Il Café de Paudex

/ 16.01.2023
di Oliver Scharpf

Alle dieci e quarantanove, un mattino verso la metà di gennaio, due vecchietti bevono un bianco seduti a un tavolino del Café de Paudex (380 m), piccolo comune che costeggia il Lemano per cinquecento metri, tra Pully e Lutry, e trae il nome dal riale Paudèze. Il lambris di legno, fino all’altezza degli occhi, percorre tutto il locale ed è forse il tratto distintivo più importante di questo tipo di vecchi bistrò vodesi quasi del tutto estinti, il cui termine giusto sarebbe pinte. In origine unità di misura, variabile da Parigi al Québec, utilizzato da queste parti perlopiù per il vino bianco, è finito, non si sa bene come, per definire, nel Vaud, questi caffè rustici. «Un patrimonio in pericolo» come metteva in guardia il sottotitolo di Pintes vaudoises (2005) a cura di Gilbert Salem e Dominique Gilliard, repertorio di cinquantacinque pintes meritevoli, alcune nel frattempo scomparse o stravolte, tra le quali, non poteva mancare questo luogo a misura d’uomo dove bevo un espresso e leggo i giornali.

Le général et les Gashi veillent sur Paudex titolava un articolo apparso sul «24 heures» un paio di anni fa, a proposito proprio del Café di Paudex che alcuni vecchi frequentatori chiamano amichevolmente Chez Germaine per via di Germaine Genoud, indimenticata patronne di un tempo. Il generale è il generale Henri Guisan (1874-1960), il cui ritratto appeso, svanito ormai quasi dappertutto, è anche uno dei tratti distintivi della bistrografia vodese. I Gashi sono i fratelli Dani e Masar Gashi, i salvatori kosovari di questo posto ultrasecolare, preservato grazie alla loro sensibilità di capire l’anima di questo caffè paesano risalente al 1894. Dani Gashi, ex cameriere qui tra il 2002 e il 2008 – all’epoca della gestione di Bernard Bovey che gli ha rivelato i segreti della fondue – e da più di dieci anni il patron, mi dice che è lui stesso ad aver rimesso al suo posto il generale. Era già stato messo alla porta ma lui, per rispetto alla tradizione, l’ha riappeso. Non è il solito ritrattino a mezzo busto con il cappello tipo képi, qui in questa saletta di otto tavoli, il général Guisan, veglia a figura intera. Sempre in uniforme ma con il copricapo in mano e l’altra appoggiata alla spada, con scioltezza, come se fosse un bastone. Un général Guisan più colloquiale forse, alla mano, vigila alla mie spalle, sopra il banc des syndics. La panca dei sindaci come è stata soprannominata la panca all’angolo. Un’usanza a Paudex vuole che i sindaci, da centoventinove anni, ogni tanto si siedano lì a discutere. Lì dunque si sedeva Henri Delamuraz, garagista e sindaco di Paudex per vent'anni nonché papà di Jean-Pascal Delamuraz (1936-1998), ex consigliere federale che per me è sempre stato uno dei pochi politici dall’aria simpatica.

Aspettando l’ora di pranzo sorseggio un Virgin Mary. Succo di pomodoro che condisco ora con gocce di tabasco, limone, e una macinata di pepe bianco (versione spensierata del Bloody Mary, stesso cocktail ma con la vodka). Un aiuto cuoco apre la porta delle scale verso la cantina, accanto al bancone subito all’entrata, sopra il quale è sospesa una light-box insegna della birra Cardinal (1788) con il logo dei due compari in costumi settecenteschi che brindano con un boccale sopra il barilotto. Sprazzo sorpresa, per le scale. Per un attimo, mi stupisce un affresco mezzo cancellato. Vado a indagare. È un diavolo dipinto che coglie alle spalle un oste senza fiato. A fatica decifro la scritta, traducibile come il diavolo cerca il bertoldo che mescola il vino con l’acqua. Il signor Gashi accende il fornellino d’epoca, in rame, sotto al classico caquelon rosso con dentro la fondue moitié-moitié. Man mano la saletta si è riempita, ora chi entra prosegue nella seconda saletta, una volta era l’épicerie tenuta da Nelly Krending, altra nota ex patronne alla quale si deve la ricetta del mélange speciale di fondue, una moitié-moitié con l’aggiunta di Tilsiter e Appenzeller. Io però nella vita tendo a togliere, e la moitié-moitié (si sa, ma non si sa mai: metà Gruyère metà Vacherin) è già imbattibile così, nella sua semplicità. Come il commovente portagiornali di legno, a scomparsa, all’entrata, con sette spazi rettangolari dove trovano posto i bastoni, purtroppo inutilizzati, per affrancare i giornali. Il pane è soffice, la fondue impeccabile, la boiserie lemanica a fianco scalda il cuore di continuo.