Gita a Biasca con Tilo e mulo

/ 09.08.2021
di Ovidio Biffi

Grazie alla doppia vaccinazione rivedo i «compagnons» con i quali mezzo secolo fa riempivo le giornate militari. Meglio precisare: non eravamo dei «marines», anzi! Ma una volta finito il tempo in grigioverde abbiamo deciso di adottare e mantenere il motto «Semper fidelis». Così di tanto in tanto, a seconda degli impegni che ognuno inevitabilmente annuncia (un tempo incombenze di famiglia o di lavoro, ora di cure termali, «tagliandi» medici o limitazioni pandemiche), riusciamo a ripetere le nostre rimpatriate. Parto in Tilo, dalla stazione di Lugano, perché sto cercando di convincermi che il «Semper fidelis» per noi anziani è sempre più applicabile anche al Tilo e all’Arcobaleno. Da perfetto ignorante in materia ferroviaria (è solo la seconda volta che privilegio il Tilo rispetto alla Volvo) affronto il viaggio anche come opportunità per un aggiornamento sui trasporti pubblici (rotaia), cercando conforto in esperienze dirette e liberarmi così dai preconcetti.

L’introduzione è facile: apprendo dal web che l’impresa ferroviaria italo-svizzera Tilo (se proprio interessa: fondata a Chiasso come joint-venture nel 2004 con l’obiettivo di sviluppare e gestire il traffico ferroviario regionale transfrontaliero tra Ticino e Lombardia) oggi trasporta complessivamente circa 13 milioni di passeggeri all’anno sulle tratte cantonali. Mentre il sito ufficiale mi informa con quali intendimenti e su quali tratte il traffico regionale e transfrontaliero è stato strutturato, Wikipedia precisa che ora la sede principale è a Bellinzona (laddove uffici e scrivanie abbondano: poteva mai accadere, una volta tanto, che qualcuno pensasse di... insediarsi al sud?). Da notizie più recenti apprendo anche che le prossime attenzioni riguarderanno soprattutto collegamenti e coincidenze con le stazioni della Lombardia: certe tratte già faticosamente avviate – come la Mendrisio – Varese e il collegamento con Malpensa – nonostante gli ingenti aiuti finanziari garantiti dalle Ffs stanno perdendo utenti; altre (la Bellinzona – Luino) sono sempre in attesa di funzionare come da progetto. Oltre confine la joint-venture comunque funziona, al punto che la controparte italiana (Trenitalia) sta effettuando test per introdurre gli stessi convogli Stadler su tratte regionali verso Emilia Romagna (Bologna) e Veneto (Verona).

Il mio tragitto è molto semplice: andata e ritorno Lugano – Biasca. Senza fatica mi sono procurato (cioè ho pagato e mi sono stampato online) il biglietto, rimanendo anche un po’ deluso per il fatto che nessuno abbia voluto controllare se ne ero provvisto. Partenza puntuale, 10 e 25 e prima scoperta: la «S qualcosa» viaggerà senza fermata alcuna sino a Giubiasco. Che scemo che sono: le gallerie di base le scavano per poi utilizzarle, e guadagnare minuti di percorrenza, anche perché si evitano fermate intermedie... Ma, allora quelli di Lamone, Taverne o di Rivera e di Medeglia? Potranno prendere un altro «S qualcosa» con percorrenza e fermate diverse. O almeno lo era sin tanto che il mio treno sbuca dal nuovo Ceneri dopo una decina di minuti e arriva a Giubiasco dove sosta per... quasi dieci minuti. Elementare! Il Tilo deve aver corso troppo. Si muove di nuovo per quattro minuti e fa un’altra sosta a Bellinzona (lunga anche stavolta, ma giustificata, visto che c’era un andirivieni di passeggeri in cerca di coincidenze). Si riparte, ma dopo appena tre minuti di percorrenza, terza sosta: Arbedo – Castione.

Vabbè, mi dico: avran voluto portarsi avanti in attesa della nuova officina delle Ffs! Ora però si punta su Biasca, raggiunta alle 11.07, dopo 42 minuti spaccati. Prima di arrivarci un annuncio mitiga il piacere della puntualità: «Tutti scendono». Altra scoperta: Biasca capolinea e il Tilo cede passeggeri ad auto postali o pullman. Un conoscente mi spiega che anche il Tilo affronta la Biaschina e Piottino, ma solo in orari di punta. Da ferroviere incompetente mi chiedo: il «treno che unisce», che si incapponisce per Malpensa, che fa rivivere il vecchio Ceneri e la val Vedeggio, perché lascia la Leventina ai treni Gottardo?

Esco dalla stazione per una virtuale genuflessione di fronte al Ristorante della Posta in ricordo del mitico chêf Giovanni Piccioni. Vedo partire l’auto postale e aspetto invano che saluti con il «pi-po-peet». Mentre osservo muratori impegnati negli ultimi ritocchi esterni alla ristrutturata stazione ferroviaria (mi ricordano il maligno «in dré a fag sü i rizìtt»), arrivano i «compagnons» e la rimpatriata inizia. Direzione nord, tragitto che in grigioverde si percorreva per andare all’Arsenale. Mezzo secolo dopo la meta cambia e, grazie al Tilo, in un’ora passo dal divano di casa ai tavoli di sasso del grotto del Mulo. Piatti golosi e ospitalità encomiabile, ma fra i vini non c’era il barbera del mulo che il collega Costantini spaccia nella sua rubrica sul «Corriere del Ticino». Perso niente: in fatto di viticoltura e di merlot a Biasca e nelle valli l’eccellenza è dietro l’angolo.