Good night and good luck

/ 23.11.2020
di Natascha Fioretti

Il 24 ottobre del 2010, insieme ad altri colleghi giornalisti europei partivamo alla volta degli Stati Uniti su invito del Dipartimento di Stato americano per prendere parte all’Edward R. Murrow Program for Journalists. Che esperienza quelle tre settimane tra Washington, Denver, il North Carolina e New York. Il paesaggio autunnale valeva già tutta la traversata. Quando dall’aereo vidi quel tripudio di colori, quel tappeto di sfumature rosse, gialle, aranciate e marroni mi sentii già a casa. La crisi dei media e dei giornali da quelle parti già mieteva le prime vittime ma il giornalismo conservava ancora la sua aura speciale. I miei colleghi, gran parte di loro giornalisti politici e inviati, erano fieri del loro lavoro e pieni di speranze per il futuro. Da allora una parte del gruppo è rimasta unita, ci siamo rivisti a Berlino, a Istanbul... Quest’anno su Zoom.

Meglio di niente, dieci anni vanno festeggiati. La nota più spensierata è stata la volpe che curiosa si aggirava nel giardino di casa del collega tedesco. Le volpi in Oriente sono viste come creature benevole, portatrici di ricchezza e prosperità. Il collega tedesco a Berlino lavora in una delle emittenti televisive private più importanti del paese. È l’unico nel gruppo ad avere il terreno sotto i piedi e un orizzonte a cui guardare. Bartosz, corrispondente estero della radio pubblica polacca, lotta tra tagli e salvaguardia dell’indipendenza della sua emittente. Elif in Turchia, promettente inviato per emittenti televisive e giornali, oggi insegna all’Università e fa il giornalista a tempo perso. Andre, economista ed esperto di politica può continuare a fare il giornalista in Grecia solo grazie alla collaborazione con un importante settimanale tedesco. Memore delle atmosfere statunitensi anche un po’ goliardiche, rivederci in video con qualche sogno in meno e qualche anno in più mi ha lasciato un’enorme tristezza. Anche se, rivendendomi nei panni di una decade fa, oggi professionalmente sono molto felice. Ho appena fatto la mia prima esperienza di conduzione in diretta al microfono e in generale il 2020 mi sta regalando molte soddisfazioni. Penso sempre a mio nonno Peter che lavorava in radio e oggi saprebbe darmi dei consigli.

Lo so, ve l’ho raccontato tante volte ma certe cose non si vorrebbe mai smettere di ripeterle. In fondo questi tempi bui ci ricordano che le storie da raccontare, da leggere, da ricordare e da tramandare hanno un potere salvifico. Ve ne consiglio due, al femminile, storie di coraggio e di sciagure perché amiamo ripeterci che andrà tutto bene in verità, covid a parte, la vita non manca di tirarci brutti scherzi e confrontarci con gli abissi. Il primo è quello della scrittrice georgiana Nino Haratischwili di casa a Berlino. Una saga familiare lunga quasi un secolo che ripercorre la storia di otto generazioni. Non a caso si intitola L’ottava vita e, vi anticipo, tra i protagonisti c’è anche una magica ricetta per una cioccolata calda molto speciale che con solennità viene tramandata di generazione in generazione. Proprio come lo scialle di seta verde al centro del libro della giornalista Marcella Meier che ripercorre il coraggio di quattro generazioni di donne coraggiose vissute a cavallo di tre secoli tra l’Engadina e la Val Bregaglia.

In questa fase in cui le nostre vite sono state ridimensionate e il futuro è parecchio incerto qualcosa a cui aggrapparci c’è. Un sorriso e la voglia di ballare, seppur da soli, come Francesca Giorzi ha ricordato nel suo corsivo su Rete Due dedicato agli artisti e alla chiusura di teatri e luoghi di cultura. L’elezione della prima donna vicepresidente degli Stati Uniti. Certo, riflettevamo con la scrittrice Simone Lappert, è difficile nella narrazione covid-centrica e nelle vite ridimensionate di ognuno trovare fonti di ispirazione e materia viva di scrittura. Cosa racconteranno i romanzi tra due o tre anni? Chissà, intanto condivido uno spunto di riflessione datomi da Willi Näf nel suo articolo sulla «Schweiz am Wochenende» in cui racconta della morte di sua madre. Una morte assistita e serena in presenza dei suoi quattro figli nella sua fattoria in Appenzello. Quando veniamo al mondo ci sono le ostetriche che esercitano l’arte antica dello stare accanto e quando ce ne andiamo? In questi tempi di abbracci e di morti rubate, vale la pena spenderci il pensiero. D’altronde è proprio nei tempi bui che si deve trovare il coraggio di guardarsi allo specchio e avere l’audacia di cambiare.

Good night & Good luck!