I ribelli del whiskey

/ 07.08.2023
di Cesare Poppi

Whiskey, American style, di contro all’originale whisky scozzese oggi un po’ meno di moda rispetto agli splendori del primo James Bond, ma pur sempre prestigioso beveraggio. Tanto da aver costituito materia per una possibile guerra civile già agli esordi della giovane confederazione americana. Ma andiamo con ordine.

Il 7 agosto 1792 il Presidente George Washington firmava due decreti per la costituzione di milizie popolari da impiegare in caso di invasione della Federazione o meglio, più plausibilmente, in caso di insurrezione interna. Tali milizie saranno in sostanza le antesignane dell’ancor oggi controversa National Guard. La causa dei decreti erano le nubi – alcuni direbbero i fumi – di sdegno popolare che si addensavano dal 1791 specie nella Pennsylvania Occidentale contro il Governo Federale. La causa era la cosiddetta «Whiskey Tax», un’accise decretata dal Congresso per aiutare la liquidazione dei debiti di guerra contratti durante la rivoluzione appena giunta al suo felice epilogo. Tassa patriottica su un bene peraltro non primario – per non dire di lusso, diranno i morigerati lettori dell’ Altropologo. Un corno, avrebbero risposto in coro i piccoli coltivatori della Pennsylvania. Per loro, la distillazione dei cereali in surplus che vedeva trasformarsi allo stato liquido i più improbabili cocktail di grani invenduti (e spesso avariati) prima che si affermasse sovrano l’orzo maltato, era una fonte di reddito di importanza crescente. Durante la guerra rivoluzionaria, il whiskey era diventato in sostanza la bevanda nazionale, al fronte come nelle retrovie. Il whiskey è bevanda pratica e democratica: ne basta poco per ottenere l’effetto (al contrario della birra) e al contrario della stessa può essere sbattuto e trasportato qua e là senza che vada a male – che anzi migliora di gusto. Dunque giù le mani dal whiskey. Anche perché la questione assumeva contorni ideologici. Molti dei piccoli produttori del distillato erano ex-combattenti che avevano partecipato alla guerra di liberazione dal dominio britannico in nome dei diritti fondamentali americani: nessuna tassazione senza rappresentazione (e consenso). E se il principio si era applicato al tè figuriamoci se potesse esserne esente il whiskey. Ma c’è di più: la tassa iniqua metteva per la prima volta le mani in tasca alla produzione domestica di un bene di consumo «famigliare» equiparando così il microimprenditore alle grandi distillerie che peraltro pagavano accise che si ritenevano sproporzionate. Erano in gioco i massimi sistemi, e la tensione era destinata a crescere.

Dopo le prime scaramucce, risse e disordini nei confronti degli ufficiali governativi incaricati di raccogliere le tasse, nel luglio del 1794 settecento evasori attaccarono la casa fortificata di John Neville. Era questi un Ispettore Federale incaricato di consegnare ingiunzioni di pagamento che si era visto stracciare in faccia. Allarme! Allarme! Lo stesso Washington, ingloriosamente – diciamolo pure – trasformatosi da Eroe della Libertà ad Aguzzino delle Tasse – si presentò sulla scena a capo di una milizia di 13.000 armati forniti dai Governatori del Maryland, della Virginia, del New Jersey e della Pennsylvania, ma all’arrivo della Legge i rivoltosi si erano fatti di nebbia. Ne furono arrestati solo una ventina. Il resto scappò sulle montagne e lì rimase per i lunghi mesi che videro le milizie impegnate in cacce all’uomo spesso concluse con un nulla di fatto. Ci furono però processi pubblici fra proteste e sommosse. La maggior parte degli imputati finì per essere assolta per mancanza di prove, sbagliata identificazione – o amor di pace. Due sciagurati finirono impiccati.

L’ultimo bastione del Whiskey Libero fu il Kentucky. Nei sei anni a seguire gli eventi descritti, 175 distillatori clandestini furono condannati per evasione fiscale, consacrando così il Kentucky e il suo Tacchino – che diventerà sinonimo di sbronza – come patria del whiskey.

Da questa parte delle Alpi sono solo pochi anni che le autorità governative hanno concesso la distillazione fino a, mi pare, 20 litri di grappa a testa «per consumo personale». Questo pone – o «porrebbe» – fine a una lotta secolare. Specialmente nelle valli al limite altimetrico della produzione di vino, il commercio clandestino della grappa andava a incrementare magri bilanci famigliari in una guerra sorda e mai dichiarata fra Guardie e Ladri. Negli USA, dove le cose si fanno sempre in grande, scese in campo Washington.