I «300» e noialtri: distanze ravvicinate

/ 13.12.2021
di Luciana Caglio

A prima vista, l’affermazione sembra paradossale. Mentre la nostra quotidianità, pubblica e privata, è sotto l’urto di minacce, recessioni, timori, aggravati dalla pandemia, le cifre, pubblicate da «Bilanz», edizione dorata di dicembre, propongono una smentita: clamorosa. Questo maledetto 2021, per i più ricchi si chiude, infatti, all’insegna di un record finanziario senza precedenti: 821 miliardi di franchi (più 117 miliardi). Niente di campato in aria. Con l’abituale pacatezza, il direttore Dirk Schütz, commenta una situazione che, in pratica, evolve ormai da decenni sul filo della continuità. E che è frutto di un’imprenditorialità che sa restare nel solco della tradizione senza timore di innovare. Per fare un esempio a noi vicino, ecco che recentemente anche Hedy Graber, responsabile del settore socio-culturale Migros, ribadisce la fedeltà della Cooperativa alla tradizione che l’ha contrassegnata fin dalla nascita. Tradizione e rinnovamento: le due facce di una realtà imprenditoriale, raccontata da «Bilanz». Una storia di alterni successi, cambiamenti, di cui i tre fratelli Kamprad, «gli Ikea», rimangono il simbolo. Fatturato da 55-56 miliardi di franchi, e pienamente identificati con lo stile di prodotti riconoscibili sul piano mondiale. E loro stessi interpreti di una semplicità funzionale: jeans, T-shirt, abitudini spontanee che si prestano a facili ironie, per le serie ricchi-tirchi. Del resto già papà Ingvar aveva trasferito parte dei suoi capitali in Liechtenstein e Belgio, fiscalmente più accoglienti.

Certo le figure di spicco sul fronte finanziario – imprenditoriale sono quelle di sempre. I tre Kamprad, gli Hoffmann-La Roche, i Blocher. E qui s’innesta il filone politico, che, al di là delle discusse decisioni imposte dal Covid, sta perdendo seguito e impatto. Fenomeno, del resto, che si manifesta, in forme e dimensioni diverse, sul piano mondiale. Destra e sinistra: concetti sempre più lontani dalla comprensione e dalle aspettative popolari. I risultati anche di casa nostra la dicono lunga. Captare le esigenze di oggi, che si parli di digitalizzazione, tecnologia, social media, ecc., diventa sempre più arduo ma indispensabile, per poter affrontare le nuove necessità. C’è un mondo che sta cambiando e ci sfugge di mano. Ed è in questa sfera che capitalismo e statalismo, insomma ricchi e poveri, sono chiamati a darsi da fare. Non che i sindacati non servano, l’intero sistema sia destinato ai ferri vecchi. Si tratta di adeguare questi strumenti e, non da ultimo, le mentalità e la cultura. In concreto «Bilanz» corre ai ripari. Su una doppia pagina a colori racconta una vecchia storia: in continua mutazione, la ricchezza che s’insegue, si crea, si demonizza attraverso i secoli. Da Creso, Cesare, Guglielmo il Conquistatore, Gengis Khan, i Medici ai più recenti Vanderbilt, Carnegie, Ford, i grandi del periodo dell’industrializzazione, fino ad Elon Musk, simbolo di un capitalismo di nuova generazione, attento all’ambiente. C’è, non da ultimo, l’aspetto «sogno della ricchezza», abbinato al lusso. Ne dà la giusta definizione «Bilanz»: «Nessuno ne ha bisogno, tutti lo desiderano».

Infine, con «Bilanz», i super ricchi si trovano ad affrontare il tribunale dell’opinione popolare, dove la conoscenza personale e la simpatia sono decisivi. Non posso che assolvere Tito Tettamanti, amico d’infanzia, imprenditore attento alla cultura e, adesso, opinionista che non pontifica ma sa anche sorridere. Arte, quest’ultima, assai in ribasso, in un periodo in cui domina il prendersi troppo sul serio. Ma il top della simpatia spetta a Roger Federer, icona che giustifica il patriottismo. Sui campi da tennis si veda sempre meno, ma per gli svizzeri resta un’icona. La sua immagine di super ricco non lo danneggia, anzi. I motivi sono molteplici: il suo fare spontaneo, l’eleganza (sul campo e fuori), la famiglia, l’assenza di scandali e comportamenti negativi, il coinvolgimento in attività benefiche. Nell’epoca pre-Covid questi giudizi trovavano spazio in un rito spontaneo, di confronto, che si svolgeva nell’ambiente vissuto di un’edicola pubblica.