Il casone dei sette morti

/ 22.10.2018
di Cesare Poppi

Quello che avevano chiamato Paron Toni aveva posato le carte sul tavolo, capovolte in modo da poter riprendere la partita di briscola qualora avesse deciso. Giocare toccava a lui e dunque il gioco per ora si sarebbe fermato lì. Uno sguardo d’intesa veloce e poi anche gli altri tre giocatori avevano fatto altrettanto. Le partite di carte, come quelle di calcio, non si interrompono se non per motivi gravi, a ragion veduta. Tantomeno al Circolo Pescatori Anziani di Pellestrina, nella laguna Sud di Venezia, dove i mazzi si usurano in fretta giocati quotidianamente da mani artritiche, antiche e nodose, scrutati da occhi liquidi da cataratta che nemmeno riescono a cogliere i segnali del compagno di giochi e così non si litiga.

«Così volete che vi racconti quella del Casone dei Sette Morti?». La conferma era diretta ai due componenti l’equipaggio di Cèmare, una barca a vela in transito per Venezia, appena ormeggiata al pontile antistante il Circolo. Il brusio dei giocatori nella sala affollata era improvvisamente cessato, così come in laguna cade il vento, la sera e tutto attorno abbonaccia per la notte. «Vedete – cominciò Paron Toni – quella del Casone non si racconta spesso e nemmeno volentieri. Non so chi ve ne abbia parlato e nemmeno voglio saperlo. Ma visto che siete forestieri e siete arrivati in barca allora... allora per una volta... Insomma i nostri vecchi raccontavano di questo bragozzo veneziano che era uscito per pescare in laguna in un giorno di feste comandate: Paron Zuane non aveva paura di niente, nemmeno di nostro Signore, e pur di fare quattro schei in più avrebbe venduto l’anima al demonio. Avevano a bordo un putelin – un ragazzino che serviva da mozzo, uno che vuoi perché era proprio troppo giovane vuoi perché voglia di lavorare ce n’era poca – insomma se ne stava sottocoperta a giocare con un certo suo cagnolino. Bon: Paron Zuane ordina la prima calata e la rete pesa e pesa come se ci fosse dentro una balena... Macché: piena della solita sardella ma... ma... sotto le sardelle non c’era un cadavere di cristiano mezzo mangiato dai granchi? A quei tempi pescare un cadavere in laguna non era meraviglia: fosse un suicida, fosse un pescatore caduto in acqua con la burrasca, fosse pure un forestiero assassinato – sì proprio uno come voi che non c’erano mica i telefonini che ti trovano anche se stai all’inferno (occhiata storta del vostro Altropologo preferito al suo compagno) – ovvero accoppato in qualche calle di Venezia e buttato in un canale... insomma lo tirano dalla rete e lo mettono a prua nascosto sotto una cerata. Arriva un temporale, uno di quelli brutti che per via dell’acqua corta in laguna le onde sono peggio che in mare. Insomma Paron Zuane decide di andare a passare la notte in un casone – quelle costruzioni antiche in mezzo alla laguna dove andavano un tempo cacciatori e pescatori a fare le loro cose... Là in fondo – vedete?! Laggiù proprio dove tramonta il sole proprio adesso?! Proprio dietro al mio dito... Arrivano – Paron Zuane e i suoi sei marinai di equipaggio più il putelin con il suo cagnolo – si sistemano in questo casone che veniva giù, a pezzi, spaccano due travi e cominciano a fare polenta. Tirano fuori il vino e dopo due bevute decidono di fare uno scherzo al mozzo. “Non hai fatto niente fino adesso... tu: adesso vai a bordo a svegliare un nostro amico che sta dormendo a prua e digli che la cena è pronta!”. Il mozzo a malincuore esce nella burrasca e torna a bordo del bragozzo. “Paron Zuane! Il vostro amico non vuole svegliarsi!!! Cosa devo fare!?”. Risate avvinazzate dal casone: “Insisti, insisti – che sennò scaravento il tuo cagnolo in mare!”. Silenzio. Vento di bufera. Poi: “Paron Zuane! Paron Zuane! Ho pregato Dio per il mio cagnolo e il vostro amico si è svegliato! Buttate la polenta che stiamo arrivando a cena!”».

A Pellestrina si racconta che dopo sette giorni trovarono i sette pescatori del bragozzo morti, bocche ed occhi stravolti in posizioni strane. Il putelin sembrava strano e non parlava più. Anni dopo gli morì il cane che lo seguiva ovunque andasse ad elemosinare quel poco che gli passavano per pietà che era stato il solo a tornare vivo dal Casone dei Sette Morti. Mi chiedete come si faccia a sapere cosa sia successo al Casone dei Sette Morti dal momento che sono tutti morti e l’unico tornato è venuto fuori matto?! Ma possibile che voi marinai della domenica non capiate?! È che per tutta la vita il putelin ogni tanto gli veniva di parlare e quando parlava diceva che bisognava andare a messa ma non solo la Domenica e che i cani anche loro sono cristiani anzi meglio e che i morti bisogna lasciarli dove sono... Insomma: avete capito o no com’è andata al Casone dei Sette Morti, sacramento?!».

Dato il 16 ottobre 2018 all’ancora notturna all’isola di Poveglia, laguna Sud di Venezia. Dove un tempo si confinavano i pazzi. E ora, deserta, ancorano ma per una notte soltanto gli Altropologi. Buon vento a tutti!