«Mi stai giudicando!». L’accusa può rimbalzare contro mamme e papà già prima dell’ingresso nell’adolescenza: Enea, il mio bimbo di 8 anni, usa la frase come un’arma potentissima quando vuole farmi sentire in colpa per un’osservazione. Con la crescita può andare solo peggio. E spesso il giudizio è una Parola dei figli che, più che essere pronunciata, frulla nel cervello e fa male al cuore. È l’atteggiamento con cui bambini e Gen Z pensano che noi ci rapportiamo a loro. Può essere una semplice percezione, oppure una realtà opprimente. E siccome questa rubrica nasce per dare voce a loro, faccio un mini-sondaggio che si estende a compagni di scuola e amici di Clotilde, la mia quasi 14enne: che cosa scatena il pensiero di essere giudicati?
Frasi come «non essere drammatico/a!» e «non esagerare!» le vivono come uno sminuimento dei loro sentimenti: il giudizio che ci intravedono è che per noi i loro drammi sono di poco conto. «Ma sei stupido/a?» e sbotti simili li vedono come il tentativo di invalidare le loro opinioni. «Ma dove esci vestito/a così?» la considerano un’invasione di campo: vestirsi è anche una libertà espressiva, e ognuno ha il diritto a uno stile proprio: non esistono vestiti troppo eccentrici (o semplicemente orrendi), quello è il nostro modo di pensare e noi siamo di un’epoca diversa (quella dei boomer!). «Ti impegni troppo poco!» detto al momento di un brutto voto suona come una sottovalutazione delle loro difficoltà che va di pari passo con le nostre aspettative narcisistiche sul rendimento scolastico dei figli. E dietro domande come «Ma quanto mangi?» vedono un’ammissione da parte nostra (pericolosissima) sul loro essere troppo grassi/e anche se non lo sono per nulla. La lista di esempi può continuare all’infinito. E sono convinta che per chiunque di noi genitori pronto ad autoassolversi («Io? Mai pensate/dette queste cose»), c’è un figlio pronto a smentirci.
Non sei abbastanza oppure sei troppo: i figli patiscono le nostre aspettative deluse, ma anche un orgoglio eccessivo nei loro confronti. Dietro entrambi c’è in qualche modo il giudizio sul loro essere, uno sguardo che li può condizionare. Riflettiamo bene su cosa vuol dire giudicare la vita e le azioni degli altri: è l’affermazione del proprio modo di essere e di vedere il mondo che viene ritenuto migliore/giusto e sottende una critica più o meno esplicita a tutto ciò che non corrisponde alle nostre idee o ai nostri gusti. Non è difficile allora capire perché il giudizio, soprattutto rivolto da genitore a figlio, può essere vissuto da chi lo riceve come un attacco. È qualcosa che fa sentire costantemente gli occhi addosso in modo inclemente o con troppe attese da soddisfare. Francesca Valla, insegnante di scuola primaria, counselor, scrittrice e formatrice in corsi di educazione genitoriale, esperta in diversi programmi tv e nota al grande pubblico come Tata Francesca, sul profilo Instagram @tatafrancescav (oltre 64mila follower) supporta le famiglie: «Se vuoi conoscere veramente chi è tuo/a figlio/a non giudicarlo/a – scrive –. Solo così si sentirà libero/a di diventare sé stesso/a». Seguono 7 motivi sul perché è importante smettere di giudicare: il giudizio frena il dialogo, genera risentimento, rallenta la crescita individuale, mina l’autostima, soffoca i talenti, blocca la creatività e non lascia spazio all’autenticità.
Nel cartoon Red, produzione Disney e Pixar dello scorso febbraio (da non perdere!), la tredicenne Mei Lee combatte quotidianamente tra l’essere la figlia modello e obbediente di sua madre e il caos della propria giovinezza: la felicità arriverà quando finalmente la protagonista riuscirà a ribellarsi ai giudizi materni e ad affermare sé stessa senza più il timore di essere giudicata (rivendicando addirittura la sua libertà di essere un panda rosso). E la mamma a sua volta imparerà che se si vuole un rapporto trasparente e aperto con i figli non bisogna giudicare. All’obiezione che non può sempre andarci tutto bene (e ci mancherebbe!), le Parole dei figli ci ricordano che c’è modo e modo di dire le cose: provare a metterci nei loro panni ci può aiutare a essere meno giudicanti, liberi certo di esprimere le nostre ragioni ma senza imporre la nostra visione del mondo.