Forse lo ricordate per alcune apparizioni al Tg della Rsi in qualità di esperto sulle elezioni americane. O magari lo conoscete come vicedirettore del giornale online italiano «Il Post» o per le sue presenze su Twitter e Instagram. O addirittura lo avete conosciuto di persona, l’estate scorsa, scrittore e conferenziere ospite a Lugano Longlake. Lui è Francesco Costa e il sabato prima di Pasqua è tornato a inviarmi un’email. Prologo: «Nell’ultima newsletter della quarta stagione di Da Costa a Costa vi avevo detto che nel corso del 2021 vi avrei informati sul conto economico del 2020». Poi, ritrovando il solito candore, confessa di essere tornato «anche per riprovare il brividino di fare clic e mandare un’email a 55’000 persone». Oltre che uno dei più brillanti giornalisti italiani, Costa conferma di essere un magnifico esempio di come, facendo le cose giuste, i giornalisti possano trovare sbocchi in un settore martoriato dalle crisi e dalle incertezze.
Analizzando il consuntivo di un lavoro esplicato nelle ore notturne e durante i fine settimana, il vice-direttore de «Il Post» giunge alla conclusione che il suo modello di newsletter abbinata ai podcast è per certi versi contraddittorio, però funziona grazie a due principi. Innanzitutto ha contenuti tutti gratis: Costa crede che l’attività giornalistica serva a fornire alle nostre società un servizio indispensabile e che il diritto a un’informazione di qualità non debba essere subordinato né alla necessità di ricavare un sufficiente reddito o anche solo all’avere mezzi sufficienti.
Poi è modello «sui generis» per le entrate, come spiega lo stesso Costa: «Ogni settimana – ma soltanto quando il progetto è attivo – invito le persone che seguono Da Costa a Costa a valutare la possibilità di fare una donazione economica, perché l’attività giornalistica comporta dei costi, è un lavoro e in quanto tale merita di essere pagato. Quanto? Lo decidete voi. Scegliere se fare una donazione è facoltativo, così come scegliere quanto donare, se farlo una volta sola o più volte. Chi non apre il portafogli continua a ricevere tutte le newsletter e a poter ascoltare il podcast. Chi apre il portafogli non ottiene ricompense o contenuti premium: solo la mia gratitudine, ma soprattutto la soddisfazione di aver reso possibile un progetto che altrimenti non esisterebbe per nessuno».
Il vice direttore de «Il Post» definisce questa formula «acrobatica», ma ci sono aggettivi più appropriati per giudicarla. Di sicuro essa è «corretta», poi anche «coinvolgente» e «attraente» dal momento che ha convinto oltre 55’000 persone a seguire un singolo giornalista e a diventare comunità attiva, quindi di essere un utile punto di riferimento in grado di fornirgli giudizi e critiche.
Nell’ultima stagione di questo personale «modello di business» (iniziato nel 2016, inviato alle presidenziali che portarono all’elezione di Donald Trump di cui è diventato uno dei più autorevoli conoscitori) gli iscritti a Da Costa a Costa hanno ricevuto 55 corpose newsletter e 27 episodi del podcast, tutti lavori reperibili negli archivi e all’insegna della gratuità. Il bilancio economico attesta invece che lo scorso anno Costa ha ricevuto 107 mila euro da quasi 5000 donatori. Ciò significa che solo un 10 per cento dei lettori che ricevono la sua newsletter aprono anche il borsellino per quanto ricevono. Lui, ammettendo di pensare ogni tanto alla maggioranza dei lettori che «seguono questo lavoro con costanza ma senza apprezzarlo al punto da pagare qualcosa (…) o decidono di non donare niente solo perché tanto lo fa qualcun altro», si limita a dire che il suo è un bicchiere mezzo pieno, dal momento che analoghi «progetti» giornalistici dei media digitali in media possono contare solo su un 1% di donazioni.
Quanto alle spese, dopo aver ricordato che il fisco si porterà via un 40% delle donazioni, spiega un po’ tutto con questo passaggio: «Se il mio lavoro vi piace e vi interessa al punto da aver fatto una donazione, confido che vi fidiate del mio buon senso: ho cercato di fare le cose nel modo più serio e professionale possibile», cioè viaggiando e documentandomi. Francesco Costa spiega che per ogni viaggio di circa 2 settimane negli Usa deve calcolare più o meno 7000 fr., ma lo scorso anno, bloccato dalla pandemia, le uscite maggiori sono state quelle per abbonamenti a giornali e riviste americane, oltre che per la realizzazione dei podcast. Merita segnalazione la donazione di 5000 euro a una fondazione contro la violenza alle donne. Un gesto che, oltre a confermare la sensibilità del donatore, è servito anche come antidoto contro chi sui social ha subito cercato di seminare invidia sociale («Ma chi è questo Francesco Costa che ha tutti questi soldi?»), mirando a infangare la professionalità di uno dei più seguiti giornalisti italiani.
Giornalismo declinato al futuro
/ 19.04.2021
di Ovidio Biffi
di Ovidio Biffi