Una delle novità prodotte dalla statistica svizzera nel corso degli ultimi trent’anni è il ricorso a inchieste e sondaggi. La loro importanza è diventata tale da sostituire, in qualche caso, la raccolta diretta di dati, estesa a tutto l’universo della popolazione analizzata. Così è stato, a partire dal 2010, per il censimento federale della popolazione, diventato troppo costoso e osteggiato da una frangia sempre più consistente di economie domestiche censite. Una sottocategoria di inchieste molto interessante è quella che cerca di stabilire le opinioni degli interrogati su un ventaglio di temi che, con il tempo, tende ad allargarsi sempre di più.
L’inchiesta di opinione è in sé uno strumento affascinante dell’analisi statistica in quanto consente di far luce su aspetti che difficilmente possono essere contabilizzati come sono, per fare un esempio, le caratteristiche di una popolazione. Nel contempo, l’inchiesta di opinione comporta difficoltà che il censimento a tappeto, su tutta la popolazione invece non conosce. In primo luogo vi è sempre il problema della rappresentatività del campione. Conclusioni sugli apprezzamenti espressi dagli interrogati possono essere accettate solo se il campione è rappresentativo. Siccome il campione è tanto più rappresentativo quanto più è ampio, la questione della rappresentatività di fatto è anche una questione di costo.
L’altro problema posto da questo modo di raccogliere informazioni è che è difficile controllare se la persona che risponde all’inchiesta dice o meno la verità. Come hanno messo in evidenza ricerche fatte in altri paesi, non è infatti raro che chi risponde all’inchiesta adotti, per mille e più ragioni che non sempre sono evidenti, un atteggiamento strategico, rispondendo in modo falso, o rifiutandosi di rispondere a questa o a quella domanda. L’esistenza di questi problemi deve indurre a considerare con molta prudenza i risultati che discendono da inchieste di opinione e ad accettarli solo se si ripetono in più occasioni.
Uno dei temi favoriti dall’inchiesta di opinione in Svizzera è il tema del benessere soggettivo. Come stanno gli svizzeri? Stanno bene o stanno male? Ovviamente sappiamo, dalle statistiche su elementi oggettivi del benessere che gli svizzeri sono le persone più ricche del mondo, che essi dispongono di un’offerta di infrastrutture e servizi di qualità, disponibile praticamente su ogni chilometro quadrato di superficie della Confederazione al disotto dei 1500 metri s.l.m. Insomma gli indicatori oggettivi del benessere puntano tutti verso una sola risposta: gli svizzeri stanno bene. Ma quando si pone loro la domanda di come si sentono, le risposte sono diverse. Per esempio, rispondendo alle domande dell’indagine sulla salute del 2017 solo il 92% degli svizzeri hanno affermato che la loro qualità di vita è buona o molto buona. In Ticino questa percentuale era addirittura inferiore e non raggiungeva che l’84%.
L’indagine sui redditi e sulle condizioni di vita delle economie domestiche del 2017 chiedeva invece ai partecipanti di valutare la soddisfazione complessiva nei confronti della vita su una scala da 0 a 10, dove 10 è la nota che corrisponde alla soddisfazione massima. Anche in questo caso la valutazione dei ticinesi (7,7) è inferiore alla media per la Svizzera (8,0). Questi due risultati possono poi essere confrontati con quelli di una terza indagine, quella federale fra la gioventù del 2018. Alla domanda «siete soddisfatti della vostra vita?» hanno risposto di sì il 70% dei giovani svizzeri interrogati, mentre per i ticinesi la percentuale era solo del 63%. Osserviamo che, almeno per quel che riguarda i giovani ticinesi, la percentuale dei soddisfatti è andata aumentando nel corso degli ultimi anni. Tre inchieste federali su come si apprezza il benessere e tre risposte consistenti, almeno nel confronto Ticino–Svizzera. Con percentuali che vanno dal 4 al 10%, a seconda dell’inchiesta, i ticinesi si esprimono in modo più negativo dell’insieme dei partecipanti a queste inchieste. Sembrerebbe che siano i piagnoni della Confederazione. Oppure pongono le loro condizioni ideali di benessere così in alto da non poter mai essere raggiunte.