Mio nipote Enea mi porta la posta. Una lettera mi rende felice. Enea è curioso, vuole scoprire il motivo di tanta soddisfazione. Tento di spiegarglielo. «La busta contiene la tessera di socio onorario della Quattro A, Associazione Amici di Alessandro Antonelli. È l’architetto che ha progettato e costruito la Mole che da lui prende il nome e che è il simbolo della città di Torino. Da tanto tempo aspettavo questa nomina». I giovani di oggi hanno uno spirito pratico: «A cosa ti serve?». «A niente. Va ad aggiungersi alle altre tessere di socio onorario, mancava alla mia collezione».
«Che senso ha collezionare le tessere di socio onorario?». «Ha il senso di qualsiasi altra collezione: tappi delle bottiglie di birra, soldatini napoleonici, menù dei ristoranti etnici. Un amico colleziona le contromarche che ti danno quando nell’intervallo vuoi uscire da un teatro per poterci poi rientrare. Lui per tenersi la contromarca, è costretto ad assistere solo al primo atto e a farsi raccontare dagli amici come va a finire la commedia. Tu stesso, non ti ricordi? Da piccolo collezionavi le figurine dei Pokemon». «Toccato. Magari le avessi tenute, adesso le più rare valgono oro. Quali sono le altre tessere della tua collezione?». «Sono tante. Sbandieratore onorario del Palio di Asti, socio onorario del circolo della Magia, degli amici delle Bollicine, dei Tram Storici di Torino, del museo del Grande Torino, della Confraternita della Trippa, quella del Bollito Misto, del Baccalà, della Finanziera... Vado avanti?».
«Cosa fai per ottenerle? Fai domanda?». «No, mai, sarebbe controproducente e anche di cattivo gusto. Basta poco per meritarsi la tessera di socio onorario. Tieni una conferenza nella loro sede, scrivi un articolo lodandoli, partecipi alla premiazione dei soci più anziani, accetti di far parte di una loro giuria...».
I giovani hanno uno spirito pratico, vanno al sodo: «Quale vantaggio ricavi?». «Nessuno, ci mancherebbe. Potrei partecipare alle gite sociali organizzate dai circoli che mi hanno voluto come socio, ma mi troverei circondato da persone sconosciute che fra loro si frequentano da quaranta anni. Se vogliamo, un utile, futuro e del tutto ipotetico, ci sarebbe». «Cioè?». «I necrologi. Se mai un giorno io dovessi morire, tutte queste associazioni che mi hanno voluto come socio onorario si sentirebbero obbligate ad acquistare uno spazio sul quotidiano della città per darmi l’ultimo saluto e vantarsi di avermi avuto nelle loro fila. Così i miei parenti risparmierebbero la spesa, i necrologi costano un occhio della testa». «Ma tu sei proprio sicuro che tutti i circoli farebbero questo gesto così oneroso?». «Sicuro proprio no ma mi sembra brutto mettere il necrologio come condizione per accettare la nomina».
Lo stupore del giovane Enea è sincero: «C’è ancora qualcuno che li legge i necrologi?». «Noi della quarta età compriamo il giornale apposta, è la prima cosa che andiamo a leggere. Se non altro per controllare se è morto qualcuno di nostra conoscenza. Quasi sempre lo trovo. Fatta la scoperta, con il giornale in mano mi sposto in cucina da tua nonna e l’interrogo: ti ricordi la maestra Zappalavigna? Quale maestra? Quella dell’asilo di nostra figlia Agnese? Proprio lei, è morta. Impossibile, Agnese l’anno prossimo compie quarant’anni e la Zappalavigna era già vecchia allora. Sembrava vecchia ma non lo era. Guarda bene, c’è scritto quanti anni aveva? Qui non lo specifica, non è mica obbligatorio. Allora non è lei; se fosse lei dovrebbe avere più di cento anni. Quando i morti sono molto vecchi i parenti mettono sempre l’età, vogliono far sapere ai lettori quanto sono stati bravi a conservare in vita il loro caro per così tanti anni. Va be’, se non è la maestra sarà una sua parente. Vedi di informarti, se non è lei cosa ci vado a fare al rosario?».
La curiosità di mio nipote è insaziabile: «Da lettore di necrologi qual è la frase che preferisci?». «C’è un’espressione che, quando la trovo, mi procura brividi di piacere. Suona così: l’associazione XYZ abbruna il labaro. Purtroppo non potrò mai meritarmela». «Perché?» «È la frase che usa la Massoneria per salutare un fratello passato all’Oriente Eterno. Io non sarò mai massone». «Come mai? Sei forse contrario per ragioni ideologiche? Quell’Antonelli di cui sei diventato amico era un fratello illustre». «Non sarò mai massone perché ho paura del buio. Mi hanno raccontato che l’aspirante fratello deve superare un rito di passaggio che in gran parte si svolge al buio... Sei costretto a tenere in testa un cappuccio nero e io non lo sopporterei...».
«Non hai pensato che le tue associazioni per risparmiare potrebbero mettere i necrologi on line?». «Cosa cambia? Conta la quantità di circoli che fanno sapere al mondo dei lettori che sei salito sul pullman in partenza per l’Ultimo Viaggio». «Hai mai osservato un lettore di giornale on line? Sfiora lo schermo a ripetizione, legge solo i titoli». Mio nipote ha ragione. Adesso cosa ne faccio di tutte queste tessere?