Gentile Botticelli, ho sentito parlare molto male degli esaltatori di gusto «artificiali» (ne esistono di naturali?) come di sostanze che «stimolano» la comparsa di intolleranze alimentarie varie. Possibile? / Ivan
Gentile Ivan, intende forse gli esaltatori di sapidità? Quegli additivi utilizzati nel settore alimentare per migliorare le caratteristiche dei prodotti finiti con l’obbiettivo di ottimizzare o potenziare il sapore degli alimenti? Negli anni passati ci si è praticamente accaniti su questo argomento, in particolare sul Glutammato Monosodico, il più conosciuto.
Si tratta di una polvere dalla tipica colorazione bianca cristallina, che si ricava a partire dall’acido glutammico, il quale corrisponde a un amminoacido non essenziale rintracciabile con grande facilità in natura, in particolare negli alimenti ad alto contenuto proteico come i latticini, la carne, il pesce e in molte verdure. Il corpo umano produce anch’esso glutammato e svolge un ruolo essenziale nel normale funzionamento del corpo.
Il glutammato monosodico aggiunto agli alimenti agisce come un esaltatore di sapori e aggiunge un quinto gusto (ricordiamo i canonici quattro: amaro, acido, salato, dolce), chiamato «umami», che è meglio descritto come un gusto salato, simile al brodo o alla carne. Nell'Unione europea, il glutammato monosodico è classificato come additivo alimentare (E621) e sono in vigore norme per determinare come e quando può essere aggiunto agli alimenti. Normalmente viene aggiunto agli alimenti salati e trasformati come alimenti surgelati, miscele di spezie, zuppe in scatola e secche, condimenti per insalate e carni o prodotti a base di pesce. In alcuni paesi, come la Svizzera, è usato come condimento da tavolo, nel «nostro» Aromat per esempio.
Il suo consumo è stato associato non solo a reazioni di ipersensibilità, note anche come «sindrome del ristorante cinese», ma anche a una maggiore sensibilità al dolore, a dermatite atopica fino alla cardiotossicità, epatotossicità, neurotossicità, infiammazione di basso grado, disordine metabolico, alterazioni premaligne, insieme a cambiamenti comportamentali e tanto altro ancora.
Per capire quanto di vero ci fosse in tutto ciò è stata fatta, nel 2019 (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31920467/), una revisione della letteratura disponibile, da parte di un gruppo di ricercatori, con lo scopo di esaminare studi preclinici e studi clinici riguardanti gli innumerevoli presunti effetti avversi. Essi si sono anche proposti di fornire una panoramica completa dei possibili rischi segnalati che potrebbero potenzialmente sorgere in seguito all’esposizione cronica del glutammato monosodico. Inoltre, hanno valutato criticamente la pertinenza di questi dati per l’assunzione umana dietetica.
L’analisi critica della letteratura esistente, stabilisce che molti degli effetti negativi sulla salute riportati al glutammato monosodico hanno poca rilevanza per l’esposizione umana cronica e sono poco informativi in quanto si basano su un eccessivo dosaggio che non soddisfa i livelli normalmente consumati nei prodotti alimentari. Hanno anche rilevato diversi difetti metodologici, che li hanno portati a concludere che questi studi accusatori hanno una rilevanza limitata. Per quel che concerne l’ipersensibilità o i collegamenti del suo utilizzo con una maggiore sensibilità al dolore e alla dermatite atopica hanno anch’essi dimostrato di avere poche prove a sostegno.
Potrebbe esistere un’allergia a tale sostanza ma come a molte altre, quindi se ogni volta che una persona va a mangiare cinese soffre poi di male alla testa o sente un intorpidimento a livello del collo o una sensazione di costrizione al petto o altra sintomatologia è bene che faccia mente locale di tutto quello che ha consumato e ne discuta poi con il proprio medico di famiglia per capire se esiste una correlazione col glutammato monosodico oppure con altri allergeni (soia, eccetera) che magari ha ingerito quella sera.