Di intelligenza artificiale, questa sconosciuta, sentiamo parlare spesso. Credo che il più delle volte, mentre ci chiediamo quando cadrà dal cielo e ci colpirà in testa, tendiamo a guardarla, o meglio a pensarla, con un certo scetticismo. «Ma l’intelligenza artificiale è già qui» mi dice Judith Eberl, managing director di JuPantaRhei GmbH e organizzatrice di un executive forum su intelligenza artificiale e business environment il 7 e 8 marzo al LAC di Lugano. In particolare mi racconta di un’azienda in Africa che ha sviluppato un AI tool in grado di imparare dagli esperti all’opera nelle organizzazioni e capace, alla fine, di superare il maestro. L’esperto virtuale è in grado di apprendere processi decisionali e replicarli. Gli utenti a loro volta possono interfacciarsi con gli esperti virtuali tramite input vocali o tastiera. Incuriosita da questa informazione ho fatto qualche ricerca sullo stato dell’arte dell’intelligenza artificiale in Africa e mi sono imbattuta in Babusi Nyoni, un ragazzo di 30 anni, originario dello Zimbabwe con un’esperienza migratoria alle spalle che lo ha portato prima in Sudafrica, poi in Svizzera e infine ad Amsterdam, dove attualmente si occupa di design. Babusi Nyoni è convinto che l’intelligenza artificiale sia sul punto di plasmare lo Zeitgeist tecnologico a livello mondiale. Ha lavorato come UX Designer e Consultant per Thomson Reuters Lab a Cape Town in Sudafrica e per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati a Ginevra. In diversi interventi pubblici ha più volte raccontato come l’intelligenza artificiale possa fare la differenza nelle questioni umanitarie, in particolare nel predire le prossime grandi crisi migratorie.
Ad esempio si può tradurre in un software che durante la finale di Champions League raccoglie tweet sul calcio in giro per il mondo e risponde agli stessi in modo naturale e fluido. Babusi Nyoni ha pensato di convertire questo software intelligente creato per Heineken in un utilizzo socialmente utile. È bastato sostituire i commenti sul calcio raccogliendo e incrociando dati provenienti dalla banca mondiale, dati sulla crescita della popolazione, sulle catastrofi create da condizioni di tempo estreme e la crescita del PIL. L’algoritmo risultato ha mostrato degli andamenti interessanti in grado di rivelare quando un paese raggiunge il suo punto critico determinando una migrazione di massa e come questo sia correlato a fattori come la carestia e un’economia in calo. Con questo nuovo algoritmo il giovane designer e il suo team hanno iniziato a esplorare le possibilità dell’intelligenza artificiale nel contesto Sub-Sahariano, ad esempio in Namibia, con l’intenzione di predire se nei prossimi cinque anni potrà esserci una crisi che porterà ad un fenomeno migratorio importante. Hanno raccolto dati sulla crescita della popolazione e constatato che i numeri degli ultimi anni sono in continua crescita. Li hanno incrociati con quelli del PIL che pure ha avuto una crescita esponenziale e continuerà su questa scia nei prossimi cinque anni. Risultato: la pressione economica nel paese porterà ad una emigrazione di massa da questa regione. La cosa interessante è che questa tecnologia lavora sui dati storici ma anche su nuove informazioni in tempo reale – ad esempio decisioni governative che impattano sulla valuta nazionale o colpi di Stato militari – aggiustando di volta in volta l’algoritmo e le sue previsioni. Non è tutto, il software in caso di crisi imminenti è anche in grado di suggerire strategie e rimedi utili come metodi di agricoltura e fonti di cibo alternativi più rispettosi dell’ambiente oppure, nel caso di politiche che portano ad una riduzione del GDP, può suggerire strategie di lobby in grado di promuovere un cambiamento e proteggere gli interessi delle parti che in via confidenziale dispongono di questi dati.
L’algoritmo per ora è ancora in fase beta, l’idea è di rendere accessibili i suoi codici e di trasformarlo in un tool per governi e organizzazioni.
Intanto ci insegna che quando pensiamo all’intelligenza artificiale dobbiamo elevare il nostro sguardo e vedere oltre le auto senza pilota, i vocalizzi di Alexa e i robot domestici.