Home office: una nuova lontananza

/ 29.06.2020
di Luciana Caglio

È diventata, nostro malgrado, una parola familiare, anzi una parola d’ordine. Lontananza, infatti, definisce un nuovo dovere, sanitario e civico, imposto dalle circostanze, che giustificano interventi autoritari a fin di bene. «Lontani ma vicini» afferma uno slogan ufficiale, in cui si cerca di correggere il tiro: come dire, tu stammi alla larga, io però ti penso. Intanto, nello stesso periodo di clausura, la stessa parola lontananza compare con ben altri attributi. Non sinonimo di distanziamento, bensì di avvicinamento. Grazie all’informatica, che ha dimostrato, alla grande, la capacità di sostituire, contatti fisici diretti, proprio attraverso il lavoro a distanza. Ciò che porta alla ribalta un altro neologismo inglese: Home Office. Che tanto nuovo non è. Sin qui, si era trattato di un’esperienza marginale, praticata da una minoranza di avveniristi. Dopo l’esito positivo degli ultimi mesi, si propone come un’opportunità concreta, sempre più attraente. Continueranno a usufruirne sia quelli che l’hanno sperimentata durante il lockdown, sia una schiera, a quanto sembra, folta di impiegati e funzionari del terziario, tentati dalla novità. Si delineano un fenomeno sociale e una svolta del costume, che incontrano il favore degli ambientalisti. Evitando gli spostamenti casa-ufficio, meno CO2.

«Adieu liebes Büro!»: mi è capitato di leggere questo titolo, e altri simili, sui quotidiani d’oltre Gottardo, dove la tendenza si fa sentire, soprattutto nei maggiori centri economici e finanziari. E, come sempre avviene nei confronti di ogni cambiamento, è un’occasione per rimpianti e timori.

La nostalgia è persino d’obbligo in queste rievocazioni, in cui si citano oggetti e strumenti scomparsi, idealizzati, ormai da museo: il cestino della carta, il cancellino, la carta carbone, i nastri inchiostrati su rotelline, correlati alla macchina da scrivere, definitivamente sostituita dal computer. E non fu, per chi l’ha vissuto, un passaggio indolore.

Ma l’ufficio, come luogo a sé stante, non è soltanto questione di mobili e tecnologie. Rappresenta uno spazio che accoglie momenti di vita, che gli sono propri: attività professionali, nate nell’era postindustriale, e aperte anche alle donne, sia pure in posizioni subalterne. Basti pensare alla figura, persino simbolica, della segretaria tuttofare. O al personaggio, già descritto da Dickens, del funzionario della City londinese, con bombetta e ombrello.

Ora questo luogo specifico, dove il lavoro aveva sviluppato rapporti umani, ispirati alla condivisione, alla collegialità e alla solidarietà di categoria, si trova a sfidare una concorrenza di segno opposto: l’Home Office, che dà priorità alla prestazione individuale. Certo, si dipende sempre da un capo, da un committente o da colleghi, ma per forza di cose virtuali. Come dire, si evitano diverbi o magari scontri fisici. E non è il solo vantaggio: niente code in macchina, niente orari fissi. Fatto sta che il lavoro a domicilio si diffonde, va persino di moda negli ambienti «in», sollecita la creatività. Con effetti percettibili sul piano commerciale: offerte di mobili da ufficio integrabili nell’ambiente di casa. Persino la sedia girevole, tipica dell’impiegato, cambia fisionomia. Ma quali potranno essere, a lunga scadenza sul piano morale e mentale, le conseguenze dell’Home Office: senso di esclusione, assenza di stimoli esterni, ripiegamento su sé stessi, monotonia e, per le donne, il rischio di lasciarsi sopraffare dai doveri casalinghi? Insomma, un bel materiale a disposizione degli psicologi. Si tratta, in fin dei conti, di una reazione all’esilio Covid-19, ma rovesciata. Quindi non il desiderio di uscire finalmente. Invece la continuità del rintanamento nel guscio protettivo della casa, il piacere di una nuova lontananza, che adesso è una scelta volontaria, impegnativa. Apre un tempo vuoto da gestire liberamente: non tutti ci riescono. «Devi inventarti tu orari, scadenze, attività, riposo, altrimenti finisci nel caos»: mi sono sentita ripetere, raccogliendo le testimonianze dei neofiti dell’Home Office. Qua e là, velate dal rimpianto per levatacce, rumori, rivalità? Forse, da parte mia, era soltanto un sospetto.