La campagna vaccinale è un disastro. Lo si temeva, ma non si poteva immaginare cosa sarebbe davvero successo. In Italia era molto diffusa la paura che la tradizionale inefficienza burocratica inceppasse la macchina sanitaria. Questo a dire il vero non è accaduto, ma per il semplice fatto che i vaccini non ci sono o comunque non nelle quantità pattuite.
Tutto è incerto. I tempi e le conseguenze. Non sappiamo ancora se il vaccino funzionerà e per quanto tempo proteggerà. Non sappiamo se i vaccinati possono o no continuare a trasmettere il virus. E non sappiamo quanti saranno disposti a vaccinarsi, quando il siero sarà finalmente disponibile per tutti. Il movimento No-Vax ha lasciato una traccia profonda, non solo in Italia. In Francia ad esempio ci sono problemi analoghi. In teoria il vaccino dovrebbe essere obbligatorio, almeno per gli operatori sanitari e per le categorie che lavorano a stretto contatto con il pubblico. Ma imporre obblighi non è semplice, sia dal punto di vista giuridico sia da quello logistico.
Sarebbe forse più efficace incentivare le vaccinazioni, legandole alla possibilità di viaggiare liberamente e di partecipare agli spettacoli e agli eventi sportivi. Si tratta di introdurre una sorta di patentino di immunità valido nei vari Paesi e utile anche per consentire lo svolgimento dei grandi eventi internazionali ancora in forse, dalle Olimpiadi di Tokyo ai campionati europei di calcio (manifestazioni rimandate nel 2020 e previste per l’estate prossima).
Il discorso non è di attualità proprio perché il vaccino manca. Si comincia a intravedere l’errore clamoroso in cui è incorsa l’Europa, che ha puntato soprattutto sul vaccino dell’azienda svedese-britannica AstraZeneca, il quale però è in ritardo e in base ai primi dati offre – sia pure a costi minori e con criteri di conservazione e somministrazione meno complicati – un’efficacia inferiore rispetto ai vaccini americani. L’Europa non ha abbastanza dosi del vaccino Pfizer/BioNTech, e ne ha ordinate poche anche di quello Moderna. E ora le case produttrici fanno marcia indietro.
Il Paese più importante, la Germania, ha trattato una partita da trenta milioni di dosi per conto proprio. L’impressione è che l’avvento del nuovo presidente americano Joe Biden, salutato dall’Europa come una svolta positiva nei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico, abbia avuto come effetto collaterale un nuovo rapporto privilegiato tra la Casa Bianca e l’industria farmaceutica nazionale. Un presidente neoeletto è in grado di offrire molto e non solo in termini di dollari. Biden vuole vaccinare tutti gli americani e ha già ottenuto duecento milioni di dosi. Ma sarebbe grave se fosse proprio l’Europa a pagare il conto.
Anche per i ritardi nella campagna di immunizzazione, è davvero presto per capire se e quando torneremo davvero alla normalità. La pandemia pone ovviamente una questione economica, la cui gravità forse non è ancora chiara in Italia al Governo e all’opposizione, che appaiono entrambi inadeguati e non riescono a uscire da una crisi politica che minaccia di diventare anche una crisi di sistema.
Ma la pandemia pone anche una questione sul piano psicologico e morale. Si stanno verificando un’importante crescita del malessere e un boom nelle vendite di psicofarmaci dovuti ai timori per la propria salute e per il proprio futuro economico ma anche alla difficoltà di esprimere i propri sentimenti, di vivere la vita sociale, di frequentare le persone care, di conoscerne di nuove. E anche rischiare di essere fermati da polizia oppure carabinieri, e di dover mostrare l’autocertificazione, perché si sta andando a trovare la mamma che vive in un’altra regione, significa subire un torto.
Si discute inoltre se sia giusto vaccinare prima le persone anziane. A mio avviso pensare prima a loro è giusto; perché gli anziani sono più esposti al rischio di morire per Covid-19 e anche a quello di finire in ospedale, in terapia intensiva. Se meno persone anziane svilupperanno la malattia, non soltanto conteremo meno decessi (che è ovviamente la cosa più importante), avremo anche meno pressione sul sistema sanitario, il che ci consentirebbe anche di riaprire i ristoranti, i musei, i bar e i teatri. Insomma, di far ripartire appieno i servizi, i viaggi, i consumi, la vita.
Però sarebbe giusto nello stesso modo riservare una quota di vaccini ai giovani e ai loro insegnanti. Certo, non sarebbe facile stabilire chi vaccinare e dove. Ma sarebbe un segnale simbolico importante, un gesto di attenzione verso una generazione trascurata, che sta soffrendo molto, sia in termini di socialità, sia in termini di opportunità: a cominciare da formazione, stage, ingresso nel mondo del lavoro.
I ritardi dei vaccini e l’errore dell’Europa
/ 01.02.2021
di Aldo Cazzullo
di Aldo Cazzullo