I frontalieri e l’emigrazione

/ 15.11.2021
di Angelo Rossi

Sono stati pubblicati i dati sull’occupazione dei frontalieri in Ticino nel terzo trimestre di quest’anno. Segnano un nuovo passo in avanti di questo effettivo che è aumentato di 2758 unità. Così i frontalieri oggi rappresentano quasi un terzo degli occupati nell’economia ticinese. Di conseguenza quasi un terzo del Pil prodotto da questa economia lo si deve agli sforzi di questa componente della nostra manodopera. Togliete i frontalieri dalle aziende, dagli studi e dalle amministrazioni ticinesi e, non solo l’occupazione, ma anche il prodotto interno lordo pro-capite del Cantone, diminuirà più o meno di un terzo rispetto al livello raggiunto sin qui. Continueranno ad esserci ricchi e poveri nel nostro Cantone ma la remunerazione media potrebbe ridursi più o meno del 33%. E nella stessa proporzione si ridurrebbe il gettito delle imposte sul reddito di Cantone e Comuni. Se l’effettivo dei frontalieri aumenta è chiaro invece che il loro contributo all’occupazione, al prodotto interno lordo globale e per abitante, e al gettito delle imposte sul reddito continuerà a crescere.

Questa, descritta in modo succinto, è la faccia positiva della medaglia. Ma il continuo aumento dell’effettivo di frontalieri occupati nell’economia ticinese ha anche aspetti negativi. Si tratta dei costi sociali generati dalle code di automobili che si formano in settimana sull’A1 negli orari di punta. Si tratta del possibile effetto calmierante che questa riserva di manodopera con basse esigenze remunerative esercita sull’evoluzione dei salari del Cantone. A questi effetti occorre aggiungere ora la possibilità che l’afflusso di frontalieri, in questo straordinario ordine di grandezza, possa avere effetti sostitutivi nei confronti di altri gruppi di manodopera. In questo senso si è espressa, per esempio, recentemente, Amalia Mirante, economista della Supsi. La sua presa di posizione è stata pubblicata dal «Corriere del Ticino». Si tratta di un’opinione originale perché mette in relazione il recente spopolamento del Cantone, argomento oramai approdato sul tavolo del Consiglio di Stato, con l’aumento dell’occupazione di frontalieri.

Mirante opina, in particolare, che le partenze dei giovani ticinesi siano determinate da un’evoluzione distorta della struttura degli impieghi che favorisce la creazione di posti di lavoro per frontalieri – ossia per persone a bassa remunerazione – piuttosto che occupazioni per persone con formazione di livello accademico che dovrebbero ricevere stipendi superiori alla media. Abbiamo cercato di provare il fondamento della tesi di Mirante. Per misurare la fuga dei cervelli possediamo solo la statistica delle partenze intercantonali degli svizzeri. Ora in questo contingente di emigrati sono compresi anche i confederati che lasciano il Ticino e rientrano ai loro domicili non necessariamente per cause collegate con il rapporto di impiego. Comunque se indicizziamo le due serie, ossia quella che misura l’evoluzione dell’effettivo dei frontalieri e quella relativa alle partenze degli svizzeri otteniamo due curve molto simili. Ciò nonostante la correlazione tra le variazioni annuali di queste due variabili è negativa e quasi insignificante. L’evoluzione dei frontalieri è invece molto correlata con l’evoluzione delle partenze internazionali. Maggiore è l’aumento dell’effettivo dei frontalieri e maggiore diventa anche il contingente delle partenze internazionali. Nel periodo 2010-2020 l’effettivo medio annuale delle partenze internazionali è praticamente uguale al doppio dell’effettivo medio annuale delle partenze intercantonali. L’aumento annuale medio del numero dei frontalieri nel medesimo periodo è però venti volte superiore all’effettivo medio delle partenze internazionali e quaranta volta superiore all’effettivo medio delle partenze intercantonali.

Che cosa ci dicono infine queste cifre e questi rapporti? Tenendo conto degli stessi ci sembra che si possa affermare che la continua espansione dell’effettivo dei frontalieri occupati in Ticino non è accompagnata da effetti sostitutivi di grande importanza né nei confronti della popolazione attiva svizzera, né nei confronti di quella straniera residente nel Cantone. Tuttavia questi possibili effetti sostitutivi sono probabilmente stati tali da determinare, nel corso degli ultimi anni, un’inversione del segno del saldo migratorio che da positivo è diventato negativo. Soprattutto per l’aumento delle partenze degli stranieri. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso!