La più grande collezione di iris in Europa si trova a qualche passo da Basilea, su un prato parte del comune di Münchenstein. Brüglingen si chiama questa zona, un tempo proprietà dell’uomo d’affari-agronomo-filantropo Christoph Merian (1800-1858) e oggi della Fondazione che porta il suo nome, dove cammino un pomeriggio di metà maggio. In pieno sole, ordinati secondo il colore in diversi filari, su un prato un po’ troppo perfettino per i miei gusti, ecco gli iris dei Giardini Merian (275 m) in piena fioritura. D’istinto vado verso i primi iris sul blu. Sono Iris germanica noti anche come Iris barbata. Gruppo elatior leggo sul cartellino rettangolare in metallo, vale a dire più alti. Sotto, oltre al nome dell’iris – inciso in caratteri più grandi rispetto al resto – sul tipico cartellino da giardino botanico piantato in terra, c’è anche l’anno d’ibridazione, il nome dell’ibridatore, e la sigla del suo paese di origine.
Il blu misterioso del Pierre Menard (1948) mi cattura: Faught, USA. Eva Faught (1888-1978), batteriologa nata a Shelbyville, nell’Illinois, e morta a Cuernavaca, in Messico, è stata una ibridizzatrice di iris dalla breve carriera folgorante, nota soprattutto per la modernità dei suoi blu. Ipercritica del suo lavoro, girava con un machete: tra le migliaia di iris nati nel suo giardino ne registra solo nove varietà. Il Pierre Menard, secondo gli irisologi, rimane il suo capolavoro. Pierre Menard mi dice qualcosa ma adesso, così su due piedi, non mi viene in mente. Per di più sono colpito dai petali bicolori del Twist of Fate (1979): tre petali spioventi di un viola-blu profondo vellutato quasi nero, tre eretti che sfumano in un color lavanda.
Oltre al raggruppamento per tonalità, nel campo di iris, c’è un ordine cronologico. Dai primi iris ornamentali della storia all’ultima moda. Il punto di partenza di questa collezione che oggi conta millecinquecento varietà, è il dono di Helen von Stein-Zeppelin (1905-1995). Contessa ibridizzatrice nipote dell’inventore del dirigibile che prende il suo nome, nel 1969, regala all’ex giardino botanico di Brüglingen, tutta la sua magistrale collezione coltivata nei pressi di Sulzburg. Sud-ovest della Germania, nella regione del Markgräflerland, tra vigneti di Müller-Thurgau a quaranta chilometri da qui. Una varietà che incontro ora, non ancora fiorita, si chiama proprio Helen von Stein. Helen Mcgregor (1942) mi conquista per la purezza del suo azzurro chiaro pallido: iris opera di Robert J. Graves, chirurgo, dedicato alla moglie. California Blue, Lohengrin, Night Fall, The Black Douglas, Attention Carolina, c’è da perdersi tra questi nomi e chissà quali storie e giochi del destino. Ecco, ora mi ricordo: Pierre Menard è un autore inventato di un racconto di Borges apparso per la prima volta sulla rivista «Sur» nel maggio 1939.
Prima di spostarmi verso gli iris selvatici, riemerge netta e precisa, la ragione del richiamo istintivo agli iris blu, a parte la predilezione per questo colore. È per via degli iris di van Gogh, dipinti nel maggio 1889 nel giardino dell’ospedale psichiatrico del monastero Saint-Paul de Mausole a Saint Rémy-de Provence. La mia visione degli iris è figlia di quel quadro che resta negli occhi, con quell’iris bianco come voce di contralto e l’ondeggiare in primo piano del blu dei petali spiegazzati e il verde delle foglie lanceolate che ti avvolge in un turbine di stupore. In realtà gli iris di van Gogh per me sono sempre stati più belli degli iris veri. E gli iris selvatici, in verità (anche se qui, va da sé, manca la spontaneità e la sorpresa della natura) mi attraggono forse di più di quelli coltivati. Chiedo comunque a un giovane giardiniere, i desideri primari degli Iris germanica: «Terreno sabbioso, sole, nessuna erbaccia in giro» mi risponde. Desidererei una nuvola che copra per qualche minuto il sole, così da ammirarne meglio i colori, la piega dei petali, persi entrambi un po’ per la troppa luce.
Il punto di fuga del campo di iris è Villa Merian, dove lì davanti certe mattine c’è un mercatino di pomodori rari. Esili, di un delicato violetto, i petali di un iris iraniano. Interessantissimi anche gli iris selvatici californiani, dalmati, e uno timido del Missouri che mi ricorda Meride. Eppure, benché imparagonabili, niente raggiunge la meraviglia improvvisa, salendo sul Monte San Giorgio, degli Iris graminea.