La sera del ventinove dicembre 1928, al sei dell’avenue du Théâtre a Losanna, con la proiezione del film La conquête dramatique du Cervin, viene inaugurato il cinema Capitole. A caratteri corsivi in neon rosa su sfondo turchese scuro, l’insegna di questo glorioso cinema – battezzato con il nome di uno dei sette colli di Roma dove sorgeva il tempio di Giove – si riflette stasera sulla strada lucida di pioggia. Sotto, in nero su una striscia luminosa lattescente, a caratteri componibili dal gusto retrò, si legge VERNISSAGE DVD LAUSANNE. Una scelta di filmati su Losanna, raccolti in numero hemingwayano (quarantanove) in un divudì, sono in programma alle sette. Serata-arrivederci in onore di questa sala che diventerà, dopo il restauro, il nuovo tempio della rinomata Cinémathèque suisse fondata qui a Losanna nel 1948. Dal 1949 al 2010 il cinema Capitole di Losanna (493 m) è stato la vita di Lucienne Schnegg (1925-2015): straordinaria protagonista tenace e buffa del bel documentario di Jacqueline Veuve intitolato La petite dame du Capitole (2005). Sopravvissuto alla morìa dei cinema grazie alla caparbietà e dedizione di questa petite dame, entro così lunedì sera nove dicembre al Capitole. Riconciliato per merito di una cioccolata calda in rue Enning poco fa, dopo aver vagato nella tempesta, m’infilo d’istinto in balconata. E in largo anticipo, dopo secoli che non vado più al cinema e proprio di lunedì che è sempre stato per me e per molti altri ragazzi un tempo il giorno del cinema perché costava meno, sprofondo in una delle poltrone in prima fila. Al centro, nell’angolo sinistro.
Le prime impressioni sul campo superano di gran lunga le aspettative dello studio. Il rosso scarlatto delle poltrone è ombroso e accogliente, la luce proviene solo dalle pareti zigrinate color meringa. Distribuita parsimoniosa alle estremità delle mura, per via di fonti nascoste che formano dei sottili fili luminescenti, il resto della luce è compito di quattro lampadari parietali in platea composti da grappoli di dodici corna a rovescio. E due qui in balconata, uno per parete, con sei corna o coni ciascuno. Il parapetto in ottone corre ondivago, intrecciandosi attraverso un motivo a mandorla. Non sono l’unico ad assaporare la pace prima dei film, qualche spettatore è seduto qua e là giù in platea. Una coppia anziana mi tiene compagnia qui in balconata, dove si può apprezzare al meglio la bellezza di questa grande sala costruita dall’architetto Charles Thévenaz (1882-1966) e rinnovata nel 1959. Ottocentosessantasette posti, millecento ai tempi d’oro, quando c’erano, pare, poltrone in velluto rosa. Un sogno, penso, vedere un giorno qui le retrospettive della cinémathèque. Guardando in alto l’azzurro slavato del soffitto spero non venga rinnovato troppo, ma credo non poteva finire in mani migliori. Sul palco, un pianoforte la dice lunga sulla serietà della serata. Una volta lì c’era un organo da cinema accessoriato per gli effetti sonori: tuoni, spari, capitomboli.
Il clown Grock si è esibito qui riempiendo la sala, come Jean-Paul Sartre nel 1946, in occasione di una conferenza sull’esistenzialismo. Ma mai si era vista una folla come quella accorsa per vedere Il giorno più lungo (1962) con una coda che intralciava il traffico. Mentre tutta la sala solo per lei era consuetudine della regina Eugenia di Spagna che si faceva accompagnare in cadillac, il giorno stabilito, alle cinque in punto. Ma la vera star del Capitole rimane E.T. Record di spettatori in assoluto: ottantaquattromilaseicentoquarantonove in quattordici settimane. La sera della prima di E.T., il dieci dicembre 1982, Lucienne Schnegg raccolse da sotto le poltrone, ottanta cicche appiccicate. Con le lacrime agli occhi, ogni sera, la piccola dame du Capitole sperava di tutto cuore che l’extraterrestre più amato di tutti i tempi ritornasse sulla terra, un giorno. Per ora ci sono i discorsi di presentazione di Frédéric Maire, Grégoire Junod, Roland Cosandey – direttore della cinemateca, sindaco di Losanna, storico del cinema –che non citano, non posso non dirlo, Lucienne Schnegg. Timoniera intrepida che ha salvato intatto, dal naufragio certo tra gli squali delle multisale o gli immobiliaristi senza scrupoli, questo magnifico cinema. Almeno hanno il pregio non superare di molto la mezzoretta e non sono troppo noiosi. La sala, quasi piena di un pubblico di una certa età, applaude. Le emozioni vere incominciano però con lo spezzone di uno che spacca la legna nell’inverno 1896, in place Saint-François, accompagnate dalle note dal vivo di Enrico Camponovo al pianoforte. Sono immagini mute del repertorio dei fratelli Lumière e durano cinquantanove secondi. Tre minuti e dodici secondi riassumono poi un’antica sconfitta della Svizzera contro la Cecoslovacchia per quattro a uno. Un colpo al cuore mi viene a vedere la distruzione della villa Courvoisier che c’era qui dove siedo ora e la costruzione del «più bel cinema di Losanna». Commovente il ritratto tormentato e comico di Losanna commissionato a Jean-Luc Godard dal titolo Lettre à Freddy Buache à propos d’un courtmétrage sur la ville de Lausanne (1981). Rinuncio al rinfresco, corro a prendere il penultimo battello per Evian-les-Bains. Dove pernotto e ho scoperto solo oggi per caso, camminando sul lungolago sotto la pioggia, dell’esistenza dell’opulenta casa di vacanza dei fratelli Lumière.