Formazioni e differenze salariali

/ 22.11.2021
di Angelo Rossi

Un paio di settimane fa il «Corriere del Ticino» ha pubblicato una notizia che deve aver fatto l’effetto di una bomba nelle famiglie ticinesi con figli agli studi. Stando alla stessa infatti, nel corso degli ultimi vent’anni, lo scarto salariale (misurato con il salario medio) tra occupati con formazione universitaria e occupati che hanno seguito solo un tirocinio si è più che dimezzato. Mentre nel 2000 i primi guadagnavano 3412 franchi in più dei secondi, nel 2018 la differenza non era più che di 1490 franchi. Le spiegazioni affrettate di questa evoluzione non mancano. I più la attribuiscono a un fenomeno di mercato. Stando a questa spiegazione l’offerta di lavoro da parte di laureati sarebbe diventata sempre più abbondante, mentre quella da parte di lavoratori con certificato professionale tenderebbe a rarefarsi. Di qui la diversa evoluzione, nel tempo, della media dei salari dei due gruppi.

Alcuni commentatori – pochi per la verità – opinano che la riduzione dello scarto tra i due tipi di formazione sia positiva, soprattutto perché potrebbe incentivare, in futuro, la via dell’apprendistato che, in Ticino, è sempre stata trascurata e dai genitori, e dagli allievi che terminavano la scuola dell’obbligo. Altri invece, più in chiave critica, insistono nell’attribuire questa evoluzione alla democratizzazione degli studi, ossia al fatto che l’accesso alle università, oggi, apparentemente è molto meno selettivo di quanto non fosse 40 e più anni fa. Tutto sommato queste reazioni danno l’impressione che chi le ha emesse sia stato sorpreso dalla notizia e non abbia avuto il tempo di approfondire l’analisi del fenomeno. Lo avesse potuto fare avrebbe di sicuro rilevato come l’aumento della remunerazione di chi ha seguito una formazione professionale, nel corso degli ultimi due decenni sia stato irrilevante. Il salario medio mensile di questi lavoratori è salito da fr. 4592 nel 2000 a fr. 5294, nel 2018. Il tasso annuale di aumento di questo salario è stato quindi pari allo 0,79%. Nello stesso periodo di tempo la remunerazione mensile dei lavoratori con laurea è diminuita da fr. 8004 a fr. 6784 il che corrisponde a un tasso annuale di diminuzione dello 0,92%. La diminuzione dello scarto salariale è quindi stata determinata soprattutto dal calo delle retribuzioni dei lavoratori laureati.

Quali potrebbero essere i fattori responsabili del calo? Sicuramente l’aumento del numero dei laureati ha contribuito alla riduzione, ma altrettanto importanti sono state due altre modifiche intervenute negli ultimi decenni. In primo luogo il forte aumento della quota di donne nella popolazione universitaria ticinese. Negli ultimi 40 anni, ossia dal 1980 al 2020, la quota delle universitarie ticinesi è passata dal 35,5%, del totale degli studenti, nel 1980, al 50% di oggi. Ora le donne, anche se laureate, come impiegate sono normalmente pagate meno degli uomini. L’aumentata quota di laureate ha quindi potuto incidere negativamente sull’evoluzione del salario medio dell’insieme dei laureati. In termini di salario, poi, una laurea non è equivalente a un’altra. Da questo profilo una laurea in medicina, farmacia, economia o diritto, vale senz’altro di più che una laurea in lettere o in scienze sociali o, almeno nel caso del Ticino, in scienze esatte e naturali, o in scienze tecniche.

Ora, se è vero che, nel corso degli ultimi 40 anni, la ripartizione della popolazione universitaria ticinese per grandi gruppi di facoltà è rimasta abbastanza costante è anche vero che le variazioni che si sono manifestate in questa struttura hanno potuto contribuire alla diminuzione del salario mediano dei laureati occupati in Ticino. In particolare la riduzione alla metà della quota dei laureati in medicina e farmacia, che sono quelli pagati bene, ma anche gli aumenti, varianti tra il 16 e il 23% delle quota degli studenti in scienze esatte e di quella degli studenti di lettere e scienze sociali: questo perché questi tre ultimi tipi di lauree non hanno molti sbocchi in Ticino e sono quindi remunerate meno che nel resto della Svizzera. Se le nostre stime sono fondate i due fattori che abbiamo appena ricordato, cioè l’aumento della quota di laureate, e le variazioni nella struttura dei laureati per tipo di laurea, basterebbero a spiegare la totalità della diminuzione del salario mediano dei laureati ticinesi. Se così fosse, la democratizzazione degli studi universitari non porterebbe probabilmente nessuna colpa per la riduzione dei salari dei laureati. Maggiore responsabilità la porterebbero invece ostacoli all’entrata nella professione come il numero chiuso presso i medici.