementi che hanno contribuito al rilancio della disciplina nel cantone. Non dimentichiamo che due gemme del nostro movimento – Ajla Del Ponte e Ricky Petrucciani – hanno cominciato a sgambettare a sud delle Alpi. E dietro di loro ci sono altri virgulti che scalpitano.
L’equazione «modello da imitare = promozione di un’attività» è quasi sempre valida. Lo è stata e lo è per la Mountain Bike. Nel 2003 un manipolo di coraggiosi pensò di organizzare un Campionato del Mondo sulle pendici del Tamaro. Oggi ci ritroviamo con due floridissimi club (Monte Tamaro e Capriasca) che possono contare su una ricca e solida base di giovani corridori, e altri che piano piano stanno crescendo. Si parlava in apertura di creatività e intraprendenza. Non a caso il club della valle del Vedeggio, nel quale è cresciuto e si è consolidato Filippo Colombo, vicecampione del mondo dello Short Track, due anni fa, in poco più di due mesi di lavoro, in piena pandemia, era riuscito ad allestire un’edizione dei campionati Europei da leccarsi telaio, cambio e copertoni.
Ci sono purtroppo le eccezioni. Gli sforzi profusi da Ticino Cycling con il recente GP Ticino, e quelli del Velo Club Lugano, con l’omonimo Gran Premio trasformato in un criterium cittadino nobilitato da grandi firme, non stanno creando proseliti. Ma quello del ciclismo su strada è, ahinoi, un problema di difficile soluzione del quale già abbiamo scritto.
Per aumentare lo slancio di questa macchina organizzativa, che anno dopo anno si sta professionalizzando, non basta l’entusiasmo dei singoli. Serve il sostegno delle istituzioni. Un sostegno concreto, cha vada oltre le abituali parole di plauso durante i discorsi inaugurali. Serve il sostegno del mondo dell’imprenditoria e della finanza. Soprattutto là dove gli affari vanno a gonfie vele. È vero che il nostro territorio è poco più vasto di un fazzoletto, tuttavia, nel pianeta globale e digitalizzato, il marchio di Lugano, Locarno, Bellinzona, può fare il giro del mondo impiegando molto meno di ottanta giorni. È una questione di coraggio e di fiducia.
Per risalire le classifiche bisogna osare. Bisogna insistere nel far crescere manifestazioni che possono offrire da un lato occasioni di svago, dall’altro opportunità per acquisire un mestiere. Se poi si riuscissero ad abbattere gli steccati regionali, distrettuali, comunali, si potrebbe persino ipotizzare la formazione di un pool di professionisti che lavorano, da Chiasso ad Airolo, per 365 giorni all’anno… fatti salvi, ovviamente, i giorni di riposo e le vacanze.