«C’ho un sacco di hype per NWH!». Fino a metà dicembre in casa nostra è stata la frase all’ordine del giorno, oggi sostituita da «C’ho un sacco di hype per il doppiaggio in italiano di Haikyu!». NWH sta per No Way Home, l’ultimo film Marvel su Spider-Man, il super-eroe diventato tale dopo essere stato morso da un ragno velenoso e da allora al servizio dell’umanità (l’uso delle abbreviazioni di film e serie tv è usatissimo dalla Gen Z, la generazione a cui appartengono i nati dal 1995 al 2010, ossia anche i nostri figli adolescenti). Haikyu! è, invece, uno dei cartoni animati dedicati allo sport più amati degli ultimi tempi (tecnicamente è un anime perché è un cartoon giapponese), dove vengono raccontate le avvincenti sfide della squadra del Karasuno e il sogno del giovane Hinata di poter diventare un asso della pallavolo, nonostante la sua bassa statura. Quale che sia l’uscita di un film, un anime, una serie tv, un video gioco, una canzone, e persino di un pezzo di abbigliamento streetwear (la moda di strada) in edizione limitata, la parola dei figli che l’accompagna è hype, un inglesismo che sta entrando sempre più nel vocabolario dei giovanissimi.
La sua traduzione letterale è «montatura pubblicitaria». Nel mondo del marketing è una strategia per pubblicizzare un prodotto e farlo diventare la cosa che tutti devono vedere/ascoltare/avere, al punto che le persone iniziano a sentire il bisogno di consumarlo. Altro non è, dunque, che una tattica di vendita, consumata ormai quasi interamente attraverso i social, per rendere irresistibile un prodotto, nella speranza che venga acquistato nei primissimi giorni della sua uscita in quantità massicce. Traslata nel gergo giovanile, questa strategia di marketing creata per fare crescere l’attesa, viene poi utilizzata semplicemente per esprimere l’attesa stessa, l’aspettativa, il non vedere l’ora. Così avere un sacco di hype significa aspettare qualcosa con ansia. La mia sorpresa è che i nostri figli sono pienamente consapevoli del dietro le quinte, ossia di che cosa viene utilizzato (e come) dal mondo pubblicitario per fare crescere in loro l’hype. A casa me l’hanno spiegato nei dettagli e con qualche disappunto per la mia ignoranza.
Qualche esempio, utile anche per capire come sono scandite le attese dei nostri figli. Famoso è l’album del trapper Sfera Ebbasta uscito nel dicembre 2020, e scaricato nelle prime 24 ore da 16,2 milioni di ascoltatori, un record: la sua uscita è stata preceduta da post e storie su Instagram con l’annuncio della data; da una canzone (Bottiglie privé) sulle piattaforme streaming Spotify, Apple music ecc.; dalla tracklist, ossia da tutti i titoli delle canzoni dell’album con i featuring (le collaborazione con altri artisti); e perfino da un documentario di Sfera Ebbasta su Amazon Prime su come ha scritto e realizzato l’album. In più ci sono sempre degli spoiler (anticipazioni) delle canzoni. Uscita di FIFA 22, il videogame più famoso sul calcio: esce ogni anno, sempre a settembre, nel 2021 la data è stata il 26. Per creare hype sono stati girati video con calciatori famosi che commentano loro stessi nel gioco; sono stati pubblicati vari trailer delle modalità di gioco, soprattutto sul canale YouTube; e il gioco è stato dato in anteprima ai content creator, che fanno video su YouTube o live su Twitch, giocando con Fifa prima che esca, e condividendo il tutto ovviamente nei propri canali social. Tanta è l’aspettativa creata che pur di poterci giocare 10 ore prima dall’uscita ufficiale, un esercito di adolescenti si abbona a EAPlay (la casa di videogiochi produttrice di Fifa) che, come premio, consente prove del gioco in anteprima. Ancora. Per l’uscita sul mercato del film Avengers Inifinity War, film Marvel che ha coinvolto tutti insieme personaggi di film del passato, sono stati i fan stessi ad autoalimentare l’hype. Quel che è stato sottolineato più volte durante questi racconti è che ci sono spoiler che hanno creato tanto hype, ma che poi all’uscita dell’album l’artista è stato molto criticato, lo stesso vale per tutto il resto. E ciò sta a sottolineare che i nostri figli vivono l’hype, e giustamente, ma poi non sono consumatori sprovveduti. E questa per me è una bella notizia.