Un male silenzioso, ma neanche troppo, che porta molti a non sentirsi all’altezza o ancora peggio a sentirsi giudicati dagli sguardi altrui.
Oggi non prenderò in esame una delle vostre domande – che regolarmente giungono, con mia somma gioia – alle quali tento, spero con vostro interesse, di dare una risposta esaustiva. Il campo dell’alimentazione è vastissimo e copre gli ambiti più disparati, dalla chimica pura alla medicina, dall’economia alla psicologia. La storia stessa è ricca di fatti concernenti l’alimentazione, e il futuro ne sarà altrettanto toccato. E l’«oggi», beh, l’oggi è sicuramente uno dei temi più in voga.
Si dice che siamo ciò che mangiamo, e ritengo che in parte sia vero, non fosse altro che per il nostro semplice, ma fondamentale, assumere sostanze nutrienti e nutritive. Se ci pensate, non c’è un solo grammo del nostro corpo che non sia il risultato di ciò che ingeriamo. Sin da subito: il feto si nutre attraverso il cordone ombelicale – e da qui la grandissima importanza data all’alimentazione della futura mamma – e in seguito attraverso il latte materno, o comunque attraverso ciò che oggi la medicina e il sapere in ambito alimentare ci insegnano. E poi via, ci s’incanala verso quella che sarà la nostra alimentazione. Andremo per gusti; apprezzeremo cibi e ne gradiremo meno altri.
In tenera età, non sarà solo il sapore a dettare il nostro gradimento, ma anche il colore e la consistenza. Immagino che chiunque tra voi abbia degli esempi, dove spesso e volentieri è la povera e bistrattata verdura a pagare il prezzo. Magari prima o poi, se me lo concederete, tornerò su quest’argomento. Ci saranno anche i «credo» e le tendenze, secondo cui non è corretto, per esempio, nutrirsi di carne o dei suoi derivati; ci saranno le patologie direttamente legate al consumo, come per esempio il glutine, e via dicendo.
Vorrei parlarvi di uno dei motivi che oggi sempre più inducono le persone a rivolgersi a un professionista in ambito alimentare. Ovvero, vorrei spendere due parole sull’aspetto fisico. Sull’apparenza. Come mi vedo io e come penso che gli altri mi vedano. Come il contesto sociale ci indirizza verso un canone piuttosto che un altro. Ecco, l’aspetto fisico è indubbiamente uno dei motivi che spinge sempre più persone, di ogni età e in perfetta salute, a bussare alla mia porta, oggi.
Il punto non è che cosa sia giusto e cosa no, fortunatamente viviamo in una società in cui una persona è libera – chiaramente coi dovuti limiti – di pensare e agire come meglio crede. Il suo ragionare gli appartiene, e tentare di fargli cambiare idea può andare bene finché non diventa una forzatura. Però sarebbe bello fermarsi un momento a pensare al nostro «grosso fondoschiena» e alle nostre gambe un po’ cellulose. All’uomo con le «maniglie dell’amore» e il doppio mento. Insomma, penso sia chiaro il concetto.
La realtà, cari lettori, è che ci sono persone che malgrado mangino in maniera sana, seguendo la famosa «piramide alimentare» non avranno mai il fisico da copertina. Non soddisferanno mai i (loro) criteri per la prova costume. Ci sono persone che passano un’intera vita a lottare con la bilancia e con quella maledetta pancetta che non sparisce. Corrono, camminano, mangiano bene. Sono un po’ grassottelli o magari, al contrario, troppo magri e non si piacciono. Si vergognano di loro stessi malgrado sappiano di fare tutto correttamente. Spesso cerco di riposizionare quell’asticella, che piano piano, subdolamente e oserei dire pericolosamente viene posta sempre più in alto dal bombardamento mediatico.
C’è chi assolutamente deve perdere dieci chili e chi invece deve prenderne. Forzano la loro genetica, non la assecondano ma le fanno battaglia perché i dettami di oggi ci suggeriscono – ma magari in realtà ci impongono – che dovremmo essere fatti in un certo modo. E non va bene.
Non va bene perché ritengo che la nostra società sia già abbastanza vincolante di suo, e non trovo corretto che noi si viva male il nostro aspetto fisico. Quante donne tra voi si sono magari sentite chiedere se sta per arrivare un altro figlio, vedendo magari quel poco di pancetta rimasta dalla prima gravidanza? Sono cose che fanno male, perché la domanda segue il giudizio fondato solo su ciò che vedo, ignorando completamente cosa avvenga nella testa altrui. Magari è una persona che davvero si sta impegnando, che ha già perso parecchi chili e che dopo una domanda simile cadrà in una frustrazione incredibile.
Allo stesso tempo, l’uomo esile si abbufferà di pollo e riso (grandi pilastri di chi pratica culturismo) e passerà giornate in palestra, magari contro voglia, per «mettere su massa» perché così piacerà di più. Però mi chiedo: «piacerà a chi?». E perché l’uomo esile o la donna un po’ formosa si devono vergognare? Perché devono magari addirittura invidiare altri? Non è sempre stato così, e ciò significa che qualcosa è cambiato attorno a noi: mangiare non è più solo un piacere necessario, ma è spesso finalizzato a come poi ciò si traduce nelle nostre forme.
Nel mio studio, ogni tanto sono in difficoltà nel trovarmi di fronte a una persona che oggettivamente è sana, fa tutto giusto e malgrado ciò si vive male. Tento di valorizzare la sua alimentazione corretta, il suo fisico e il suo sano movimento, ma la convinzione di non piacere e di non piacersi è già così radicata che il mio arsenale si esaurisce in fretta. La domanda che sarebbe opportuno porsi è: vale veramente la pena investire così tanto nel perseguire dettami transitori ed effimeri? Il tuo fisico ti appartiene: lo devi trattare bene e se sai di averlo fatto ciò ti deve bastare, non devi rendere conto a nessuno.
Passiamo la vita a rendere conto di un sacco di cose: saremo ben liberi di apprezzarci così come siamo?