Gli strani maneggi attorno al tablet

/ 19.06.2017
di Ovidio Biffi

Il tablet, inteso come computer tavoletta, sta morendo o sta iniziando una seconda vita? Se lo stanno chiedendo gli esperti di tecnologia mediatica dopo che nel primo trimestre dell’anno le vendite di tablet, nel mondo, hanno fatto segnare un declino comune ai quattro maggiori costruttori (Apple, Amazon, Samsung e Lenovo). Il quinto, il cinese Huawei, sembra ancora in crescita, ma solo per il fatto che è l’ultimo arrivato e non deve rincorrere primati a sei zeri. Questo non basta per affermare che il tablet finirà al cimitero delle tecnologie. Anzi: da maggio si susseguono annunci di nuovi modelli, e qualcuno arriva a chiedersi se le notizie sul calo delle vendite non facciano parte di una campagna mediatica per riaccendere l’interesse (e le vendite) di nuove generazioni di tablet. L’unica risposta sensata all’interrogativo iniziale, a questo punto, sembra questa: l’esistenza del tablet è tornata di attualità perché i creatori del dispositivo elettronico hanno capito che, allo stadio attuale, devono opporsi al suo declino e cercare perlomeno di differire la sua scomparsa.

Tutte queste incertezze attorno al tablet mi suggeriscono una confessione personale. Come qualche amico giustamente mi rimprovera, quando è nato, io ho snobbato il computer tavoletta (o padellone, come veniva inizialmente chiamato): ero convinto che venisse proposto come una sorta di placebo per spegnere la nostalgia di chi, usando lo smartphone, rimpiangeva il computer, soprattutto i laptop o book diventati nel frattempo sempre più sottili e potenti. Così l’ho giudicato poco pratico soprattutto per la scrittura. Essendo nel frattempo diventato un incallito utilizzatore dell’iPad, le mie critiche iniziali non possono ora trasformarsi in un «l’avevo detto io», basato unicamente sulle incertezze che gravano sul suo futuro. È vero: il tablet non ha eliminato (finora) la barriera tecnologica fra portatile e cellulare, nemmeno grazie alla prodigiosa serie di «nuvole» (cloud) che hanno agevolato l’interazione con pc e cellulare. Questo significa che ricerche e strategie future continueranno ad avere come base/faro lo smartphone, un prodigio che in meno di 200 grammi di tecnologia concentra i risultati di circa 250 mila brevetti: telefonia con immagini, posta e messaggeria istantanea gratuiti, accesso a dispositivi multimediali, macchina fotografica, telecamera, orologio, calcolatrice, giornali, centinaia di libri, migliaia di pezzi musicali, traduttore universale, videogiochi, atlante (con GPS…), archivio fotografico e, potenzialmente, circa un milione di app per lavorare, studiare, giocare (a proposito: letto dell’accordo fra la Apple e la Ifolor di Kreuzlingen per i servizi di stampa?). Quel che sorprende è che, dopo anni di analisi e perfezionamenti, il principale imputato della mancata simbiosi risulti ancora la tastiera: troppo piccola perché compressa in pochi centimetri quadrati sui cellulari, poco pratica per l’uso tattile sul tablet.

Bisogna però ammettere che anche il tablet ha contribuito a introdurre e ad agevolare certe innovazioni imposte dalle nuove tecnologie e dai sistemi mediali, come seguire l’informazione, leggere giornali, visionare film e programmi televisivi, tutte funzioni che sui cellulari non entusiasmano. È il motivo principale per cui continua a essere visto come potenziale anello di congiunzione, tanto che tutti i giganti del «mobile computing» stanno prolungando il loro impegno a mantenerlo in vita, con ricerche e applicazioni estese anche a ripensamenti e revival, in qualche caso sino al recupero di tecnologie abbandonate. Ad esempio anche la Motorola che, come annuncia la rivista online «Pianetacellulare», sta lavorando a un tablet.

Il sorprendente «revival» di questa azienda nordamericana praticamente fallita dopo aver dovuto cessare la produzione dei suoi cellulari tecnologicamente superati, incuriosisce molto. Un suo team di ricercatori, rimasto in attività dopo la cessione della Motorola Mobile (strano: a Lenovo...), sta lavorando su un tablet (dicono gli esperti: dal cuore Android con «anima e aspetto» di tipo «premium») che consentirà di passare da un’app all’altra semplicemente tappando le icone nella barra di navigazione, mentre per chiuderle basterà trascinare l’icona dell’app verso l’alto. Altri segnali positivi dalla Silicon Valley giungono da Apple che ha già in vendita un nuovo potentissimo iPad Pro, come pure dall’Oriente, con Samsung e Huawei che invece puntano maggiormente su nuovi tablet «ibridi», cioè in grado di «ereditare» tastiere staccabili. Alle spalle del colosso cinese si sta muovendo anche la Microsoft di Bill Gates, l’azienda che nel 2000 presentò il concetto del tablet e che ora vuole riprovarci con il «Surface».

Come si vede, al capezzale del tablet c’è un vero e proprio affollamento. E poiché nelle scelte future, a contare saranno soprattutto le innovazioni tecnologiche e scientifiche, v’è da sperare che anche la scrittura resista e continui perlomeno ad avere la meglio sull’impiego di assistenti vocali digitali intelligenti (tipo Siri di Apple, ora «chiusa» anche nell’HomePod, una sempre più inquietante protesi dell’intelligenza artificiale).