Una doverosa premessa: la città di Torino è la capitale italiana del tango argentino con cinque scuole di altissimo livello. Perciò non ci sorprende sapere che Felice Pautasso, da quando è in pensione, dedica tutto il suo tempo alla grande passione della sua vita: fare il tanghèro.
Per ballare bene il tango è meglio essere in due, ma per Felice non è mai stato un problema. L’idea di andare a ballare con la Pinuccia, sua legittima consorte da ben 38 anni, non l’ha mai presa in considerazione. Quando la vede ciabattare per casa, Felice pensa a un’auto con l’avantreno squassato da un tram e che nessuna magia di carrozziere riuscirà mai più a rimettere a posto. Con questo non è che invochi per la sua signora la rottamazione, ma il tango è un’altra cosa. Purtroppo le donne sono strane, hanno le loro fisime e Felice è perfettamente in grado di prevedere le reazioni della Pinuccia se lui le manifestasse l’intenzione di trascorrere tutti i suoi pomeriggi a ballare il tango. Per evitare rogne ha deciso di dire alla Pinuccia che andrà a giocare a bocce, ma non può uscire di casa indossando giacca e pantaloni blu, camicia bianca, cravatta a pallini rossi, scarpine nere e lucide. Eccolo salutare la moglie in jeans, polo sportiva, giubbotto, scarpe da ginnastica, tenendo in mano una retina con due belle bocce di bronzo, costate una fortuna. Dalla cassiera della sala da ballo ha ottenuto, in cambio di un piccolo mensile, l’utilizzo del suo sgabuzzino dove può tenere vestito, camicia e scarpe e cambiarsi: entrare crisalide e uscire farfalla, sia pure una farfalla con una pelata a malapena coperta da un lungo ciuffo di capelli che l’attraversa da un lato all’altro, incollata al cranio da uno strato di gel.
Nel vortice della danza Felice si trasforma e volteggia instancabile e preciso. Le signore con la ciccia strizzata nella guaina, il vestito aderente, il filo di perle, le scarpine di raso, lo chignon saldamente avvitato in testa, fanno a gara per essere scelte come dame da un tal ballerino. E così, ballando ballando, di pomeriggio danzante in pomeriggio danzante, attorno a Felice si crea un circolo di fedelissime seguaci che se lo contendono. Ma lui resiste, non si lascia chiudere in gabbia: ballare è bello se puoi a ogni giro cambiare ballerina, senza l’obbligo di invitare quella che tiene in casa il tuo costume. Nel frattempo la Pinuccia, la sua legittima, non è stata con le mani in mano: «Possibile», ha detto al suo Felice, «che, con tutto quel giocare a bocce non vinci mai niente, neanche uno straccio di coppa da mettere in cima al televisore? Il marito della signora del terzo piano gioca anche lui a bocce e ha vinto un trofeo bellissimo che lei mostra e tutti». Nel quartiere c’è un negozio che tiene in vetrina coppe, medaglie, trofei. Felice ci va e compra un oggetto vistoso: una base quadrata sulla quale è poggiata una colonna che regge una boccia. Infligge un’altra vistosa emorragia al suo gruzzolo segreto. Sta per uscire quando il venditore lo ferma: «Aspetti! Dobbiamo incollare la targhetta: cosa ci scriviamo?» Felice è preso in contropiede, non ci aveva pensato. Più in là, sul bancone, c’è un trofeo identico al suo, completo di targa. Felice lo indica: «Ne metta una eguale a quella». Gli dei del tango puniscono chi è troppo sicuro di sé.
La Pinuccia è così orgogliosa del trofeo guadagnato dal suo uomo che lo porta in giro per mostrarlo alle amiche e alle vicine di casa. Compresa quella del terzo piano con un marito campione nel gioco delle bocce. Le due donne sono sul pianerottolo: «Che strano,» osserva la vicina rigirandosi tra le mani il trofeo e leggendo le parole sulla targhetta. «È uguale identico a quello che ha vinto mio marito. Aspetti». Rientra in casa e ne riesce con il suo. Sono gemelli. La donna è stupita: «Oreste non mi ha detto che a vincerlo sono stati in due. Quando torna a casa gli chiedo di spiegarmi il mistero». Dei due mariti il primo a rientrare è Felice che, quando Pinuccia lo aggiorna, si precipita in strada, riuscendo a intercettare il vero campione. Non ha il piacere di conoscerlo ma, raccontandogli la verità e in nome della solidarietà maschile, ottiene la sua complicità. La versione concordata: è stato un errore in buona fede del venditore che ha confuso gli ordini, Felice tornerà nel negozio e farà mettere la targa giusta sul suo trofeo. I due diventano amici, si scambiano i numeri di telefono ma, nel turbine della danza, Felice tiene il suo silenziato. In una pausa scopre che Oreste l’ha chiamato più volte: allarme rosso! Le due signore si stanno recando al bocciodromo per tifare per i rispettivi mariti. Non c’è più tempo per cambiarsi. Felice con un taxi si precipita sul campo da gioco, con il suo vestito blu, camicia, cravatta, scarpini neri e lucidi. Diventando per tutti, da quel giorno, il Bocciatore Tanghèro.